Caso Caressa, il calcio è la prima espressione dell’informazione malata

da Livio Varriale
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I tifosi del Napoli sono spesso associati al famoso detto partenopeo del piangi e freghi. Trattati spesso come i piagnoni della Serie A perché lamentano trattamenti poco equi nel mondo dell’informazione.

Con il senno di poi hanno avuto ragione.

In questo momento storico dove il Napoli sta dominando il campionato, più volte la stampa sportiva è stata colta in fallo con classifiche monche della primatista, titoli di giornali riservati a squadre di mezza classifica ed opinionisti che si sono avvicendati su teorie tese a minimizzare un successo conclamato da bel gioco e risultati sul campo.

Questo avviene per un motivo preciso, l’onestà intellettuale di chi fa informazione spesso colma di pregiudizi e interessi. I giornalisti sportivi prendono soldi dai potenti ? Non lo sappiamo, ma sappiamo che il giornalista anche se è tifoso ha l’obbligo di raccontare i fatti e quello sportivo non può lasciarsi andare al tifo sfegatato mentre è in servizio.

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L’esempio di Caressa e della polemica sul possesso palla è emblematico: fino a ieri dato fondamentale per stabilire la supremazia in campo di una squadra nel gioco o, nel caso sia basso con risultati positivi, la capacità di gestire al meglio il contrattacco.

Abbiamo consentito spesso che l’informazione sportiva portasse la commistione tra fatti ed opinioni, così come più volte abbiamo rinunciato alla prova televisiva per stabilire la verità sul campo dopo errori arbitrali.

Il problema non è solo del calcio, quante narrazioni di attualità sono state stravolte per diffondere un messaggio che spesso, troppo ultimamente, si è dimostrato essere l’opposto delle previsioni e della verità?

Se i media sono in crisi la colpa non è degli analfabeti funzionali forse …

Si può anche come

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