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Editoriali

Evacuati o arresi? La missione di riabilitare Azov e la simbologia nazista è riuscita in Italia

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Un esercito che esce dal luogo asserragliato e finisce nelle mani del nemico, solitamente è considerato “arreso”. Non è accaduto nell’ultima novella occidentale che ha evidenziato la fine dell’operazione del battaglione più discusso quanto amato dai militari ad oggi in quota NATO.

L’operazione finita dovrebbe aver portato a un risultato che ovviamente ci è nascosto se militare, ma quello che emerge invece è che si è riabilitato quello che rappresenta il modello di esercito del futuro.

Secondo alcuni, dalle prime foto circolate sui corridoi umanitari non sono passati inosservati uomini con il berretto e la testa bassa, che non sembrano appartenere ai combattenti ucraini. Altro aspetto da non sottovalutare è l’ultima narrazione a cui abbiamo assistito in occasione della conferenza stampa di “Cyborg”, capo dell’intelligence del battaglione ucraino.

Un “cyborg” dentro Azovstal: la propaganda occidentale elogia Terminator Azov

Salvare Azov per Zelensky non è una buona notizia. Con l’estinzione di Azov sul campo di battaglia, si sarebbe accantonata una pagina colma di tensioni, lasciando una traccia patriottica e pulita degli 8 anni appena trascorsi dalla rivoluzione arancione dove il battaglione ha contribuito a fomentare un conflitto che ha portato 14.000 vittime.

Purtroppo per Zelensky non è stato così. Dopo aver silurato il ministro in quota Azov successivamente al primo a semestre al governo, si è ritrovato due anni più tardi un fronte suprematista e ultranazionalista ucraino che lo ha etichettato di essere addirittura un “filo Putin“.

Che Azov utilizzasse una simbologia nazista è cosa nota, che anche l’esercito ucraino la utilizzasse in altri commandi è cosa altrettanto risaputa. Quello che non torna invece è perchè c’è stato un cambio di narrazione da parte dell’occidente dichiaratosi sempre antifascista e soprattutto contro tutte le memorie distorte e strumentali sulla shoah.

Le ipotesi possono essere sintetizzate in queste brevi riflessioni:

  • Azov è stato armato ed addestrato dall’esercito Nato con maggiore attenzione dagli inglesi
  • Il finanziatore di Azov, diverso dal fondatore, è un cittadino ucraino con passaporto israeliano, così come lo stesso Zelensky è l’unico presidente al mondo al di fuori di Israele ad avere origini simili. Anche il capo dell’intelligence di Azov ha le stesse origini di Zelensky.
  • Il consigliere economico di Zelensky ha smentito alla tv italiana la tesi del battaglione autodidatta, espressa nella conferenza stampa dal capo dell’intelligence Azov, esprimendo un gradimento per la loro preparazione, per il loro addestramento NATO e per il modello da seguire espresso da questi soldati come riferimento dell’esercito del futuro.

L’apologia del nazismo

Il nazismo è un culto che ha una identità ben precisa e più volte si è invitata l’opinione pubblica a riflettere sul tema. “Azov sono suprematisti o ultranazionalisti” e ci starebbe anche se non fosse per l’utilizzo della simbologia in alcuni loro schemi.

A rimarcare la tesi dell’utilizzo di una simbologia cara al terzo Reich, c’è stata una donna ucraina intervistata come esperta nella tv italiana che ha dichiarato “la svastica ha anche un significato buono“. Vero, ma solo se presente nei luoghi di culto e non sulle divise militari.

L’altra faccia più oscura di questa riabilitazione storica è sicuramente rappresentata dalla stampa che, dapprima ha nascosto la storia di Azov, una volta emersa ha provato a sminuirla e poi è passata al contrattacco descrivendo il battaglione come avanzato, solo ultranazionalista, e modello eroico di resistenza.

Come può un battaglione militare essere paragonato alla resistenza che in Italia è stata condotta dai partigiani da una stampa sempre molto attenta nell’evitare una strumentalizzazione su tutto ciò che si riconduce al nazi-fascismo?

Oltre all’intervista analizzata, c’è chi come Gramellini, autore di offese personali a Orsini sul Corriere, ha definito il capo del battaglione Azov come “giusto”, citando un detto ebraico addirittura, perchè si era proposto di consegnarsi al nemico per facilitare i corridoi umanitari dei bambini intrappolati nell’acciaieria. Il tempo ha scoperto un’altra faccia del comandante eroico e lo hanno fatto trasmissioni televisive come Otto e Mezzo e Piazza Pulita che hanno dato spazio a versioni di “ostaggi” del battaglione utilizzati come scudi umani.

