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Sicurezza Informatica

Social network, applicazioni e privacy. Ci fidiamo?

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Secondo un sondaggio gli americani diffidano ampiamente di Facebook, TikTok e Instagram. Quali sono i dati? In Italia a che punto siamo con la nostra privacy?

I dispositivi tech e le App utilizzati pervadono la nostra quotidianità. Il tema privacy è sempre presente in ogni azione che facciamo ed è importante divulgare elementi utili a migliorare la consapevolezza degli utenti sui rischi e sui possibili rimedi a tutela dei nostri dati. 

Secondo un sondaggio del Washington Post le persone sono combattute tra i dubbi sulla gestione dei propri dati, operata dalle aziende che li gestiscono, e il desiderio di continuare ad utilizzarli. Molto probabilmente questa sensazione la ritroviamo anche nel nostro quotidiano dove tra dispositivi smart, IoT, assistenti virtuali, social network, ecc…il limite tra dati a rischio e utilità è molto sottile.

L’interessante sondaggio fatto dal Washington Post punta proprio a far emergere questa sensazione di poca fiducia nel “mezzo utilizzato” e l’utilità dello stesso dal punto di vista della socialità.

Quello che emerge in generale, almeno per gli intervistati americani, è che non ci si fida dei servizi dei social media anche a causa dell’invasività degli annunci pubblicitari mirati. Il 64% degli intervistati afferma che il governo dovrebbe fare di più per tenere a freno le grandi aziende tecnologiche, anche se, per esempio, con quasi 3 miliardi di utenti mensili in tutto il mondo, Meta (ex Facebook) sembra inarrestabile.

La maggior parte degli americani intervistati afferma di essere scettica sul fatto che i giganti di Internet gestiranno in modo responsabile le loro informazioni personali e i dati sulla loro attività online. Il sondaggio è stato condotto a novembre su un campione casuale di più di 1.000 adulti in tutti gli Stati Uniti.

Vediamo su questo qualche dettaglio numerico.

Secondo il sondaggio, il 72% degli intervistati non si fida molto di Facebook per la gestione  delle proprie informazioni personali. Circa 6 su 10 diffidano di TikTok e Instagram. Si scende a circa il 50% di fiducia per WhatsApp e YouTube. Google, Apple e Microsoft non brillano per la fiducia, mentre Amazon è leggermente positivo con il 53% di persone che si fida.

Sempre secondo il sondaggio del Washington Post, solo il 10% afferma che Facebook ha un impatto positivo sulla società, mentre il 56% afferma che ha un impatto negativo e il 33% resta neutrale.

Sistemi in ascolto e privacy

Dal sondaggio emerge che in generale le persone pensano che i loro dispositivi siano costantemente in ascolto. Di fatto però, almeno per ora, questo sospetto non è avallato né dagli esperti né ovviamente dalla aziende coinvolte. Anche in questo caso i dati emersi sono chiari, circa 7 americani su 10 pensano che il loro telefono o altri dispositivi li stiano ascoltando. Questa sensazione è abbastanza familiare per tutti quelli che utilizzano smartphone e assistenti virtuali. Nel dubbio è importante avere la consapevolezza che alcuni eventi possono potenzialmente verificarsi, conoscere ed approfondire tutte le leve a nostra disposizione nelle impostazioni dei dispositivi ed utilizzarli secondo le nostre necessità.

Dai dati emerge un ulteriore elemento interessante. Le più grandi aziende tecnologiche non sono tutte viste sotto la stessa luce negativa dal punto di vista privacy. Le aziende che vendono beni o servizi direttamente alle persone sono viste in modo più favorevole, come per esempio Apple e Amazon. E’ come se ci fosse meno “mistero” sulle loro fonti di guadagno, una percezione di trasparenza sulle attività insomma.

Viceversa sono le società di social media, in cui i servizi sono offerti apparentemente gratuiti, che inquietano di più gli intervistati. Dopo anni di esperti di privacy che avvertono che “se è gratuito, sei tu il prodotto”, forse la realtà di ciò che significa veramente ha iniziato ad essere compresa.

L’obiettivo principale della raccolta di dati è offrire annunci mirati. Dominano due società su tutte. Google nel 202 ha guadagnato 147 miliardi di dollari dalla pubblicità, circa l’80% del suo totale, mentre Facebook sulla pubblicità ha guadagnato 84 miliardi di dollari cioè circa il 98% del totale.

In particolare ad essere poco graditi sono gli annunci pubblicitari mirati. Più di 8 utenti Internet su 10 affermano di vedere annunci mirati troppo spesso. Tra coloro che li vedono, l’82% dice che sono fastidiosi e il 74% dice che sono invasivi. E mentre le aziende difendono gli annunci mirati come un aiuto per le persone a trovare i prodotti desiderati, il 66% degli utenti Internet che li vedono online afferma che non sono utili.

