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Inchieste

Lazarus: Dark Seoul, Ratankba e KillDisk. Le armi cibernetiche della Corea del Nord

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La guerra cibernetica in Nord Corea ha una tradizione consolidata sin dagli anni 2000 ed ha la stessa preparazione di quella militare sul campo. Abbiamo affrontato la storia dell’APT governativo più noto al mondo, denominato Lazarus, la cui storia è troppo articolata per essere affrontata in un unico articolo. Per questo motivo che, dopo aver analizzato il settennato 2007-2014, ci dedichiamo ad osservare il biennio 2015-2017.

Nel giugno 2015 WildFire ha scoperto una campagna di spionaggio informatico ritenuta “inattiva” dal giugno 2013. Gli strumenti e le tattiche scoperti, sebbene non identici alla precedente campagna di Dark Seoul, hanno mostrato somiglianze nelle loro funzioni, struttura e strumenti.

Nel marzo 2013, la Corea del Sud ha subito un grave attacco informatico, che ha colpito decine di migliaia di sistemi informatici nei settori finanziario e radiotelevisivo, soprannominato “Dark Seoul“, messo in piedi per “devastare” i sistemi operativi colpiti, pulendo i loro dischi rigidi e dopo aver cercato informazioni militari.

Si pensava che l’attacco fosse attribuito alla Corea del Nord, tramite un IP cinese trovato durante l’attacco, ma da allora non sono state prodotte altre prove evidenti del coinvolgimento della Corea del Nord. Nel giugno 2013, McAfee ha pubblicato un rapporto che descriveva in dettaglio la cronologia e le diverse declinazioni della campagna di Dark Seoul, ribattezzatandola “Operazione Troy“. Il rapporto ha analizzato una presunta campagna di attacco, iniziata nel 2009 utilizzando una famiglia di strumenti soprannominata “Troy“. McAfee ha inoltre attribuito due gruppi alla campagna: il NewRomanic Cyber Army Team e The Whois Hacking Team; entrambi i gruppi ritenuti sponsorizzati dallo stato.

Dark Seoul/Operazione Troia sono la stessa cosa?

Utilizzando la piattaforma di intelligence AutoFocus sviluppata da Palo Alto Networks, sono stati identificati diversi campioni di codice dannoso con un comportamento simile alla suddetta campagna Operazione Troy risalente a giugno 2015, oltre due anni dopo gli attacchi originali in Corea del Sud. I dati della sessione hanno rivelato un attacco in tempo reale mirato al settore dei trasporti e della logistica in Europa. L’attacco iniziale è stato probabilmente un’e-mail di spear-phishing, che sfruttava una versione trojanizzata di un eseguibile di installazione software ospitato da un’azienda del settore dei sistemi di controllo industriale. L’eseguibile modificato installava senza problemi il software del lettore video originale, ma allo stesso tempo infettava anche il sistema. Sulla base di un’analisi approfondita del comportamento del Trojan, del codice binario e di precedenti rapporti di attacchi simili, si è arrivati alla conclusione che gli strumenti erano gli stessi utilizzati negli attacchi Dark Seoul/Operazione Troy e l’attenzione è ricaduta sul gruppo Lazarus.

Il codice dannoso è stato recapitato tramite i seguenti due nomi eseguibili, impacchettati insieme in un file di archivio zip:

Player_full.exe

Player_light.exe

Entrambi gli eseguibili si presentavano come programmi di installazione offerti da una società specializzata in sistemi di controllo industriale, fornendo software di riproduzione video per soluzioni di telecamere di sicurezza. Quando uno dei campioni è stato eseguito, il malware si è insediato e successivamente ha eseguito il video player vero e proprio da cui si è camuffato.

La nuova variante del malware, definita TDrop2, procede alla selezione di un eseguibile di Microsoft Windows nella cartella system32, eseguendolo, e poi utilizza il processo dell’eseguibile legittimo come contenitore per il codice dannoso: una tecnica nota come process hollowing. Una volta eseguito con successo, il processo corrispondente tenta di recuperare quanto utile nella seconda fase, che consiste nel tentare di offuscare la sua

attività recuperando un payload apparentemente nascosto dietro un file immagine, ma che nella sostanza è un eseguibile malevolo. Il server C2 sostituisce i primi due byte, che normalmente sono ‘MZ‘, con i caratteri ‘DW‘, che possono consentire a questa attività C2 di eludere soluzioni rudimentali di sicurezza della rete e quindi aumentare la percentuale di successo del recupero.