La Stampa di Massimo Giannini ha invece cancellato un vecchio articolo dove si raccontavano le malefatte del battaglione Azov ai tempi delle inchieste internazionali sulle loro affiliazioni naziste.

Il Foglio nei giorni precedenti ha dedicato approfondimenti sul nazismo in Ucraina, facendo un lavoro di revisionismo sulle fonti circolate in rete ed in tv grazie alle opinioni espresse dai “filoputin” bullizzati quotidianamente dai giornalisti Capone e Rodriguez con tweets al vetriolo. Dopo la strage di Buffalo è però emerso che il suprematista bianco americano, autore dell’assassinio di 10 persone innocenti, oltre alla nota strage italiana, si è ispirato proprio al battaglione Azov ed alla sua ideologia. Solo FanPage ha riportato questo dettaglio.

Perchè ci piace così tanto il nazismo?

Perchè i nazisti hanno vivono l’ideologia del senso di stato in modo forte e per questo sono disposte ad uccidere. Molto probabilmente sono un modello perfetto di servitori degli eserciti pubblici o privati che nel conflitto ucraino hanno avuto anch’essi una narrazione diversa: per Zelensky erano volontari, per Putin invece mercenari.

Il nazismo ucraino, leggasi nazionalismo, è stato necessario a portare avanti una guerra iniziata nel 2014, con il fine di creare tensioni in quelle zone stabilite dai patti di Minsk mai rispettati e che a distanza di otto anni Macron e Scholz hanno provato a riabilitare per impedire a Putin di non invadere l’Ucraina.

Se la Nato oggi riabilita le azioni di Azov è perchè il battaglione speciale dell’Esercito Ucraino è un modello per il sorgere dell’esercito europeo ipotetico e concreto invece per quello NATO. Dopo aver scoperto i “dittatori utili“, possiamo sostenere che i “nazisti utili” sono stati sdoganati e bisogna fare attenzione che non riprendano potere come accaduto in passato.

La storia si ripete ciclicamente, meglio iniziare a prendere le distanze oggi ed è strano che chi ha costruito carriere sul fascismo ed il nazismo strisciante, ad oggi resta in silenzio o ne è complice.

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Editoriali

Bando ai bloccanti della pubertà in UK: l’Avvenire mente

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Il quotidiano Avvenire dà una notizia sul bando del governo inglese ai bloccanti della pubertà, affermando che questo sia diventato definitivo. Dinanzi a una discussione, che potrebbe includere anche una componente ideologica, la notizia è stata accolta con grande entusiasmo. In particolare, da parte di chi ritiene che questa non sia la cura o il metodo necessario per affrontare la disforia di genere. Allo stesso tempo, però, sorprende che l’Inghilterra, uno dei paesi precursori su questo tema, faccia un passo indietro così significativo.

Dal punto di vista giornalistico, però, emerge la necessità di verificare la fonte istituzionale, che Avvenire non cita: il governo britannico. Consultando questa fonte, si scopre che il governo descrive non un provvedimento definitivo, ma una proposta di cambiamento sulla disponibilità dei farmaci bloccanti della pubertà. Questo aspetto evidenzia una scelta editoriale da parte di Avvenire, che privilegia una narrazione più conveniente rispetto alla reale situazione. Analizzando i due articoli, emerge chiaramente questa distinzione.

Cosa non torna nella narrazione dell’Avvenire?

L’apparente contraddizione tra l’articolo di Avvenire e la fonte ufficiale del governo britannico può essere risolta analizzando attentamente il contenuto di entrambe le fonti.

Avvenire

L’articolo di Avvenire afferma che il governo britannico ha reso definitivo il divieto dei bloccanti della pubertà per i minori, salvo per casi clinici sperimentali. Indica che questa decisione è stata ufficializzata dal Ministro della Sanità e si basa su raccomandazioni della Cass Review e su analisi successive, citando come punto di riferimento una revisione prevista nel 2027.

GOV.UK

La pagina ufficiale del governo britannico, tuttavia, chiarisce che:

  • È in corso una consultazione pubblica per stabilire un divieto permanente.
  • La legislazione attualmente in vigore è un ordine di emergenza temporaneo (iniziato a giugno 2024 e rinnovabile) che limita l’uso dei bloccanti della pubertà per i minori fuori da contesti clinici regolati.
  • Il divieto definitivo è una proposta che sarà valutata dopo il periodo di consultazione (6 settimane di durata).