E cosa pensano gli intervistati di quello che viene fatto dal governo americano? Complessivamente, il 64% afferma che il governo dovrebbe fare di più per regolamentare il modo in cui le società Internet gestiscono la privacy, un netto aumento rispetto al 38% che ha affermato in un sondaggio del 2012. 

Secondo il sondaggio Washington Post-Schar School, quasi 8 utenti Internet su 10 prendono almeno alcune precauzioni per limitare le informazioni che siti Web, motori di ricerca o App raccolgono su di loro.

Una maggioranza del 57% afferma di aver modificato le impostazioni sulla privacy sui siti Web, ad esempio non consentendo il tracciamento, e la metà afferma di aver modificato le impostazioni sulla privacy sul proprio telefono o app. Il 56% afferma di aver cancellato la propria cronologia Web, il 39% dichiara di aver modificato le impostazioni del browser o di aver utilizzato un’impostazione di navigazione privata come la “modalità di navigazione in incognito”. Il 26 % afferma di aver utilizzato una VPN per proteggere la propria privacy.

Qui il nostro approfondimento specifico sulla VPN.

Questi risultati dimostrano come la divulgazione sui temi privacy sia utile ad innalzare la consapevolezza degli utenti e di conseguenza la conoscenza delle possibilità a loro disposizione per mitigare il problema. Questo sondaggio, anche se effettuato su utenti statunitensi, mostra come la consapevolezza sui temi privacy aumenti.

Dobbiamo poi aggiungere che comunque nelle mani degli utenti ci sono possibili impostazioni che è bene saper utilizzare, ma non molto altro. Inoltre il problema dei “comportamenti” resta, infatti, per esempio, Facebook è afflitto da anni da problemi di privacy, ricordiamo lo scandalo Cambridge Analytica e le recenti rivelazioni del whistleblower Francis Haugen. Eppure più di 7 utenti Internet su 10 sono su Facebook, con oltre la metà che afferma di utilizzarlo quotidianamente.


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Sicurezza Informatica

NodeStealer e phishing via Google Calendar: nuove minacce

Tempo di lettura: 2 minuti. NodeStealer e phishing via Google Calendar: analisi delle minacce avanzate che compromettono dati finanziari e credenziali.

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Le più recenti minacce evidenziano l’evoluzione delle tecniche utilizzate da cybercriminali per compromettere utenti e aziende. Tra queste, il malware NodeStealer che prende di mira account di Facebook Ads Manager e il phishing che sfrutta Google Calendar per eludere i filtri spam.

NodeStealer: malware avanzato basato su Python

NodeStealer, originariamente un malware JavaScript, è stato aggiornato per utilizzare Python, ampliando le sue capacità di raccolta dati sensibili. In una recente campagna, il malware ha preso di mira un’istituzione educativa in Malesia, legata a un gruppo di cybercriminali vietnamiti.

Il malware si diffonde tramite email di spear-phishing contenenti link malevoli mascherati da PDF legittimi. Dopo l’apertura, un file dannoso esegue DLL sideloading e comandi PowerShell offuscati, installando il payload finale. Questo infostealer è progettato per sottrarre credenziali, dati memorizzati nei browser e informazioni finanziarie da account Facebook Ads Manager.

Il traffico dati rubati avviene attraverso Telegram, che garantisce anonimato e semplicità di gestione. La campagna rappresenta una minaccia crescente, data l’efficienza dei metodi di evasione e la specificità dei target come individuato da TrendMicro.

Phishing tramite Google Calendar: un inganno che sfrutta strumenti legittimi

Una campagna di phishing osservata da Check Point utilizza Google Calendar per inviare inviti a eventi con link malevoli. Gli attacchi, indirizzati a oltre 300 brand, includono settori come banche, sanità ed educazione.

Gli inviti contengono link a Google Drawings o Google Forms, mascherati da pulsanti di supporto o reCaptcha. Una volta cliccati, conducono a pagine che raccolgono credenziali o altre informazioni sensibili.

Gli aggressori sfruttano la fiducia nei servizi Google, superando i controlli DKIM, SPF e DMARC per evitare i filtri spam. Inoltre, utilizzano la funzione di annullamento eventi per inviare messaggi di phishing aggiuntivi.

Per proteggersi, si consiglia di:

  • Disabilitare l’aggiunta automatica di inviti nel calendario.
  • Ignorare link in inviti sospetti, verificando sempre la legittimità del mittente.

Le campagne di malware e phishing descritte dimostrano l’importanza di misure preventive e consapevolezza degli utenti. Strumenti come NodeStealer e gli attacchi basati su Google Calendar sfruttano piattaforme legittime per attività malevole, sottolineando la necessità di approcci proattivi alla sicurezza.