Una volta scaricato, il dropper sosrispostatituiva i due byte iniziali prima di eseguirlo. Questa seconda fase del payload eseguiva ancora una volta il process hollowing su un eseguibile Windows selezionato casualmente che si trova nella cartella system32. Il flusso di lavoro complessivo di questo malware è stato riassunto dagli specialisti in questo modo:

  • Il payload finale fornisce agli aggressori le seguenti funzionalità:
  • Descrizione del comando
  • 1001 Modifica URL C2
  • 1003 Scarica
  • 1013 Scarica/esegui malware in un altro processo
  • 1018 Modifica tempo intervallo di attesa
  • 1025 Scarica/esegui e restituisce la risposta
  • Predefinito Esegui il comando e restituisce i risultati

Questi comandi venivano crittografati/codificati una volta che erano trasferiti sulla rete

Blockbuster: il ritorno

L’Unit42 della Palo Alto Networks ha identificato un malware con timestamp di compilazione e distribuzione che hanno codice, infrastruttura e temi che si sovrappongono alle minacce descritte in precedenza come Operazione Blockbuster, affibbiata a Lazarus e legata all’attacco del 2014 in danno della Sony Pictures Entertainment ed agli attacchi di DarkSeoul del 2013.

L’attività, identificata nel marzo 2017, prendeva di mira di lingua coreana, mentre gli attori delle minacce dietro l’attacco sembravano essere sia coreano che inglese. In questo caso sono stati identificati due file di documenti Word dannosi grazie allo strumento di “intelligence” sulle minacce AutoFocus. Non potendo essere certi di come i documenti siano stati inviati agli obiettivi, è molto probabile che l’infezione sia stata sfruttata spedendo le e-mail di phishing. Uno dei file dannosi è stato inviato a VirusTotal il 6 marzo 2017 con il nome del file 한싹시스템.doc”. Una volta aperti, entrambi i file mostravano lo stesso documento esca in lingua coreana che sembrava essere un file, considerato sicuro, che si trovava online su “www.kuipernet.co.kr/sub/kuipernet-setup.docx“.

Il file, sembrava essere un modulo di richiesta utilizzato dall’organizzazione detentrice del dominio internet. I documenti esca vengono utilizzati dagli aggressori che traggono le vittime in inganno, inducendole a pensare che il file ricevuto sia quello originale. Al momento, il malware infetta il computer, apre un file non dannoso che contiene contenuti che il bersaglio dovrebbe ricevere. Questo serve a ingannare la vittima facendogli credere che non sia successo nulla di sospetto.

Quando questi file dannosi venivano aperte da una vittima, le macro dannose di Visual Basic, Applications Edition (VBA) al loro interno scrivevano un eseguibile su disco e lo eseguono. Se le macro erano disabilitate in Microsoft Word, l’utente doveva fare clic sul pulsante “Abilita contenuto” per l’esecuzione di script VBA dannosi. In particolare, entrambi contenevano stringhe esadecimali che, una volta riassemblate e decodificate XOR, rivelano un file PE. Il file PE viene scritto su disco con un nome file codificato nella macro utilizzando la sostituzione dei caratteri.

RATANKBA

Nel corso della storia operativa del gruppo Lazarus, pochi competitor sono riusciti a eguagliare il gruppo in termini di dimensioni e impatto, in gran parte a causa dell’ampia varietà di strumenti e tattiche a disposizione del gruppo.

Il malware noto come RATANKBA è solo una delle armi nell’arsenale di Lazarus scoperto nel giugno 2017. Questo software dannoso, che avrebbe potuto essere attivo dalla fine del 2016, è stato utilizzato in una recente campagna contro le istituzioni finanziarie utilizzando attacchi di watering hole. La variante utilizzata durante questi attacchi (TROJ_RATANKBA.A) ha fornito più payload che includono strumenti di hacking e software mirati ai sistemi bancari. Dopo una analisi della variante di RATANKBA (BKDR_RATANKBA.ZAEL-A), che utilizzava uno script PowerShell invece della sua forma più tradizionale eseguibile PE, si sono identificati un gruppo di server utilizzati da Lazarus come sistema di back-end per la conservazione temporanea dei dati rubati ed i ricercatori di Trend Micro sono riusciti anche ad accedervi, ottenendo informazioni preziosissime.

