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Economia

I dipendenti di Google si ribellano alla decisione di ritorno in ufficio

Tempo di lettura: 2 minuti. I dipendenti di Google stanno resistendo alla decisione dell’azienda di limitare il lavoro da remoto, esprimendo la loro insoddisfazione attraverso i canali di comunicazione interni e Internet.

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I dipendenti di Google stanno resistendo alla decisione dell’azienda di limitare il lavoro da remoto. La regola generale in tutta l’azienda era che i lavoratori dovessero visitare l’ufficio almeno tre giorni a settimana, ma recentemente Google ha deciso di monitorare l’assiduità introducendo una politica di tracciamento delle badge.

Monitoraggio dell’assiduità e reazioni dei dipendenti

Minacciando di portare in discussione l’assiduità nelle valutazioni dei lavoratori, i dipendenti stanno ricorrendo ai canali di comunicazione interni e a Internet per esprimere la loro insoddisfazione. I messaggi del personale, visti da CNBC, includono: “Controlla il mio lavoro, non il mio badge” e “Se non puoi venire in ufficio oggi, i tuoi genitori dovrebbero presentare una richiesta di assenza”.

Sentimento di essere trattati come scolari

Il sentimento che il personale venga trattato come scolari sta crescendo tra i dipendenti mentre si confrontano con l’approccio sempre mutevole di Google al lavoro ibrido. Un tempo aperto al lavoro remoto, Google sta ora richiamando i lavoratori con regolari modifiche alle sue politiche.

Cambiamenti controversi

Uno dei cambiamenti più controversi è stato il mandato di ritorno in ufficio applicabile ai lavoratori di Google Cloud, che li ha visti chiedere di lavorare in ufficio almeno tre giorni a settimana. Dopo questo annuncio, la divisione ha poi detto ai lavoratori di tornare a due giorni a settimana, condividendo le loro scrivanie con un collega nei giorni in cui lavorano da casa.

L’efficacia del lavoro remoto

Il verdetto è ancora in sospeso su se il lavoro remoto sia efficace quanto la collaborazione di persona, e mentre questo può essere un argomento soggettivo, la seconda ragione per cui i dipendenti di Google sono scontenti è molto più chiara: i costanti cambiamenti di politica dell’azienda e le mosse di ritorno stanno rendendo impercettibile qualsiasi direzione, e il futuro delle politiche di lavoro di Google rimane francamente imprevedibile.

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Economia

Sanzioni per violazioni del GDPR per Meta e Netflix

Tempo di lettura: 2 minuti. Meta e Netflix multate per violazioni del GDPR: analisi delle sanzioni imposte da Irlanda e Paesi Bassi e delle implicazioni per la protezione dei dati.

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Recentemente, le autorità di protezione dei dati di Irlanda e Paesi Bassi hanno imposto pesanti multe a Meta e Netflix per gravi violazioni del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Questi casi mettono in evidenza l’importanza della conformità alla normativa europea in materia di trasparenza e protezione dei dati personali.

Meta: €251 milioni di multa per il data breach del 2018

L’Irish Data Protection Commission (DPC) ha sanzionato Meta con una multa di €251 milioni (circa $264 milioni) per il data breach del 2018, che ha compromesso i dati di 29 milioni di utenti Facebook. Questo incidente, causato da un bug nella funzione “Visualizza come”, ha esposto informazioni sensibili, tra cui nomi, indirizzi email, numeri di telefono e posizioni fisiche.

Le violazioni contestate riguardano diversi articoli del GDPR, tra cui:

  • Articolo 33(3): Notifiche incomplete sulla violazione → multa di €8 milioni.
  • Articolo 33(5): Documentazione inadeguata del breach → multa di €3 milioni.
  • Articolo 25(1): Mancanza di protezione dei dati nel design del sistema → multa di €130 milioni.
  • Articolo 25(2): Elaborazione dei dati non necessaria → multa di €110 milioni.

Meta ha dichiarato di aver agito immediatamente per risolvere il problema, notificando gli utenti e collaborando con le autorità. Tuttavia, la DPC ha sottolineato che l’incidente evidenzia lacune fondamentali nella progettazione del sistema di protezione dei dati.