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Sicurezza Informatica

Salt Thypoon e APT29: a rischio Signal e RDP

Tempo di lettura: 4 minuti. Da smishing a malware come Raccoon Stealer e attacchi MITM di APT29, scopri le minacce attuali e le raccomandazioni per proteggerti.

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Recentemente, diverse campagne di cybercriminalità hanno messo in evidenza la necessità di rafforzare le difese informatiche. Tra le minacce, si segnalano campagne di smishing mirate agli utenti di Poste Italiane, malware Raccoon Stealer, attacchi MITM tramite RDP orchestrati da APT29 e la raccomandazione di CISA di adottare app di messaggistica cifrata come Signal.

CISA: utilizzo di app cifrate dopo violazioni nelle telecomunicazioni

Dopo una serie di violazioni ai danni di otto operatori statunitensi, incluse T-Mobile e AT&T, la CISA ha raccomandato l’adozione di app di messaggistica cifrata, come Signal, per proteggere le comunicazioni da intercettazioni. Le violazioni, attribuite al gruppo Salt Typhoon, hanno consentito l’accesso prolungato ai sistemi di telecomunicazioni, esponendo dati sensibili.

Le raccomandazioni di CISA includono:

  • Uso di autenticazione multi-fattore basata su hardware, come Yubico o Google Titan.
  • Abbandono delle VPN commerciali con scarse politiche di sicurezza.
  • Adozione di funzioni di sicurezza avanzate come Apple Lockdown Mode o il programma di protezione avanzata (APP) di Google.

Questi suggerimenti mirano a proteggere le comunicazioni personali e aziendali in un contesto di minacce crescenti.

Smishing contro utenti Poste Italiane: attenzione ai falsi avvisi di consegna

Il CERT-AGID ha identificato una nuova campagna di smishing che sfrutta falsi messaggi SMS inviati agli utenti di Poste Italiane. L’SMS invita le vittime a cliccare su un link fraudolento per risolvere problemi di consegna.

Il link reindirizza a un sito che imita quello ufficiale di Poste Italiane, richiedendo dati personali e delle carte di credito. Dopo aver inserito le informazioni, gli utenti possono subire furti finanziari e compromissioni di identità.

Si consiglia di:

  • Verificare sempre i link prima di cliccarvi.
  • Utilizzare i canali ufficiali delle organizzazioni per chiarire eventuali dubbi.
  • Segnalare messaggi sospetti a malware@cert-agid.gov.it.

Raccoon Stealer: operatore condannato e implicazioni per la sicurezza

L’operatore dietro al noto malware Raccoon Stealer è stato condannato a cinque anni di prigione negli Stati Uniti dopo essersi dichiarato colpevole. Questo malware è stato responsabile di numerosi attacchi globali, con furti di credenziali, dati bancari e criptovalute, colpendo milioni di utenti dal 2019 al 2022.

Raccoon Stealer funzionava come Malware-as-a-Service (MaaS), con gli sviluppatori che vendevano abbonamenti agli attori malevoli. Una volta attivato, il malware raccoglieva informazioni sensibili dalle macchine infette, inviandole a server di comando e controllo.

La condanna dell’operatore rappresenta un passo importante nella lotta contro il cybercrimine. Tuttavia, gli esperti avvertono che varianti del malware potrebbero continuare a circolare, con la necessità di implementare difese più robuste, come software anti-malware aggiornati e una maggiore consapevolezza tra gli utenti.

APT29: attacchi MITM tramite RDP proxy

Il gruppo di cybercriminali APT29 (conosciuto anche come Midnight Blizzard o Earth Koshchei), associato alla Russia, sta utilizzando una rete di proxy RDP (Remote Desktop Protocol) per attacchi di tipo man-in-the-middle (MITM).

In questa campagna, gli aggressori inducono le vittime a connettersi a server RDP compromessi, consentendo loro di:

  • Intercettare credenziali e sessioni di lavoro.
  • Accedere a dati sensibili.
  • Installare payload malevoli sui sistemi compromessi.

Il gruppo utilizza strumenti come PyRDP, una soluzione open-source originariamente pensata per scopi legittimi di simulazione red team, per sfruttare le connessioni RDP in modo illecito.

Gli attacchi sono stati mirati contro organizzazioni governative, militari e aziende tecnologiche in paesi come Stati Uniti, Francia, Germania e Australia. Per mitigare i rischi, si raccomanda di:

  • Limitare l’uso dell’RDP solo a connessioni fidate.
  • Applicare restrizioni di rete per impedire connessioni esterne non autorizzate.
  • Monitorare le attività di rete per rilevare comportamenti anomali.

