Editoriali
Clubhouse: da social della voce di tutti a strumento di squadrismo, discriminazione e censura
Clubhouse è il social mai cresciuto in Italia. Una radio interattiva che consente a tutti di poter trasmettere in diretta dei flussi audio coinvolgendo l’intera comunità iscritta. Un social che ha mostrato tanti punti forti, ma è destinato a morire o al massimo restare un prodotto di nicchia.
Storia di Clubhouse
Clubhouse nasce su piattaforma Apple, iOS, nell’aprile 2020. Il successo dell’app è stato sicuramente il calvalcare la pandemia. Tutti chiusi in casa a socializzare sul social della voce. Il rafforzamento del branding avuto nei primi mesi ha consentito agli ideatori dell’app di avere nel primo semestre la bellezza di 600.000 utenti e diversi milioni di dollari di sovvenzioni da privati. Dopo un anno, il software è partito anche su piattaforma Android e non ha avuto il successo sperato, anzi.
La triade che porta avanti Clubhouse
Il social si basa sostanzialmente su tre figure:
- Moderatori: creano i canali e propongono i contenuti
- Speaker: sono coloro che parlano nei canali, ospiti dei moderatori con cui condividono il palco della stanza.
- Ascoltatori: pubblico che ascolta silenziosamente, ma che può intervenire se alza la mano e se le stanze sono abilitate a far salire la gente sul palco.
I punti forti di Clubhouse
Per chi frequenta il social, uno dei primi punti forti è stato quello di avvicinare i personaggi famosi al popolino desideroso di conoscerli. Luca Bizzarri, Andrea Delogu, Morgan ed altri ancora si sono avvicendati nelle stanze ad inizio pandemia, ma poi si sono defilati e questo fa intuire il declino dell’app.
Le persone osservano una regola di convivenza civica, aspettando il proprio turno, e questo aspetto con il passare del tempo le migliora la propria comunicazione nel dialogare, perché ogni giorno si è chiamati ad intervenire, ed aiuta le persone nell’essere più rispettose del prossimo, convivendo con opinioni diverse.
La conoscenza è distribuita alla massa molto meglio dei programmi divulgativi social o delle tv. Sono tante le stanze con esperti che trattano argomenti che spaziano dal mondo della storia a quello della geopolitica, fino ad arrivare alla cultura. Un’offerta notevole possibile grazie anche a veri professionisti.
I punti deboli del social
Clubhouse non ha solo luci, ma molte ombre. Il fatto che sia frequentato da poche persone con costanza, ha consentito la nascita di tribù che spesso si fanno concorrenza tra loro per ottenere il primato dell’audience.
Gli ascolti sono bassi se consideriamo che una stanza, se va bene, fa 500 persone, la media è 200, ma non è dato sapere se le statistiche del social fanno riferimento ai contatti unici o complessivi che comprendono quelli di ritorno.
Non esiste un metodo per monetizzare ed aiutare i moderatori a ripagarsi le ore spese sul social. Le stesse ore dedicate nei palinsesti quotidiani su un’altra piattaforma porterebbero anche ad un riconoscimento minimo.
La presenza degli stessi speaker porta ad un’autoreferenzialità che annienta il confronto di crescita individuale, in favore però di quello nel saper comunicare sempre meglio il proprio pensiero.
L’assenza di moderatori professionisti, che non sono mecessariamente giornalisti, rende troppo spesso le room lunghe ed irrispettose dei tempi canonici che consentono interventi a tutti in minor tempo.
Il dibattito non è tecnicamente possibile per un motivo essenziale: 20 persone sul palco che vogliono dire la loro e rispondere ad eventuali osservazioni, fanno sì che il tempo voli anche oltre le 2 ore.
