Editoriali
Se vi dicessi che nei riguardi di Orsini è in essere uno stupro di gruppo?
Alessandro Orsini continua ad essere presente nelle tv incassando pareri feroci di una critica composta da detrattori per lo più elitari. Quello che non torna sul professore è perché e come mai si trovi in tv nonostante le pressioni, diverse, di relegarlo in un angolo.
Sembrerebbe non bastare la classica motivazione messa in ballo da Floris, l’audience, e nemmeno il fatto che Orsini possibilmente sia raccomandato dai Servizi e dal Papa, aggiungiamo noi. Orsini è ospite perché da l’impressione di aver portato avanti tesi solide seppur contrastanti rispetto alla massa di opinionisti che da mesi esprimono la stessa opinione su Putin, la guerra e la NATO.
Non è un caso che Lucio Caracciolo condivide con il professore della Luiss un percorso simile di tesi e analisi “alternative” ed in comune hanno condiviso insieme feroci accuse dagli esponenti del giornalismo italiano a stelle e strisce.
Chi però ha teso più di un assalto ad Orsini è stata Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto Affari Internazionali e membro del consiglio di amministrazione dell’ENI, pagato 180 mila lordi l’anno grazie alla segnalazione del PD nella lista del Ministero dell’Economia.
La Tocci è la prima che ha lanciato l’accusa al professore di non aver esperienza in campo ucraino, ma dando un’occhiata al suo curriculum, imponente giusto precisarlo, mancano riferimenti all’Ucraina e lei presenzia le trasmissioni televisive dispensando opinioni sul conflitto.
Il personaggio più in difficoltà in questo momento è Massimo Giannini. Il suo giornalista Gianni Riotta ha attaccato Lucio Caracciolo per essere un filoputin, difeso addirittura da Enrico Letta, e lui è andato in tv a sostenere di essere libero dopo aver fatto scrivere al napoletano un editoriale. Sempre Giannini, invece, ha portato avanti gli attacchi a Orsini caldeggiando la strategia della Tocci e montando anch’egli il caso sul fatto che non abbia titoli con i suoi giornalisti di assalto, andati in giro a chiedere del passato del professore della Luiss.
Dopo giorni, mesi, di aggressioni, Orsini ha scritto una lettera a Giannini chiedendo in poche parole:
Se io non ho i titoli, tu a che titolo parli?
In effetti, il direttore della Stampa va spesso in tv a parlare di Ucraina e di conflitto e questo lascia intendere che anche lui abbia i titoli per parlare di Ucraina e invece non ne ha. Sempre il quotidiano La Stampa ha ospitato alcuni pareri di professori universitari che hanno dato addosso a Orsini per la sua “scarsa” storia curriculare.
Una voce, questa, che ha preso piede nell’universo reale e quello social ed è stata utilizzata per colpire personalmente l’autorevolezza del professore universitario con post sui social ancora più violenti.
“Non sta bene”
“E’ un mitomane”
“Non vale niente”
Questa è la sintesi dei suoi detrattori che non sono utenti qualunque, ma giornalisti, conduttori e accademici trasformati improvvisamente in haters. Orsini è diventato quello che in gergo possiamo definire “il soggetto” da bullizzare, quello da circoscrivere per escluderlo non dalla classe, bensì dall’istituto.
Cosa ancora più grave è che l’attività de La Stampa ha volutamente tralasciato un caso risalente al 2010 circa, quando Orsini ha denunciato anomalie nel sistema universitario italiano delle cattedre di sociologia e questo accende un riflettore sul perché ci siano molti docenti, anche qualificati, a disprezzare Orsini.
Questa forma di “odio” deriva dal fatto che Orsini sia un “infame” perché ha diffamato i suoi colleghi oppure perché il sistema che ha denunciato è esso stesso infame?
A detta di Orsini, che cita la magistratura, sembrerebbe che il docente della Luiss abbia avuto ragione perché dalle sue denunce sono seguite delle azioni di invalidamento di alcuni concorsi universitari.
Nonostante queste ultime indiscrezioni, di cui oramai tutti sanno, continuano le polemiche sterili verso Orsini, che ha ribadito il suo concetto storico su “Hitler e sulla sua non volontà di scatenare una guerra mondiale“, che da sempre ha una narrazione storica più solida rispetto alle presunte origini ebraiche dello stesso dittatore tedesco proposta da Lavrov.