Netflix: €4,75 milioni di multa per mancanza di trasparenza

La Dutch Data Protection Authority (DPA) ha multato Netflix per €4,75 milioni ($4,93 milioni), accusandola di non aver fornito informazioni adeguate sull’uso dei dati personali degli utenti tra il 2018 e il 2020.

Secondo l’indagine, Netflix non ha spiegato chiaramente:

  • La finalità e la base legale per la raccolta di dati, inclusi email, numeri di telefono e dettagli di pagamento.
  • Le informazioni condivise con terze parti e le relative motivazioni.
  • I tempi di conservazione dei dati raccolti.
  • Le misure di sicurezza per il trasferimento dei dati al di fuori dell’Europa.

Nonostante Netflix abbia aggiornato la propria informativa sulla privacy, la DPA ha ritenuto che l’azienda non fosse conforme ai requisiti del GDPR nel periodo indicato. Aleid Wolfsen, presidente della DPA, ha dichiarato che aziende con milioni di utenti hanno l’obbligo di fornire informazioni chiare e complete sulla gestione dei dati personali.

Implicazioni per le aziende digitali

Questi casi dimostrano che le autorità europee stanno intensificando i controlli sulle grandi piattaforme tecnologiche. La mancanza di trasparenza e l’insufficienza di misure di protezione dati possono comportare conseguenze economiche significative, oltre a danneggiare la reputazione delle aziende.

Le sanzioni contro Meta e Netflix sottolineano l’importanza della conformità al GDPR. Le aziende devono investire in sistemi robusti di gestione dei dati e assicurarsi di informare chiaramente gli utenti su come i loro dati vengono raccolti, utilizzati e protetti.

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Economia

Apple sospesa tra Cina e Europa per privacy, AI e iOS

Tempo di lettura: 4 minuti. Apple tra AI, privacy e aggiornamenti: scopri iOS 18.3, l’intelligenza artificiale in Cina e le sfide del Digital Markets Act.

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Apple si trova al centro di importanti sviluppi tecnologici e regolamentari, che spaziano dalla difesa della privacy contro le normative europee del DMA (Digital Markets Act) fino all’introduzione di nuove funzionalità AI e aggiornamenti software, come iOS 18.3. Inoltre, l’azienda ha bloccato il downgrade a iOS 18.1.1, limitando le opzioni per gli utenti.

Digital Markets Act e rischi per la privacy: il punto di vista di Apple

In un recente rapporto, Apple ha espresso preoccupazioni per le implicazioni del DMA, che richiede alle grandi piattaforme di garantire interoperabilità e accesso paritario alle loro funzionalità. Apple teme che queste normative possano compromettere la privacy degli utenti.

Ad esempio, Meta ha richiesto accesso a tecnologie come AirPlay, CarPlay e App Intents, che secondo Apple potrebbero esporre i dati degli utenti a rischi, consentendo a terze parti di accedere a messaggi, telefonate, foto e password. Apple sottolinea che queste richieste potrebbero minare la sicurezza degli utenti e contraddire il GDPR.

Apple si è impegnata a collaborare con la Commissione Europea, proponendo un processo rigoroso per valutare le richieste di interoperabilità, ma insiste sull’importanza di proteggere i dati sensibili e mantenere l’integrità della piattaforma.

Apple Intelligence e negoziazioni in Cina: AI tra opportunità e regolamenti

Con l’introduzione di Apple Intelligence, che integra funzionalità avanzate di AI nei dispositivi, Apple sta negoziando con aziende come Tencent e ByteDance per adattare i suoi modelli di intelligenza artificiale alle normative cinesi.

Le discussioni riguardano l’implementazione di strumenti come ChatGPT, attualmente non disponibile in Cina, dove l’approvazione governativa è obbligatoria per i servizi generativi. Apple punta a integrare l’AI nel suo ecosistema cinese, ma affronta sfide tecniche e regolamentari legate alla protezione dei dati degli utenti.