Analisi

  1. Stato attuale:
    • Attualmente, non esiste ancora un divieto permanente per i bloccanti della pubertà, ma solo una legislazione temporanea attiva dal 3 giugno 2024.
    • La proposta per rendere permanente questa restrizione è ancora in fase di consultazione e non è stata formalmente approvata.
  2. Errore” di Avvenire:
    • L’articolo di Avvenire sembra anticipare una decisione che il governo britannico non ha ancora preso. La consultazione non implica che il divieto permanente sia stato già deciso, ma piuttosto che si sta valutando questa possibilità.
    • La fonte GOV.UK è più precisa. Il piano non è ancora definitivo, bensì in esame.
    • Avvenire ha interpretato la situazione come se il divieto fosse già stato approvato in via permanente, ma ciò non corrisponde ai fatti.

E’ stato approvato o no?

Non è stato approvato un piano definitivo per il divieto dei bloccanti della pubertà. Attualmente, esiste una restrizione temporanea, e la decisione finale dipenderà dagli esiti della consultazione pubblica in corso e la notizia dell’Avvenire non solo non è firmato da un giornalista, ma dalla Redazione “è Vita” che dimostra già l’orientamento politico di chi scrive: peccato, però, che si tratta di una notizia e non di un editoriale.

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Editoriali

Cybersicurezza: perchè c’è clamore sulle parole di Gratteri?

Tempo di lettura: 2 minuti. Nicola Gratteri critica il sistema IT italiano, paragonandolo agli acquedotti con il 45% di dati persi e denuncia uno scenario già noto sulla cybersicurezza

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Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, è intervenuto durante la trasmissione 8 e Mezzo, sollevando importanti riflessioni sullo stato della cybersicurezza italiana. Le sue parole hanno acceso un dibattito cruciale che, però, non dovrebbe essere una novità, considerando che il contesto della cybersecurity e dell’information technology presenta da tempo problematiche ben note.

Gratteri ha evidenziato alcune dinamiche fondamentali: la scarsità di reti di difesa da parte delle pubbliche amministrazioni, inclusa quella della Giustizia; l’inefficacia dell’ACN su determinate linee di attuazione che dovrebbero essere recepite; e, infine, la questione legata all’hardware utilizzato dal governo italiano.

Le criticità dell’hardware e della sicurezza

Secondo Gratteri, gli hardware attualmente acquistati non sono qualitativamente adeguati alle esigenze operative, evidenziando la necessità di rivedere le procedure di acquisizione, anche attraverso un’uscita dal sistema Consip. Gratteri sottolinea che il problema non riguarda solo l’Italia, ma ha una portata mondiale, con falle strutturali nei sistemi hardware che vanno oltre i computer, interessando anche i sistemi di controllo industriale, fondamentali per settori sensibili come l’aeronautica, il militare e il nucleare.

Il rischio maggiore, secondo Gratteri, si concretizza nella possibilità che hardware e software di ultima generazione utilizzati in ambiti governativi, come le auto di Stato assegnate a politici e alte cariche, possano rappresentare un veicolo per la sottrazione di dati sensibili e il trasferimento di informazioni ad apparati di intelligence straniera.

La fibra ottica e le occasioni perse

Gratteri ha anche affrontato la questione della fibra ottica, citando il caso dell’azienda di Benevento che forniva fibra ad altri Paesi, come l’Australia, ma che è stata costretta a chiudere. Questo episodio mette in evidenza la difficoltà dell’Italia nel preservare aziende tecnologiche di valore internazionale, preferendo concentrarsi su altri settori, come il lusso e le materie prime.

L’Italia ha perso importanti opportunità per affermarsi come produttore tecnologico di livello globale, un problema già emerso con la vicenda Olivetti, che continua a rappresentare un caso emblematico della mancanza di visione a lungo termine nel campo della tecnologia.

Una riflessione necessaria

Le parole di Gratteri sulla cybersicurezza portano a riflettere sul fatto che l’Italia dovrebbe valorizzare le sue eccellenze tecnologiche, non solo per esportarle, ma per utilizzarle internamente a beneficio del sistema paese. Preservare il know-how tecnologico e garantire la sicurezza dei dati e delle infrastrutture strategiche dovrebbe essere una priorità nazionale, soprattutto in un momento storico in cui le sfide legate alla cyber sicurezza si fanno sempre più pressanti.