Il fatto che una persona si esponga in pubblico con delle tesi motivate da un approccio scientifico, non vuol dire autorizzare gli altri a delegittimarlo su un piano diverso da quello contenutistico e non personalistico, soprattutto quando si tratta di professionisti.
Adesso veniamo all’analogia dello stupro di gruppo proposta nell’articolo: Orsini viene diffamato ripetutamente per le sue idee, espresse da altri trattati con meno livore, viene tacciato di essere un cattivo professore universitario da professori che egli stesso ha denunciato per “anomalie“, avendo addirittura ragione per conto della magistratura, e chi fino a ieri non sapeva di questa storia, o faceva finta di non conoscere, adesso che è nota dovrebbe arretrare.
Come per ogni stupro di gruppo che si rispetti, la gente si gira dall’altra parte. Anzi, molte volte la colpa è della stessa vittima perché “ha provocato” o “è stata al gioco“.
Orsini ha provocato per le idee simili a quelle di Caracciolo o di Macron oppure perchè è stato al gioco dei media ed ha espresso pareri sull’antinazionalismo di Draghi e su eventuali strategie sbagliate della NATO?
Analogie retrograde che forniscono un’idea della dimensione del livello di democrazia in Italia e fortuna che Orsini ha vinto un concorso, altrimenti sarebbe stato disintegrato dalla scena politica e sociale del nostro paese democratico, ad oggi in guerra.
Fonti:
Editoriali
Bando ai bloccanti della pubertà in UK: l’Avvenire mente
Il quotidiano Avvenire dà una notizia sul bando del governo inglese ai bloccanti della pubertà, affermando che questo sia diventato definitivo. Dinanzi a una discussione, che potrebbe includere anche una componente ideologica, la notizia è stata accolta con grande entusiasmo. In particolare, da parte di chi ritiene che questa non sia la cura o il metodo necessario per affrontare la disforia di genere. Allo stesso tempo, però, sorprende che l’Inghilterra, uno dei paesi precursori su questo tema, faccia un passo indietro così significativo.
Dal punto di vista giornalistico, però, emerge la necessità di verificare la fonte istituzionale, che Avvenire non cita: il governo britannico. Consultando questa fonte, si scopre che il governo descrive non un provvedimento definitivo, ma una proposta di cambiamento sulla disponibilità dei farmaci bloccanti della pubertà. Questo aspetto evidenzia una scelta editoriale da parte di Avvenire, che privilegia una narrazione più conveniente rispetto alla reale situazione. Analizzando i due articoli, emerge chiaramente questa distinzione.
Cosa non torna nella narrazione dell’Avvenire?
L’apparente contraddizione tra l’articolo di Avvenire e la fonte ufficiale del governo britannico può essere risolta analizzando attentamente il contenuto di entrambe le fonti.
Avvenire
L’articolo di Avvenire afferma che il governo britannico ha reso definitivo il divieto dei bloccanti della pubertà per i minori, salvo per casi clinici sperimentali. Indica che questa decisione è stata ufficializzata dal Ministro della Sanità e si basa su raccomandazioni della Cass Review e su analisi successive, citando come punto di riferimento una revisione prevista nel 2027.
GOV.UK
La pagina ufficiale del governo britannico, tuttavia, chiarisce che:
- È in corso una consultazione pubblica per stabilire un divieto permanente.
- La legislazione attualmente in vigore è un ordine di emergenza temporaneo (iniziato a giugno 2024 e rinnovabile) che limita l’uso dei bloccanti della pubertà per i minori fuori da contesti clinici regolati.
- Il divieto definitivo è una proposta che sarà valutata dopo il periodo di consultazione (6 settimane di durata).
Analisi
- Stato attuale:
- Attualmente, non esiste ancora un divieto permanente per i bloccanti della pubertà, ma solo una legislazione temporanea attiva dal 3 giugno 2024.
- La proposta per rendere permanente questa restrizione è ancora in fase di consultazione e non è stata formalmente approvata.
