Connect with us

Editoriali

Hai voglia a mettere il rum, Kamala non è diventata babà

La sintesi delle Elezioni USA 2024 passa da un antico detto napoletano: Kamala è stata una candidata scarsa e nemmeno i complotti delle Big Tech sono stati forieri della sua vittoria.

Published

on

Donald Trump ha vinto la corsa alla presidenza degli Stati Uniti d’America, e Matrice Digitale ha dato una dimostrazione importante dell’onestà intellettuale che pretendiamo noi stessi dalle nostre linee guida. Abbiamo pubblicato una ricerca che metteva in dubbio la nostra preferenza ideologica e non abbiamo esitato nell’esporre dati non favorevoli nei confronti di Donald Trump, nonostante avessimo analizzato gli errori di valutazione che non davano la vittoria schiacciante.

Un modo che possiamo utilizzare come sintesi di quest’ultima campagna elettorale è un antico quanto meraviglioso detto napoletano che descrive appieno Kamala Harris: “hai voglia a mettere il rum, uno strunz non diventerà mai un babà”. Tradotto in sintesi vuol dire che non importa quanto supporto si possa fornire a qualcosa di insipido e sgradito, esso non si trasformerà in qualcosa di desiderabile e perfetto; il “rum” in questa metafora è stato rappresentato innanzitutto dal supporto di Barack e Michelle Obama che, nonostante il loro appoggio, non hanno ottenuto i risultati sperati per Harris che ha perso i voti di arabi e delle stesse minoranze afroamericane deluse dalle bugie elettorali sulle origini della candidata DEM.

Il Rhum è stata anche la grande stampa americana, mostratasi con una certa diffidenza verso l’uomo più odiato dai Dem e dai Repubblicani di ferro, che ha tentato di mantenere un’aura di autorità pur essendo ideologicamente schierata: compresa quella estera che ha provato nella maggior parte dei casi ad invogliare i residenti al di fuori degli Stati Uniti con narrazioni che non hanno trovato riscontri ed oggi si tramutano in accuse di presunti brogli elettorali, un tema spesso sollevato negli ultimi anni dai Trumpiani successivamente l’assalto di Capitol Hill ed oggi viene riproposto dagli stessi che li apostrofavano come “rozzi”, “complottisti” e “fascisti”.

Che la situazione fosse poco favorevole per Kamala, lo abbiamo capito dalla posizione di Jeff Bezos che ha inviato un segnale importante al nemico Musk, sceso direttamente in campo come finanziatore di Trump, scegliendo di non schierare il Washington Post come storicamente avviene in favore dei Dem, rinunciando così agli abbonamenti di 200.000 elettori indignati per non aver trovato nello storico giornale una posizione politica in linea con la loro, relegando uno dei migliori media americani ed il giornalismo in generale ad un organo di partito. La mossa è stata quella di non compromettere i contratti governativi in essere, e quelli futuri, sotto l’eventuale l’amministrazione Trump che è arrivata ed è stata quindi una scelta lungimirante.

Mark Zuckerberg non solo ha ammesso di aver censurato per conto dei Dem notizie vere come la storia del Laptop di Hunter Biden, quella degli scienziati che con il senno di poi hanno avuto ragione sul Covid e gli analisti non proprio in linea con l’atlantismo ucraino, ma ha anche evitato ingerenze sulle elezioni con attività filantropiche come quella avviata in occasione delle precedenti nelle quali si spendeva nell’insegnare agli americani come votare con diverse centinaia di milioni stanziati in favore della OnLus della moglie.

Un’altra indicazione che la situazione per i Democratici non sarebbe stata favorevole, è stato l’incessante utilizzo di Barack e Michelle Obama nel pubblicare video appelli su X fino alla chiusura dei giochi, dove hanno sostenuto apertamente la campagna elettorale di Kamala Harris. Questo potrebbe aver influenzato l’elettorato in modo negativo, facendolo desistere dal voto visto che i nostalgici di Obama oramai sono solo in Occidente.

Il riferimento al “rum su un pezzo di str*nz” simboleggia soprattutto il fallimento nel settore tecnologico surclassato da Musk che ha messo pubblicamente la faccia, mettendo al riparo da future ripicche nei contratti governativi gli impauriti Zuckerberg e Jeff Bezos. Abbiamo dimenticato quella che oramai resta la più grande e sgradevole realtà dell’ecosistema informativo in rete dominato da Google: il grande burattinaio, che ha subito una grande sconfitta nonostante ripetuti tentativi istituzionali di deindicizzare le fake news o relegare notizie vere in un oblio anticipato. Nonostante tutti questi esperimenti messi in campo, compreso quello del ricatto costante ai media che non seguono peredissequamente la linea editoriale tracciata da Big G, la situazione non ha visto miglioramenti, anzi, ha distrutto ancora una volta la fiducia degli utenti della rete nei confronti dei media, dei giornalisti e delle grandi piattaforme. Questo ha confermato che Donald Trump avrà due strade: prendere controllo del sistema oppure cambiare realmente il concetto di libertà di espressione e di stampa che tanto fa paura ai potenti. Lui e Musk compresi, sia chiaro.