Queste trattative sono cruciali per contrastare la concorrenza di Huawei, che con dispositivi come il Mate 70 sta guadagnando terreno nel mercato cinese grazie a funzionalità AI avanzate.

iOS 18.3 e il blocco del downgrade: focus su sicurezza e innovazione

Apple ha smesso di firmare iOS 18.1.1, impedendo il ritorno a versioni precedenti. Questa pratica, pur limitando la libertà degli utenti, mira a garantire che i dispositivi siano aggiornati con le ultime funzionalità e patch di sicurezza.

Nel frattempo, la versione beta di iOS 18.3 introduce nuove funzionalità, come il supporto per robot aspirapolvere nell’app Home. Sebbene le novità di AI siano assenti, macOS Sequoia aggiunge Genmoji, consentendo agli utenti Mac di creare emoji personalizzati.

Gli aggiornamenti pubblici sono previsti per gennaio, segnando un ulteriore passo avanti nell’evoluzione dei sistemi operativi Apple.

Apple abbandona il progetto del servizio di abbonamento hardware per iPhone

Apple ha deciso di interrompere lo sviluppo del suo servizio di abbonamento hardware per iPhone, un progetto ambizioso che mirava a rendere l’acquisto di un iPhone simile alla sottoscrizione di un’app. Questo programma, inizialmente pianificato per il lancio alla fine del 2022, ha subito ritardi significativi a causa di problemi software e preoccupazioni regolamentari, portando alla sua definitiva cancellazione nel 2024.

Come avrebbe funzionato il servizio di abbonamento hardware

L’idea del servizio era rivoluzionaria: anziché pagare un iPhone a prezzo pieno o optare per un piano a rate, i clienti avrebbero pagato una tariffa mensile associata al loro ID Apple, la stessa utilizzata per scaricare app e gestire altri abbonamenti.

Questa tariffa avrebbe permesso agli utenti di ricevere un nuovo modello di iPhone ogni anno, facilitando l’aggiornamento continuo del dispositivo senza dover affrontare costi iniziali elevati. Il servizio si sarebbe basato su un’infrastruttura finanziaria interna ad Apple, con prestiti gestiti direttamente dall’azienda, simile al sistema utilizzato per il programma Apple Pay Later, anch’esso recentemente dismesso.

Setback e ragioni della cancellazione

Apple ha testato il programma in via sperimentale con un gruppo di dipendenti del team Apple Pay, coinvolgendo anche i team responsabili della fatturazione dell’App Store e dello store online. Tuttavia, diversi ostacoli hanno reso difficile la realizzazione:

  • Problemi software: i sistemi interni necessari per supportare il servizio non hanno raggiunto la stabilità richiesta.
  • Regolamentazioni: preoccupazioni legali e normative hanno ulteriormente complicato l’implementazione del progetto, soprattutto in mercati come l’Europa e gli Stati Uniti.

Il programma è stato definitivamente abbandonato nello stesso anno in cui Apple ha cessato il Apple Pay Later, optando per alternative che includono il supporto a soluzioni di finanziamento di terze parti come Affirm e Klarna su iOS 18.

Alternative attuali: i programmi di finanziamento Apple

Nonostante l’abbandono di questo progetto, Apple continua a offrire opzioni di finanziamento per i suoi dispositivi:

  • iPhone Upgrade Program: un programma supportato da Citizens Bank che consente di dividere il costo di un iPhone in rate su due anni, con la possibilità di aggiornare il dispositivo dopo un anno.
  • Apple Card Monthly Installments: un’opzione che permette di finanziare acquisti tramite la Apple Card.

Queste soluzioni, sebbene meno innovative rispetto al servizio di abbonamento hardware, rappresentano comunque un’opzione conveniente per molti utenti.

Il progetto di abbonamento hardware per iPhone dimostra l’intenzione di Apple di esplorare nuovi modelli di business per rendere i suoi prodotti più accessibili. Tuttavia, la complessità tecnica e regolamentare ha portato alla sua cancellazione, lasciando spazio ad alternative consolidate. Mentre il concetto di “iPhone come servizio” è stato accantonato, l’azienda potrebbe tornare a esplorare modelli simili in futuro, adattandosi alle sfide normative e tecnologiche.