- “Errore” di Avvenire:
- L’articolo di Avvenire sembra anticipare una decisione che il governo britannico non ha ancora preso. La consultazione non implica che il divieto permanente sia stato già deciso, ma piuttosto che si sta valutando questa possibilità.
- La fonte GOV.UK è più precisa. Il piano non è ancora definitivo, bensì in esame.
- Avvenire ha interpretato la situazione come se il divieto fosse già stato approvato in via permanente, ma ciò non corrisponde ai fatti.
E’ stato approvato o no?
Non è stato approvato un piano definitivo per il divieto dei bloccanti della pubertà. Attualmente, esiste una restrizione temporanea, e la decisione finale dipenderà dagli esiti della consultazione pubblica in corso e la notizia dell’Avvenire non solo non è firmato da un giornalista, ma dalla Redazione “è Vita” che dimostra già l’orientamento politico di chi scrive: peccato, però, che si tratta di una notizia e non di un editoriale.
Editoriali
Cybersicurezza: perchè c’è clamore sulle parole di Gratteri?
Tempo di lettura: 2 minuti. Nicola Gratteri critica il sistema IT italiano, paragonandolo agli acquedotti con il 45% di dati persi e denuncia uno scenario già noto sulla cybersicurezza
Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, è intervenuto durante la trasmissione 8 e Mezzo, sollevando importanti riflessioni sullo stato della cybersicurezza italiana. Le sue parole hanno acceso un dibattito cruciale che, però, non dovrebbe essere una novità, considerando che il contesto della cybersecurity e dell’information technology presenta da tempo problematiche ben note.
Gratteri ha evidenziato alcune dinamiche fondamentali: la scarsità di reti di difesa da parte delle pubbliche amministrazioni, inclusa quella della Giustizia; l’inefficacia dell’ACN su determinate linee di attuazione che dovrebbero essere recepite; e, infine, la questione legata all’hardware utilizzato dal governo italiano.
Le criticità dell’hardware e della sicurezza
Secondo Gratteri, gli hardware attualmente acquistati non sono qualitativamente adeguati alle esigenze operative, evidenziando la necessità di rivedere le procedure di acquisizione, anche attraverso un’uscita dal sistema Consip. Gratteri sottolinea che il problema non riguarda solo l’Italia, ma ha una portata mondiale, con falle strutturali nei sistemi hardware che vanno oltre i computer, interessando anche i sistemi di controllo industriale, fondamentali per settori sensibili come l’aeronautica, il militare e il nucleare.
Il rischio maggiore, secondo Gratteri, si concretizza nella possibilità che hardware e software di ultima generazione utilizzati in ambiti governativi, come le auto di Stato assegnate a politici e alte cariche, possano rappresentare un veicolo per la sottrazione di dati sensibili e il trasferimento di informazioni ad apparati di intelligence straniera.
La fibra ottica e le occasioni perse
Gratteri ha anche affrontato la questione della fibra ottica, citando il caso dell’azienda di Benevento che forniva fibra ad altri Paesi, come l’Australia, ma che è stata costretta a chiudere. Questo episodio mette in evidenza la difficoltà dell’Italia nel preservare aziende tecnologiche di valore internazionale, preferendo concentrarsi su altri settori, come il lusso e le materie prime.
L’Italia ha perso importanti opportunità per affermarsi come produttore tecnologico di livello globale, un problema già emerso con la vicenda Olivetti, che continua a rappresentare un caso emblematico della mancanza di visione a lungo termine nel campo della tecnologia.
Una riflessione necessaria
Le parole di Gratteri sulla cybersicurezza portano a riflettere sul fatto che l’Italia dovrebbe valorizzare le sue eccellenze tecnologiche, non solo per esportarle, ma per utilizzarle internamente a beneficio del sistema paese. Preservare il know-how tecnologico e garantire la sicurezza dei dati e delle infrastrutture strategiche dovrebbe essere una priorità nazionale, soprattutto in un momento storico in cui le sfide legate alla cyber sicurezza si fanno sempre più pressanti.
