Dazi USA: dalle tensioni geopolitiche ai rincari di auto, laptop, smartphone e criptovalute

I nuovi dazi USA imposti da Trump colpiscono laptop, smartphone e criptovalute: Jaguar sospende spedizioni, TikTok affonda, iPhone e Switch 2 a rischio rincari, con conseguenze su tutto il tech globale, da Apple a Bitcoin, l’intero tech globale vacilla

da Giuseppe De Vitis matricedigitale.it
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Donald Trump - Dazi

Con l’annuncio ufficiale di un pacchetto tariffario globale da parte del Presidente Donald Trump, l’intero settore tecnologico — dai dispositivi mobili ai laptop, passando per i mercati finanziari digitali — si trova oggi al centro di un possibile sconvolgimento economico. La nuova politica commerciale prevede dazi minimi del 10% su tutte le importazioni e dazi fino al 54% per i Paesi con forti surplus commerciali verso gli Stati Uniti, come Cina, Unione Europea, Taiwan e Corea del Sud. L’impatto si sta già facendo sentire, sia nei prezzi al consumo che nelle strategie aziendali, con ripercussioni evidenti su realtà come Apple, Vaio, Nintendo, e sull’intero mercato delle criptovalute.

L’annuncio ufficiale del nuovo pacchetto di tariffe commerciali da parte del presidente Donald Trump ha generato un effetto a catena senza precedenti sui mercati internazionali, coinvolgendo il settore automobilistico, le big tech, l’industria dell’intrattenimento digitale e i fornitori di semiconduttori. Le nuove misure impongono tariffe fino al 54% sulle importazioni da oltre 60 Paesi, con impatti immediati su prezzi, disponibilità di prodotti e strategie industriali. Tra le prime reazioni, spiccano la decisione di Jaguar Land Rover (JLR) di sospendere le spedizioni verso gli USA, l’interruzione dell’accordo TikTok-Oracolo, e le ripercussioni sui prezzi degli iPhone e delle console Nintendo Switch 2.

Vaio e l’ultima occasione tariff-free: laptop con Meteor Lake prima dell’aumento prezzi

L’azienda giapponese Vaio ha avviato una vendita straordinaria negli Stati Uniti per i propri laptop della serie SX-R, dotati di processori Intel Core Ultra 7 155H, 32 GB di RAM e schermi da 14 pollici in 2560×1440 pixel. I prezzi attuali, compresi tra €2.015 e €2.290, sono temporaneamente esenti da dazi, ma solo per l’inventario attualmente disponibile. L’azienda ha confermato che, una volta esaurita la scorta, anche questi modelli subiranno i rincari legati alle tariffe.

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In un momento in cui le attrezzature per la fabbricazione di chip rischiano di diventare più costose, Vaio cerca di intercettare i consumatori prima dell’effetto a valanga causato dall’aumento dei costi nei semiconduttori, già oggetto di discussioni tra produttori e fornitori. La finestra di convenienza è stretta, e rappresenta una strategia difensiva per mantenere competitivo un prodotto di fascia alta in un contesto economico mutato.

Il caso Apple: dazi su Cina, India e Vietnam rischiano di gonfiare il prezzo degli iPhone

Il settore tech è sotto stress, e Apple è ancora una volta in prima linea. Con oltre l’85% dell’hardware prodotto in Cina e tariffe fissate al 54% su Pechino, 46% sul Vietnam e 26% sull’India, l’azienda di Cupertino rischia un’esplosione dei costi lungo tutta la filiera.

Secondo stime di Rosenblatt Securities, un iPhone 16 Pro Max da 1TB potrebbe teoricamente arrivare a costare oltre 2.100 euro, se l’intero costo delle tariffe fosse trasferito al consumatore. Tuttavia, analisti come Kate Leaman di AvaTrade e Nick Rakovsky di DataDocks ritengono improbabile un impatto così estremo. Apple potrebbe assorbire parte dei costi, comprimendo i margini e accelerando la spinta verso il “Made in USA”, forte anche di un investimento promesso di 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti.

iPhone a €2.110? Le tariffe su Cina e Asia cambiano i piani di Apple

Il settore mobile è tra i più colpiti, e Apple si ritrova al centro della tempesta. Secondo Rosenblatt Securities, se Apple decidesse di trasferire completamente il costo delle tariffe sul consumatore, il modello iPhone 16 Pro Max da 1TB potrebbe passare da €1.470 a oltre €2.110. L’intera gamma, dagli iPhone entry-level ai top di gamma, subirebbe rincari proporzionali, con l’iPhone 16e base che potrebbe salire da €550 a circa €780.