Apple si muove tra innovazione tecnologica e sfide regolamentari, dimostrando un impegno costante verso la privacy e l’introduzione di nuove funzionalità AI. Con aggiornamenti software e strategie per affrontare i mercati globali, il 2025 si preannuncia un anno cruciale per Cupertino.

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Economia

Apple accusata della guerra in Congo e TikTok spera in Trump

Tempo di lettura: 2 minuti. Apple affronta accuse sull’uso di minerali di conflitto, mentre TikTok chiede alla Corte Suprema di bloccare il divieto negli USA.

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Apple e TikTok si trovano entrambe al centro di controversie globali e battaglie legali. Mentre Apple affronta denunce penali relative all’uso di minerali provenienti da conflitti in Congo, TikTok chiede un intervento della Corte Suprema per bloccare un possibile divieto negli Stati Uniti.

Apple accusata di utilizzare minerali di conflitto dal Congo

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha presentato denunce penali contro Apple in Francia e Belgio, accusando l’azienda di utilizzare minerali provenienti da fonti illecite. Le accuse includono l’impiego di “minerali di conflitto”, noti anche come “blood minerals”, che vengono estratti utilizzando lavoro minorile e i cui proventi finanziano gruppi armati responsabili di crimini di guerra.

Le principali accuse mosse contro Apple e le sue filiali francesi e belghe sono:

  • Riciclaggio di minerali illeciti attraverso catene di approvvigionamento internazionali.
  • Coprire crimini di guerra, ignorando l’origine dei minerali.
  • Pratiche commerciali ingannevoli che rassicurano i consumatori sulla trasparenza delle supply chain.

Nonostante Apple non acquisti direttamente questi minerali, essi fanno parte della catena di fornitura attraverso società terze. La compagnia ha sempre sostenuto di adottare audit rigorosi per garantire la conformità etica, ma gli avvocati della RDC affermano di aver inviato prove a Tim Cook già ad aprile 2024, senza ottenere risposte concrete.

Ora spetterà alle procure di Francia e Belgio decidere se avviare un processo penale contro Apple, ponendo nuovi interrogativi sulla responsabilità delle multinazionali nei confronti delle violazioni dei diritti umani.

TikTok: richiesta di emergenza alla Corte Suprema per evitare ban negli USA

TikTok, nel frattempo, si trova ad affrontare una possibile esclusione dal mercato statunitense. Dopo che un tribunale ha respinto le argomentazioni secondo cui il divieto violerebbe il Primo Emendamento, ByteDance, la società madre di TikTok, ha chiesto alla Corte Suprema un’ingiunzione di emergenza per impedire l’entrata in vigore del divieto previsto per gennaio 2025.

TikTok sostiene che il divieto interferisce con il diritto alla libertà di espressione e danneggerebbe gravemente l’azienda, facendole perdere almeno un terzo degli utenti americani. La società argomenta che la misura non è necessaria, poiché non esiste una minaccia imminente alla sicurezza nazionale.

In parallelo, è emerso che Donald Trump, ex presidente e figura centrale nella vicenda del primo tentativo di divieto nel 2020, avrebbe incontrato il CEO di TikTok, Shou Zi Chew. Trump, che ora si definisce più aperto alla piattaforma, attribuisce parte del suo successo tra i giovani elettori all’utilizzo di TikTok, nonostante i dati elettorali mostrino il contrario.

L’intervento della Corte Suprema rappresenta l’ultima speranza per TikTok di evitare una chiusura forzata o una vendita a una società statunitense. La decisione potrebbe avere ripercussioni significative sia per gli utenti americani che per le strategie di ByteDance a livello globale.

Apple e TikTok affrontano sfide legali complesse che mettono in luce temi etici e politici di rilievo globale. Mentre Apple è accusata di non garantire trasparenza nella propria catena di approvvigionamento, TikTok lotta per difendere il proprio diritto di operare negli Stati Uniti, ponendo un dilemma tra sicurezza nazionale e libertà di espressione.

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