Quello che sorprende però, è il clamore che nasce dalle parole di Gratteri nel settore IT dove esperti e professionisti che da anni lavorano in quel mercato, si sono mostrati sorpresi e preoccupati. Un aspetto grottesco se pensiamo che molti di loro lavorino grazie a Consip, offrendo i servizi della qualità criticata da Gratteri e dovrebbero essere a conoscenza dello stato attuale delle cose.
I rischi paventati dal Magistrato sono noti da tempo, ma perché emergono ora in pompa magna?
Che Gratteri si stia candidando alla guida dell’ACN nel post-Frattasi?
Editoriali
Emilia-Romagna e Umbria: Matrice Digitale aveva “sentito” il calo della destra
Tempo di lettura: 2 minuti. Elezioni regionali 2024 in Emilia-Romagna e Umbria: successo del centrosinistra e confronto con l’analisi social di ottobre. Risultati e tendenze politiche.
Le elezioni regionali del 17 e 18 novembre 2024 in Emilia-Romagna e Umbria hanno sancito una netta vittoria del centrosinistra. Il trionfo elettorale si intreccia con le dinamiche del dibattito social analizzate nel mese di ottobre, offrendo uno spaccato interessante sulle capacità di mobilitazione e consenso delle forze politiche.
Risultati elettorali: Emilia-Romagna e Umbria
In Emilia-Romagna, il centrosinistra guidato da Michele de Pascale ha ottenuto una vittoria schiacciante, superando Elena Ugolini del centrodestra con il 56,77% dei voti contro il 40,07%. Questo successo conferma la centralità del Partito Democratico, che ha raccolto il 42,94% dei voti, molto più del 23,74% di Fratelli d’Italia che assorbe le quote che furono della Lega.
In Umbria, Stefania Proietti, espressione del centrosinistra, ha sconfitto la governatrice uscente Donatella Tesei con il 51,13% dei voti contro il 46,17%. Questo risultato è particolarmente significativo in una regione storicamente oscillante, indicando un recupero elettorale per il Partito Democratico rispetto alla crescente influenza del centrodestra nelle ultime tornate elettorali.
L’affluenza, però, è stata molto bassa: in Emilia-Romagna solo il 46,42% degli aventi diritto si è recato alle urne, un calo del 21% rispetto al 2019. Anche in Umbria il dato è sceso al 52,3%, rispetto al 64,69% delle precedenti elezioni regionali. Sebbene l’astensionismo sia stato alto, il successo del centro sinistra in realtà denota l’assenza di slancio della destra e la sua capacità di portare la gente al voto sia per confermare sia per mandare a casa il nemico politico.
Dati social di ottobre: il Metaverso Politico
L’analisi social di ottobre condotta da Matrice Digitale, intitolata “Meloni regge nonostante le contestazioni” mostra come il dibattito politico su X (ex Twitter) abbia anticipato alcuni trend elettorali. Giorgia Meloni ha dominato in termini di interazioni, totalizzando 341.835 like, seguita da Matteo Salvini con 162.149 e Giuseppe Conte con 65.149. Elly Schlein, pur con numeri più bassi (25.518 like), ha ottenuto un engagement di qualità, riflettendo il suo potenziale di crescita tra gli elettori giovani e progressisti.
Gli hashtag di protesta, come #MeloniBugiarda e #GovernoDellaVergogna, hanno evidenziato una crescente polarizzazione nei confronti del governo, ma senza intaccare significativamente la base di sostenitori del centrodestra. Il campo social del centrosinistra, invece, ha mostrato segnali di coesione, che si sono concretizzati nei risultati elettorali.
Confronto tra elezioni e dati social
Il successo del centrosinistra in Emilia-Romagna e Umbria riflette l’efficacia di una strategia politica in grado di unire forze diverse, come Partito Democratico, Azione e Movimento 5 Stelle, nonché la capacità di rispondere alle critiche online con una narrazione coerente. Fratelli d’Italia, pur mantenendo una posizione dominante all’interno del centrodestra, ha registrato un calo rispetto alle elezioni politiche ed europee, evidenziando difficoltà nel consolidare il consenso locale.
I dati social di ottobre avevano previsto una competizione serrata per una destra abituata a vincere, ma i risultati elettorali hanno premiato l’unità del centrosinistra, sottolineando il ruolo cruciale delle coalizioni larghe e delle campagne mirate.
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