Tuttavia, analisti di AvaTrade e DataDocks frenano gli allarmismi. Apple avrebbe la capacità di assorbire tra il 10% e il 15% del costo grazie all’ottimizzazione della catena produttiva. Questo ridurrebbe l’impatto effettivo, mantenendo un iPhone Pro Max sotto la soglia dei €1.800. In parallelo, Apple potrebbe accelerare la delocalizzazione verso India e Vietnam, benché entrambi i Paesi siano anch’essi soggetti a tariffe significative (46% per il Vietnam, 26% per l’India).

Secondo Ming-Chi Kuo, oltre l’85% della produzione hardware di Apple avviene in Cina, e l’azienda starebbe lavorando a uno spostamento strutturale delle linee produttive verso territori esenti o meno colpiti, cercando al contempo esenzioni tariffarie tramite lobbying.

Mercati finanziari sotto pressione: crollano azioni e criptovalute

L’annuncio dei dazi ha causato un crollo simultaneo dei mercati azionari e delle criptovalute. Il valore complessivo del mercato crypto è diminuito del 6,5%, scendendo a €2,47 trilioni, con Bitcoin in calo del 5% a €75.400, Ethereum giù del 6% e Solana in calo a doppia cifra. I token emergenti come Hyperliquid, Ethena, Bonk e Pi Network hanno registrato perdite superiori al 10%.

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Parallelamente, Wall Street ha bruciato oltre €1,84 trilioni in capitalizzazione. Il Nasdaq è sceso del 5%, l’S&P 500 del 4% e il Dow Jones del 3%. Titoli tech come Apple, Amazon, Nvidia e Meta sono scivolati fino al 9%. Il settore dei semiconduttori, fortemente esposto alla produzione asiatica, ha subito ribassi generalizzati: AMD, Marvell, Micron, Broadcom e Lam Research sono stati particolarmente penalizzati.

La FED monitora ma non interviene: inflazione in aumento e crescita a rischio

Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha dichiarato che le nuove tariffe sono più alte del previsto e che il loro impatto sull’economia statunitense sarà concreto: da un lato, aumento dell’inflazione, dall’altro rallentamento della crescita. La banca centrale si dice cauta, affermando di voler attendere maggiore chiarezza prima di modificare la politica monetaria.

Secondo Powell, i nuovi dazi “si stanno infiltrando nell’economia” e influenzeranno il percorso dell’inflazione nei prossimi trimestri. In un’economia già sotto pressione per il ritardo nel calo dell’inflazione di fondo, l’aggiunta di barriere commerciali rischia di rendere ancora più complesso il ritorno all’obiettivo del 2% fissato dalla Fed.

Reazioni globali: Cina ed Europa pronte a contromisure

Il pacchetto tariffario prevede aumenti fino al 34% sulle importazioni dalla Cina, 20% per l’Unione Europea, 32% per Taiwan, 25% per la Corea del Sud e 17% per Israele. Le contromisure sono già oggetto di discussione a Bruxelles e Pechino, con rischi di escalation commerciale reciproca.

Secondo analisti macroeconomici, queste misure possono rappresentare una leva negoziale piuttosto che un reale schema fiscale a lungo termine, ma l’incertezza prodotta dai dazi sta già riducendo la propensione agli investimenti, influenzando negativamente le aspettative di crescita globale.

Jaguar Land Rover congela le spedizioni: il timore è una stangata fino a 10.000 euro a veicolo

In risposta al nuovo dazio del 25% sulle auto importate, il gruppo Jaguar Land Rover ha annunciato una pausa immediata nelle spedizioni verso il mercato statunitense per tutto il mese di aprile. La decisione, comunicata a The Guardian, è descritta come una misura temporanea mentre l’azienda “lavora con i partner commerciali per adattarsi ai nuovi termini di scambio”.

Secondo fonti interne, il rincaro potenziale per il consumatore finale potrebbe variare tra i 5.000 e i 10.000 euro per veicolo, con forti ripercussioni sulla domanda. Attualmente, circa un quarto delle 400.000 unità vendute ogni anno da JLR è destinato agli Stati Uniti. L’azienda dispone di stock sufficiente per due mesi, ma se la pausa si protraesse, i ritardi potrebbero compromettere l’intero secondo trimestre.

Nel Regno Unito, la misura è stata accolta con preoccupazione tra i lavoratori e le comunità legate alla produzione, che temono ricadute occupazionali. L’episodio mette in luce come una tariffa destinata a “produrre crescita industriale interna”, secondo la retorica trumpiana, possa in realtà tradursi in blocco logistico, incertezza strategica e perdita occupazionale.