Quello che sorprende però, è il clamore che nasce dalle parole di Gratteri nel settore IT dove esperti e professionisti che da anni lavorano in quel mercato, si sono mostrati sorpresi e preoccupati. Un aspetto grottesco se pensiamo che molti di loro lavorino grazie a Consip, offrendo i servizi della qualità criticata da Gratteri e dovrebbero essere a conoscenza dello stato attuale delle cose.

I rischi paventati dal Magistrato sono noti da tempo, ma perché emergono ora in pompa magna?

Che Gratteri si stia candidando alla guida dell’ACN nel post-Frattasi?

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Editoriali

Emilia-Romagna e Umbria: Matrice Digitale aveva “sentito” il calo della destra

Tempo di lettura: 2 minuti. Elezioni regionali 2024 in Emilia-Romagna e Umbria: successo del centrosinistra e confronto con l’analisi social di ottobre. Risultati e tendenze politiche.

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Le elezioni regionali del 17 e 18 novembre 2024 in Emilia-Romagna e Umbria hanno sancito una netta vittoria del centrosinistra. Il trionfo elettorale si intreccia con le dinamiche del dibattito social analizzate nel mese di ottobre, offrendo uno spaccato interessante sulle capacità di mobilitazione e consenso delle forze politiche.

Risultati elettorali: Emilia-Romagna e Umbria

In Emilia-Romagna, il centrosinistra guidato da Michele de Pascale ha ottenuto una vittoria schiacciante, superando Elena Ugolini del centrodestra con il 56,77% dei voti contro il 40,07%. Questo successo conferma la centralità del Partito Democratico, che ha raccolto il 42,94% dei voti, molto più del 23,74% di Fratelli d’Italia che assorbe le quote che furono della Lega.

In Umbria, Stefania Proietti, espressione del centrosinistra, ha sconfitto la governatrice uscente Donatella Tesei con il 51,13% dei voti contro il 46,17%. Questo risultato è particolarmente significativo in una regione storicamente oscillante, indicando un recupero elettorale per il Partito Democratico rispetto alla crescente influenza del centrodestra nelle ultime tornate elettorali.

L’affluenza, però, è stata molto bassa: in Emilia-Romagna solo il 46,42% degli aventi diritto si è recato alle urne, un calo del 21% rispetto al 2019. Anche in Umbria il dato è sceso al 52,3%, rispetto al 64,69% delle precedenti elezioni regionali. Sebbene l’astensionismo sia stato alto, il successo del centro sinistra in realtà denota l’assenza di slancio della destra e la sua capacità di portare la gente al voto sia per confermare sia per mandare a casa il nemico politico.

Dati social di ottobre: il Metaverso Politico

L’analisi social di ottobre condotta da Matrice Digitale, intitolata “Meloni regge nonostante le contestazioni” mostra come il dibattito politico su X (ex Twitter) abbia anticipato alcuni trend elettorali. Giorgia Meloni ha dominato in termini di interazioni, totalizzando 341.835 like, seguita da Matteo Salvini con 162.149 e Giuseppe Conte con 65.149. Elly Schlein, pur con numeri più bassi (25.518 like), ha ottenuto un engagement di qualità, riflettendo il suo potenziale di crescita tra gli elettori giovani e progressisti.

Gli hashtag di protesta, come #MeloniBugiarda e #GovernoDellaVergogna, hanno evidenziato una crescente polarizzazione nei confronti del governo, ma senza intaccare significativamente la base di sostenitori del centrodestra. Il campo social del centrosinistra, invece, ha mostrato segnali di coesione, che si sono concretizzati nei risultati elettorali.

Confronto tra elezioni e dati social

Il successo del centrosinistra in Emilia-Romagna e Umbria riflette l’efficacia di una strategia politica in grado di unire forze diverse, come Partito Democratico, Azione e Movimento 5 Stelle, nonché la capacità di rispondere alle critiche online con una narrazione coerente. Fratelli d’Italia, pur mantenendo una posizione dominante all’interno del centrodestra, ha registrato un calo rispetto alle elezioni politiche ed europee, evidenziando difficoltà nel consolidare il consenso locale.

I dati social di ottobre avevano previsto una competizione serrata per una destra abituata a vincere, ma i risultati elettorali hanno premiato l’unità del centrosinistra, sottolineando il ruolo cruciale delle coalizioni larghe e delle campagne mirate.

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