I blocchi, lo squadrismo e la censura
L’aspetto più preoccupante di Clubhouse è che da social della libera espressione sta diventando sempre più un social dove è possibile censurare le opinioni delle persone. A differenza delle altre piattaforme, quando una persona viene bloccata su un social, può continuare a vedere i post degli amici in comune ed interagire con loro senza che l’altro se ne accorga. Nel caso di Cubhouse, invece, ci troviamo dinanzi al potere, dato ad ogni individuo, di poter escludere dalla vita sociale della piattaforma qualsiasi persona. Chi blocca, ha la prelazione nelle room escludendo di fatto la persona bloccata.
Se c’è un motivo grave, il blocco è sacrosanto, ma siamo sicuri che lo strumento di blocco non sia abusato da soggetti che vogliono invece essere protagonisti, detenere il potere di scegliere la vita sociale di altri oppure fare concorrenza sleale nell’acquisizione di followers?
Molti commenterebbero dicendo che queste sono le regole di una società privata, ma se con lo strumento del blocco si avalla una discriminazione che sia di razza, etnia, religione o addirittura pensiero, ci troviamo dinanzi ad una piattaforma che fomenta lo squadrismo e ricalca la censura delle migliori dittature.
E’ forse questo il motivo per il quale Clubhouse è sempre più un social per pochi eletti con a seguito adepti di vere sette del pensiero.
Editoriali
Bando ai bloccanti della pubertà in UK: l’Avvenire mente
Il quotidiano Avvenire dà una notizia sul bando del governo inglese ai bloccanti della pubertà, affermando che questo sia diventato definitivo. Dinanzi a una discussione, che potrebbe includere anche una componente ideologica, la notizia è stata accolta con grande entusiasmo. In particolare, da parte di chi ritiene che questa non sia la cura o il metodo necessario per affrontare la disforia di genere. Allo stesso tempo, però, sorprende che l’Inghilterra, uno dei paesi precursori su questo tema, faccia un passo indietro così significativo.
Dal punto di vista giornalistico, però, emerge la necessità di verificare la fonte istituzionale, che Avvenire non cita: il governo britannico. Consultando questa fonte, si scopre che il governo descrive non un provvedimento definitivo, ma una proposta di cambiamento sulla disponibilità dei farmaci bloccanti della pubertà. Questo aspetto evidenzia una scelta editoriale da parte di Avvenire, che privilegia una narrazione più conveniente rispetto alla reale situazione. Analizzando i due articoli, emerge chiaramente questa distinzione.
Cosa non torna nella narrazione dell’Avvenire?
L’apparente contraddizione tra l’articolo di Avvenire e la fonte ufficiale del governo britannico può essere risolta analizzando attentamente il contenuto di entrambe le fonti.
Avvenire
L’articolo di Avvenire afferma che il governo britannico ha reso definitivo il divieto dei bloccanti della pubertà per i minori, salvo per casi clinici sperimentali. Indica che questa decisione è stata ufficializzata dal Ministro della Sanità e si basa su raccomandazioni della Cass Review e su analisi successive, citando come punto di riferimento una revisione prevista nel 2027.
GOV.UK
La pagina ufficiale del governo britannico, tuttavia, chiarisce che:
- È in corso una consultazione pubblica per stabilire un divieto permanente.
- La legislazione attualmente in vigore è un ordine di emergenza temporaneo (iniziato a giugno 2024 e rinnovabile) che limita l’uso dei bloccanti della pubertà per i minori fuori da contesti clinici regolati.
- Il divieto definitivo è una proposta che sarà valutata dopo il periodo di consultazione (6 settimane di durata).
Analisi
- Stato attuale:
- Attualmente, non esiste ancora un divieto permanente per i bloccanti della pubertà, ma solo una legislazione temporanea attiva dal 3 giugno 2024.
- La proposta per rendere permanente questa restrizione è ancora in fase di consultazione e non è stata formalmente approvata.
- “Errore” di Avvenire:
- L’articolo di Avvenire sembra anticipare una decisione che il governo britannico non ha ancora preso. La consultazione non implica che il divieto permanente sia stato già deciso, ma piuttosto che si sta valutando questa possibilità.
- La fonte GOV.UK è più precisa. Il piano non è ancora definitivo, bensì in esame.