TikTok e Oracle: accordo bloccato da Pechino dopo l’annuncio delle tariffe

La nuova ondata di tariffe ha avuto un impatto devastante anche sul dossier TikTok. L’accordo tra ByteDance e un consorzio guidato da Oracle, che prevedeva il trasferimento parziale delle attività statunitensi e la concessione di licenze per l’algoritmo, sembrava prossimo alla finalizzazione. Tuttavia, la Cina ha bloccato l’approvazione in risposta diretta alle tariffe annunciate il 3 aprile.

Fonti vicine ai negoziati confermano che il governo cinese ha vincolato qualsiasi cessione di TikTok alla rimozione delle tariffe, dichiarando che l’accordo “sarà soggetto alla legge cinese”. La Casa Bianca ha reagito con cautela, estendendo il termine del ban di altri 75 giorni, ma la prospettiva di un salvataggio dell’app si fa sempre più remota, tra sospetti incrociati e escalation diplomatica.

Nintendo posticipa i preordini della Switch 2: a rischio il lancio negli USA

Anche Nintendo ha reagito rapidamente alle conseguenze delle nuove tariffe. L’azienda ha annunciato la sospensione dei preordini per Switch 2 negli Stati Uniti, inizialmente previsti per il 9 aprile, pur confermando la data di lancio del 5 giugno. Il motivo è da ricercare nelle tariffe del 49% imposte su Vietnam e Cambogia, Paesi in cui si concentra oggi la maggior parte della produzione della console.

Nintendo aveva già diversificato la supply chain dopo il primo mandato di Trump, trasferendo parte della produzione dalla Cina al Sud-Est asiatico per evitare dazi precedenti. Tuttavia, con l’estensione globale delle tariffe, la strategia di de-risking è diventata improvvisamente inefficace, e l’azienda si trova a dover ricalcolare costi, listini e piani distributivi in un contesto totalmente alterato.

Semiconduttori e AI: Nvidia e TSMC crollano in borsa

L’incertezza riguarda anche i GPU e i chip ad alta potenza, essenziali per l’industria AI. Il comparto teme che i nuovi dazi possano colpire i componenti provenienti da Taiwan e Corea del Sud, rispettivamente soggetti a tariffe del 32% e 25%. Il risultato è stato un crollo del 7% per Nvidia e del 7,2% per TSMC. Il caos interpretativo sull’inclusione o meno delle GPU ha alimentato la confusione, con reazioni diverse tra Silicon Valley e Washington, dove si teme un blocco produttivo per data center e AI company.

Effetti sul gioco da tavolo, accessori tech e carta collezionabile

La portata delle tariffe si estende a settori inattesi. Steve Jackson Games, produttore di giochi da tavolo, ha parlato di “sisma economico” per l’industria, costretta a rivedere prezzi e produzione. Anche PSA, il colosso della certificazione di carte da collezione, ha bloccato le spedizioni internazionali verso gli Stati Uniti, citando l’impossibilità di coprire i costi del 10% sui valori dichiarati.

Reazioni internazionali e il rischio di una spirale commerciale globale

La risposta di Cina, Unione Europea, India e Messico non si è fatta attendere. Pechino ha imposto tariffe simmetriche del 34% e vietato a 11 aziende USA di operare nel Paese, mentre Bruxelles e Ottawa valutano contromisure presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Secondo analisti internazionali, le misure annunciate da Trump rischiano di innescare una guerra commerciale su larga scala, alterando gli equilibri economici globali e rallentando la crescita.

Addio agli acquisti economici dalla Cina

Uno degli aspetti più trascurati, ma potenzialmente devastanti per i consumatori, è la cancellazione della clausola “de minimis”, che permetteva di importare beni di valore inferiore a 800 dollari senza pagare dazi. Con l’abolizione della norma, piattaforme come Temu e Shein — abituate a sfruttare tale meccanismo — vedranno aumentare i costi logistici e doganali, con ripercussioni sui prezzi finali per milioni di utenti americani.

Un ecosistema sotto stress: dai laptop ai token, il costo della geopolitica

L’effetto domino delle nuove tariffe non si limita ai beni materiali. Esso si riflette anche nella fiducia dei mercati, nei modelli di consumo, nelle strategie produttive delle big tech e nella stabilità dei mercati emergenti. Apple, Vaio e altri marchi iconici sono solo la punta dell’iceberg: se le tensioni continueranno, l’intera filiera tecnologica sarà chiamata a ripensare profondamente i propri modelli logistici e di prezzo.

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