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Editoriali

Perchè il Governo “amico delle banche” tassa le criptovalute?

Il Governo italiano decide di tassare le criptovalute: un disegno già scritto vista la referenza che Meloni e Soci hanno verso le banche

Il governo italiano ha appena approvato la manovra economica finanziaria che ha prelevato 3,5 miliardi di euro alle banche italiane, che sono tra le più solide in Europa. Questo ha portato il governo, definito “amico delle banche”, a trovare rimedio a questa grossa “perdita” finanziaria, e lo strumento individuato è stato sicuramente quello di scoraggiare gli investitori delle criptovalute.

La proposta, che ancora non è nero su bianco, è quella di aumentare le tasse dal 26% al 42% sugli asset Bitcoin, e si pensa anche, di conseguenza, a tutto il resto delle criptovalute. Questa situazione ha visto anche il viceministro Maurizio Leo anticipare l’iniziativa.

Perché succede tutto ciò?

Semplicemente perché il governo italiano, scoraggiando gli investimenti sulle piattaforme cripto, allo stesso tempo vuole favorire il sistema bancario, al quale ha sottratto 3,5 miliardi di euro. Sono pochi soldi secondo molti, ma in realtà il sistema bancario funziona sui millesimi—per non esagerare diciamo sui centesimi—e più centesimi perde in termini di liquidità, ovviamente è costretto a correre ai ripari per non far saltare i conti o, nel migliore dei casi, i profitti. E i profitti ne sono stati tanti per le banche italiane, che sono anche tra le più ambite in Europa.

Per quanto concerne invece la questione delle criptovalute, perché questa iniziativa tende in realtà a tutelare le banche? Con un aumento delle tasse al 42%, ci troveremo fondamentalmente di fronte a una poca convenienza nel fare profitti da parte di coloro che di profitti ne hanno fatti o continuano a farne con i Bitcoin. È inutile parlare di ipotesi su come sarà o meno il provvedimento. La verità però su cui bisogna fare una seria riflessione è proprio quella del rapporto tra sistema bancario e Bitcoin.

Matrice Digitale, quando è stato approvato l’ETF del Bitcoin, ha calmato tutti gli animi, facendo un’analisi di quella che poi è diventata una profezia. Nato come criptovaluta di indipendenza economica e finanziaria, decentralizzata dal sistema ordinario delle valute e creditizio e bancario, il Bitcoin con l’approvazione dell’ETF in realtà è diventato uno strumento proprio delle banche. E quindi le banche, ad oggi, fornendo lo stesso prodotto di piattaforme come Binance, Coinbase e le tante altre che si sono proliferate negli ultimi dieci anni, vogliono essenzialmente ammazzare il mercato, agendo come un vero e proprio cartello che sappiamo esistere non solo in Italia ma in tutto il globo.

Questo aspetto fa sì fondamentalmente che il Bitcoin sia uno strumento di rafforzamento. È uno strumento che viene utilizzato solo ed esclusivamente sotto forma di ETF secondo le banche, le quali calcolerebbero eventuali rendite finanziarie che verrebbero tassate non al 42%, bensì al 26%, come vuole la normativa attuale vigente rendendosi più convenienti delle piattaforme che da anni promuovono lo scambio di criptovalute.

E qui si apre anche un altro capitolo, che riguarda il deposito somme.

Il deposito somme, che è un’iniziativa che le piattaforme di cripto fanno da anni attraverso le stablecoin, offre un valore che oscilla dal 3% a salire mediamente all’anno. Sono soldi ovviamente lordi che andrebbero tassati al 26%, ed oggi proprio gli istituti di credito, per far fronte a questa concorrenza, stanno sempre più spingendo per il deposito somme. È un aspetto che si può fare anche sui conti correnti con tassi di interesse che oscillano dal 3 al 4% l’anno. In molti casi è possibile anche effettuare dei depositi in tempi minori rispetto ai sei mesi, o addirittura c’è chi li propone semplicemente con cadenza mensile.

Questo aspetto non deve essere nemmeno trascurato proprio per il fatto che le banche hanno capito che sono poco convenienti per attirare gli investimenti, e sicuramente sono tante le persone che hanno ricevuto tantissime delusioni dal punto di vista dei profitti, andando addirittura a perdere con le criptovalute, e si sono trovate quindi in una situazione nella quale hanno maturato la convinzione che sarebbe meglio avere dei soldi fermi che maturano degli interessi.

Sulla base di ciò, ci sono due aspetti da comprendere. Il primo è che il sistema bancario difficilmente può essere scardinato nell’Occidente, ma in altri paesi sappiamo anche che non è così libertino verso strumenti alternativi: vedi i casi della Cina, dove addirittura attività come il mining di Bitcoin sono state vietate. E allo stesso tempo apre anche un altro fattore, cioè quello che Matrice Digitale prova a fare da tempo nei confronti dei suoi lettori, e cioè che il Bitcoin non può essere considerato come alternativa, non più, non lo è mai stato, e le alternative sono altre. Poi piano piano queste alternative verranno bandite.

Non è un caso appunto che piattaforme anonime, realmente anonime, come Monero e Zcash siano in realtà sempre attenzionate nella lotta alla criminalità organizzata a livello internazionale, perché accusate di essere diventate un mero strumento di riciclaggio del denaro. D’altro canto, invece, c’è la possibilità anche dei depositi monetari, come per esempio l’ultima normativa MiCA, che attraverso le stablecoin ancorate al dollaro ha già fatto fuori per il momento, per i cittadini del continente europeo, l’USDT Tether, relegando gli investitori a ripiegare sulla USDC, mentre si aspettano banconote stablecoin ancorate all’euro e magari qualcuna ancorata all’oro, come si sussurra da tempo.

L’Europa in realtà sta facendo in modo che gli strumenti finanziari siano fondamentalmente competitivi con quelli delle piattaforme che in questi anni hanno avuto la garanzia proprio dei depositi per poter giocare dall’altra parte con delle criptovalute, con un rischio eccessivo proprio per la forte oscillazione che queste hanno. Discorso diverso per il Bitcoin, che non si pensa sia forse l’unica ad essere tassata, ma questo ovviamente è un discorso che vedremo solo ed esclusivamente quando entrerà in vigore l’eventuale normativa, oltre ai vari controsensi.

Perché gli indizi che ci portano appunto alla volontà delle banche nel tassare le criptovalute, in modo tale da attirare gli investimenti, sono proprio il fatto che le banche stesse, a distanza di anni, hanno capito e compreso che la concorrenza del mercato era molto più vantaggiosa. E quindi oggi, come sono solite fare da secoli, muovendosi e creando cartello, riescono a imporre ancora di più in nel vecchio continente, nella famosa Europa della Banca Centrale Europea e della sovranità economico-finanziaria dettata da istituti di credito pubblici ma anche privati, riescono appunto a imporre la chiusura del mercato, portando quanto di positivo c’è da parte dei competitor scomodi all’interno delle proprie offerte commerciali.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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