- Avvenire ha interpretato la situazione come se il divieto fosse già stato approvato in via permanente, ma ciò non corrisponde ai fatti.
E’ stato approvato o no?
Non è stato approvato un piano definitivo per il divieto dei bloccanti della pubertà. Attualmente, esiste una restrizione temporanea, e la decisione finale dipenderà dagli esiti della consultazione pubblica in corso e la notizia dell’Avvenire non solo non è firmato da un giornalista, ma dalla Redazione “è Vita” che dimostra già l’orientamento politico di chi scrive: peccato, però, che si tratta di una notizia e non di un editoriale.
Editoriali
Cybersicurezza: perchè c’è clamore sulle parole di Gratteri?
Tempo di lettura: 2 minuti. Nicola Gratteri critica il sistema IT italiano, paragonandolo agli acquedotti con il 45% di dati persi e denuncia uno scenario già noto sulla cybersicurezza
Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, è intervenuto durante la trasmissione 8 e Mezzo, sollevando importanti riflessioni sullo stato della cybersicurezza italiana. Le sue parole hanno acceso un dibattito cruciale che, però, non dovrebbe essere una novità, considerando che il contesto della cybersecurity e dell’information technology presenta da tempo problematiche ben note.
Gratteri ha evidenziato alcune dinamiche fondamentali: la scarsità di reti di difesa da parte delle pubbliche amministrazioni, inclusa quella della Giustizia; l’inefficacia dell’ACN su determinate linee di attuazione che dovrebbero essere recepite; e, infine, la questione legata all’hardware utilizzato dal governo italiano.
Le criticità dell’hardware e della sicurezza
Secondo Gratteri, gli hardware attualmente acquistati non sono qualitativamente adeguati alle esigenze operative, evidenziando la necessità di rivedere le procedure di acquisizione, anche attraverso un’uscita dal sistema Consip. Gratteri sottolinea che il problema non riguarda solo l’Italia, ma ha una portata mondiale, con falle strutturali nei sistemi hardware che vanno oltre i computer, interessando anche i sistemi di controllo industriale, fondamentali per settori sensibili come l’aeronautica, il militare e il nucleare.
Il rischio maggiore, secondo Gratteri, si concretizza nella possibilità che hardware e software di ultima generazione utilizzati in ambiti governativi, come le auto di Stato assegnate a politici e alte cariche, possano rappresentare un veicolo per la sottrazione di dati sensibili e il trasferimento di informazioni ad apparati di intelligence straniera.
La fibra ottica e le occasioni perse
Gratteri ha anche affrontato la questione della fibra ottica, citando il caso dell’azienda di Benevento che forniva fibra ad altri Paesi, come l’Australia, ma che è stata costretta a chiudere. Questo episodio mette in evidenza la difficoltà dell’Italia nel preservare aziende tecnologiche di valore internazionale, preferendo concentrarsi su altri settori, come il lusso e le materie prime.
L’Italia ha perso importanti opportunità per affermarsi come produttore tecnologico di livello globale, un problema già emerso con la vicenda Olivetti, che continua a rappresentare un caso emblematico della mancanza di visione a lungo termine nel campo della tecnologia.
Una riflessione necessaria
Le parole di Gratteri sulla cybersicurezza portano a riflettere sul fatto che l’Italia dovrebbe valorizzare le sue eccellenze tecnologiche, non solo per esportarle, ma per utilizzarle internamente a beneficio del sistema paese. Preservare il know-how tecnologico e garantire la sicurezza dei dati e delle infrastrutture strategiche dovrebbe essere una priorità nazionale, soprattutto in un momento storico in cui le sfide legate alla cyber sicurezza si fanno sempre più pressanti.
Quello che sorprende però, è il clamore che nasce dalle parole di Gratteri nel settore IT dove esperti e professionisti che da anni lavorano in quel mercato, si sono mostrati sorpresi e preoccupati. Un aspetto grottesco se pensiamo che molti di loro lavorino grazie a Consip, offrendo i servizi della qualità criticata da Gratteri e dovrebbero essere a conoscenza dello stato attuale delle cose.
