Meta fa appello alla sentenza che dichiara i moderatori di contenuti come suoi dipendenti

da Redazione
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Meta ha annunciato di voler fare appello alla decisione di un tribunale del Kenya che ha dichiarato la società come principale datore di lavoro dei moderatori di contenuti nelle sue piattaforme in Africa subsahariana. L’azienda ha presentato un avviso di appello contro la sentenza emessa la scorsa settimana, a seguito di un’azione legale intrapresa da 184 moderatori che hanno citato in giudizio sia Meta che il suo partner di revisione dei contenuti in Africa subsahariana, Sama, per presunta risoluzione illecita dei contratti.

Il ruolo dei moderatori e la decisione del tribunale

Il tribunale del lavoro e delle relazioni di lavoro ha stabilito che Meta era il principale datore di lavoro dei moderatori e che Sama era “meramente un agente” incaricato di supervisionare il lavoro. Secondo il tribunale, i servizi offerti dai moderatori erano destinati a Meta e venivano eseguiti utilizzando la sua tecnologia, rispettando le sue metriche di prestazione e precisione. Il tribunale ha inoltre ordinato l’estensione dei contratti dei moderatori, affermando che “il lavoro di moderazione dei contenuti è disponibile” e che “i richiedenti continueranno a lavorare alle stesse o migliori condizioni nel frattempo”.

L’appello di Meta e le implicazioni future

Nel suo appello, Meta sostiene che il tribunale ha commesso un errore estendendo contratti che erano già scaduti e riscrivendo i contratti di lavoro tra i moderatori e Sama, imponendo termini e obbligazioni a Meta senza che fosse a conoscenza dei dettagli del contratto di lavoro tra le due parti. Meta sostiene inoltre che i moderatori non erano suoi dipendenti, ma di Sama, e che il tribunale non aveva giurisdizione per sentire il caso. Questo appello e la decisione finale del tribunale potrebbero avere implicazioni significative per il modo in cui le aziende di social media gestiscono i loro moderatori di contenuti in futuro.

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