Le minacce descritte sottolineano la necessità di un approccio proattivo alla sicurezza informatica. Da campagne di smishing a malware avanzati come Raccoon Stealer, fino agli attacchi sofisticati di APT29, il panorama della sicurezza continua a evolversi. L’adozione di app cifrate, unita a pratiche di sicurezza solide, rappresenta una difesa fondamentale contro i rischi moderni.

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Sicurezza Informatica

Windows, rischi Visual Studio Code, file MSC e kernel

Tempo di lettura: 3 minuti. Attacchi a Visual Studio Code e kernel di Windows: scopri come nuove minacce sfruttano estensioni malevole, file MSC e vulnerabilità critiche per colpire utenti globali.

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Negli ultimi giorni, esperti di sicurezza hanno individuato nuove minacce che sfruttano estensioni malevole di Visual Studio Code, file MSC di Microsoft e una vulnerabilità critica nel kernel di Windows. Questi attacchi, sempre più sofisticati, rappresentano rischi significativi per sviluppatori, organizzazioni e utenti globali.

Visual Studio Code: estensioni malevole nel marketplace

Un’ampia campagna di attacchi è stata individuata su Visual Studio Code (VSCode), con oltre 18 estensioni malevole progettate per colpire sviluppatori e comunità legate alle criptovalute. Le estensioni, tra cui “Ethereum.SoliditySupport” e “ZoomWorkspace.Zoom,” mascherano funzioni dannose attraverso falsi numeri di installazioni e recensioni positive.

Le estensioni scaricano payload offuscati da domini fasulli come “microsoft-visualstudiocode[.]com”. Una volta installate, attivano comandi PowerShell che decriptano stringhe AES per eseguire codice dannoso. I rischi principali includono il furto di credenziali e movimenti laterali verso risorse cloud, specialmente su piattaforme come Microsoft Azure.

Gli esperti raccomandano di validare sempre le estensioni prima di installarle e di controllare i loro codici sorgente per evitare compromissioni della supply chain.

Attacchi tramite file MSC: una minaccia emergente

Un’altra campagna, denominata FLUX#CONSOLE, sfrutta file MSC (Microsoft Common Console Document) per distribuire backdoor mirate. Questi file, mascherati da documenti PDF (“Tax Reductions, Rebates and Credits 2024”), eseguono JavaScript integrato per caricare DLL dannose come “DismCore.dll.”

Gli attacchi sono stati osservati principalmente in Pakistan, dove gli aggressori utilizzano documenti a tema fiscale come esca. Questi file MSC rappresentano un’evoluzione dei tradizionali file LNK, offrendo agli attori malevoli un metodo stealth per infiltrarsi nei sistemi.

Le analisi suggeriscono che il malware installato tramite questi attacchi consente la raccolta di dati sensibili e l’esecuzione di comandi remoti, rendendo necessario un monitoraggio continuo e la segmentazione delle reti aziendali.

Kernel di Windows: vulnerabilità sfruttata per ottenere privilegi SYSTEM

Una vulnerabilità critica del kernel di Windows, identificata come CVE-2024-35250, è attivamente sfruttata per ottenere privilegi SYSTEM. Questa falla, presente nel componente Microsoft Kernel Streaming Service (MSKSSRV.SYS), permette a un attore locale di eseguire attacchi a bassa complessità senza richiedere l’interazione dell’utente.

Originariamente scoperta dal team di ricerca DEVCORE e dimostrata durante il Pwn2Own Vancouver 2024, la vulnerabilità è stata corretta da Microsoft nel Patch Tuesday di giugno 2024. Tuttavia, con la recente pubblicazione di exploit Proof-of-Concept (PoC) su GitHub, gli attacchi sono aumentati in frequenza, rendendo necessario un intervento urgente per mitigare i rischi.

Meccanismo dell’attacco e conseguenze

Gli aggressori sfruttano un untrusted pointer dereference, un tipo di debolezza che consente loro di manipolare la memoria del kernel e di ottenere un controllo completo sul sistema. Durante i test, questa tecnica è stata utilizzata per compromettere dispositivi con Windows 11 versione 23H2, eseguendo comandi con i massimi privilegi.

CISA ha classificato questa vulnerabilità come prioritaria, aggiungendola al suo catalogo Known Exploited Vulnerabilities (KEV) e imponendo alle agenzie federali di aggiornare i propri sistemi entro il 6 gennaio 2025. L’agenzia raccomanda anche alle organizzazioni private di applicare immediatamente le patch e di implementare controlli di accesso rigorosi.

Queste campagne, che spaziano dall’abuso di estensioni di Visual Studio Code alle vulnerabilità nel kernel di Windows, dimostrano la crescente sofisticazione degli attacchi informatici. Proteggersi richiede un approccio proattivo, che includa l’aggiornamento regolare dei software, il monitoraggio delle attività di rete e la segmentazione delle risorse sensibili.

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