I rischi paventati dal Magistrato sono noti da tempo, ma perché emergono ora in pompa magna?
Che Gratteri si stia candidando alla guida dell’ACN nel post-Frattasi?
Editoriali
Emilia-Romagna e Umbria: Matrice Digitale aveva “sentito” il calo della destra
Tempo di lettura: 2 minuti. Elezioni regionali 2024 in Emilia-Romagna e Umbria: successo del centrosinistra e confronto con l’analisi social di ottobre. Risultati e tendenze politiche.
Le elezioni regionali del 17 e 18 novembre 2024 in Emilia-Romagna e Umbria hanno sancito una netta vittoria del centrosinistra. Il trionfo elettorale si intreccia con le dinamiche del dibattito social analizzate nel mese di ottobre, offrendo uno spaccato interessante sulle capacità di mobilitazione e consenso delle forze politiche.
Risultati elettorali: Emilia-Romagna e Umbria
In Emilia-Romagna, il centrosinistra guidato da Michele de Pascale ha ottenuto una vittoria schiacciante, superando Elena Ugolini del centrodestra con il 56,77% dei voti contro il 40,07%. Questo successo conferma la centralità del Partito Democratico, che ha raccolto il 42,94% dei voti, molto più del 23,74% di Fratelli d’Italia che assorbe le quote che furono della Lega.
In Umbria, Stefania Proietti, espressione del centrosinistra, ha sconfitto la governatrice uscente Donatella Tesei con il 51,13% dei voti contro il 46,17%. Questo risultato è particolarmente significativo in una regione storicamente oscillante, indicando un recupero elettorale per il Partito Democratico rispetto alla crescente influenza del centrodestra nelle ultime tornate elettorali.
L’affluenza, però, è stata molto bassa: in Emilia-Romagna solo il 46,42% degli aventi diritto si è recato alle urne, un calo del 21% rispetto al 2019. Anche in Umbria il dato è sceso al 52,3%, rispetto al 64,69% delle precedenti elezioni regionali. Sebbene l’astensionismo sia stato alto, il successo del centro sinistra in realtà denota l’assenza di slancio della destra e la sua capacità di portare la gente al voto sia per confermare sia per mandare a casa il nemico politico.
Dati social di ottobre: il Metaverso Politico
L’analisi social di ottobre condotta da Matrice Digitale, intitolata “Meloni regge nonostante le contestazioni” mostra come il dibattito politico su X (ex Twitter) abbia anticipato alcuni trend elettorali. Giorgia Meloni ha dominato in termini di interazioni, totalizzando 341.835 like, seguita da Matteo Salvini con 162.149 e Giuseppe Conte con 65.149. Elly Schlein, pur con numeri più bassi (25.518 like), ha ottenuto un engagement di qualità, riflettendo il suo potenziale di crescita tra gli elettori giovani e progressisti.
Gli hashtag di protesta, come #MeloniBugiarda e #GovernoDellaVergogna, hanno evidenziato una crescente polarizzazione nei confronti del governo, ma senza intaccare significativamente la base di sostenitori del centrodestra. Il campo social del centrosinistra, invece, ha mostrato segnali di coesione, che si sono concretizzati nei risultati elettorali.
Confronto tra elezioni e dati social
Il successo del centrosinistra in Emilia-Romagna e Umbria riflette l’efficacia di una strategia politica in grado di unire forze diverse, come Partito Democratico, Azione e Movimento 5 Stelle, nonché la capacità di rispondere alle critiche online con una narrazione coerente. Fratelli d’Italia, pur mantenendo una posizione dominante all’interno del centrodestra, ha registrato un calo rispetto alle elezioni politiche ed europee, evidenziando difficoltà nel consolidare il consenso locale.
I dati social di ottobre avevano previsto una competizione serrata per una destra abituata a vincere, ma i risultati elettorali hanno premiato l’unità del centrosinistra, sottolineando il ruolo cruciale delle coalizioni larghe e delle campagne mirate.
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