Circa il 55% delle vittime della versione Powershell di RATANKBA si trovava in India e nei paesi limitrofi. Ciò implicava che il gruppo Lazarus o avrebbe potuto raccogliere informazioni sugli obiettivi in questa area territoriale o poteva essere in una fase iniziale di un attacco contro obiettivi simili.

La maggior parte delle vittime osservate non utilizzava versioni aziendali del software Microsoft. Meno del 5% delle vittime erano utenti di Microsoft Windows Enterprise, e questo lasciava intendere che il che significava che attualmente RATANKBA colpiva principalmente organizzazioni più piccole o singoli utenti e non organizzazioni più grandi. È possibile che Lazarus stia utilizzando strumenti diversi da RATANKBA per prendere di mira organizzazioni più grandi.

I log recuperati nel back-end di Lazarus registravano anche gli indirizzi IP delle vittime. Sulla base di una ricerca WHOIS inversa, nessuna delle vittime era associata a una grande banca o a un istituto finanziario, bensì dipendenti di tre società di sviluppo di software web in India e una in Corea del Sud.

RATANKBA è stato consegnato viene consegnato alle vittime utilizzando una varietà di documenti di richiamo, inclusi documenti di Microsoft Office, file CHM dannosi e diversi downloader di script. Questi documenti contenevano argomenti sullo sviluppo di software o delle valute digitali. La crescita delle criptovalute registrata negli anni è stata certamente una forza trainante di esche malevoli che, una volta aperte dal destinatario, aprivano ed eseguivano il file, rilasciando una backdoor nel sistema della vittima, comunicante con con il server Command-and-Control (C&C) di RATANKBA, le cui comunicazioni venivano eseguite tramite HTTP GET o POST al server.

Dal Pacifico all’America Latina: la minaccia è altamente distruttiva

Tra il 2017 ed il 2018 Trend Micro ha scoperto una nuova variante del KillDisk che ha cancellato i dischi rigidi ed ha preso di mira le organizzazioni finanziarie dell’America Latina, rilevato come TROJ_KILLDISK.IUB.

KillDisk, insieme a BlackEnergy, legato allo spionaggio informatico, è stato utilizzato in attacchi cibernetici alla fine di dicembre 2015 contro il settore energetico ucraino, nonché le sue industrie bancarie, ferroviarie e minerarie. Da allora il malware si è trasformato in una minaccia utilizzata per l’estorsione digitale, che colpisce le piattaforme Windows e Linux. KillDisk sovrascrive ed elimina i file e nella variante scoperta non includeva una richiesta di riscatto.

KillDisk sembrava da subito intenzionalmente diffusa da un altro processo/attaccante. Il suo percorso del file è stato codificato nel malware (c:\windows\dimens.exe), il che significava che era strettamente associato al suo programma di installazione o ad un pacchetto più grande.

KillDisk presentava anche un processo di autodistruzione, inutilizzabile nei fatti. Rinominava il suo file in c:\windows\0123456789 durante l’esecuzione. Questa stringa era codificata nel campione che abbiamo analizzato. Si aspettava che il percorso del file fosse in c:\windows\dimens.exe (anch’esso hardcoded). Se eseguita l’analisi forense del disco e ricercato il file dimens.exe, il file che verrà recuperato sarà il file appena creato con contenuto di 0x00 byte.

Questa nuova variante di KillDisk passava attraverso tutte le unità logiche (fisse e rimovibili) a partire dall’unità b:. Se l’unità logica conteneva la directory di sistema, i file e le cartelle nelle directory e sottodirectory seguenti erano esentati dall’eliminazione:

  • WINNT
  • Utenti
  • Windows
  • File di programma
  • File di programma (x86)
  • Dati del programma Recupero (controllo case-sensitive)
  • $Cestino
  • Informazioni sul volume di sistema
  • Old

Prima che un file veniva eliminato, era prima rinominato in modo casuale. KillDisk sovrascriveva i primi 0x2800 byte del file e un altro blocco grande 0x2800 byte con 0x00, mentre per cancellare il il disco tentava di rimuovere \\.\PhysicalDrive0 in \\.\PhysicalDrive4. Leggeva il Master Boot Record (MBR) di ogni dispositivo che apriva con successo e procedeva a sovrascrivere i primi 0x20 settori del dispositivo con “0x00”. Utilizzava le informazioni dell’MBR per causare ulteriori danni alle partizioni che elencava. Se la partizione trovata non era estesa, sovrascriveva i primi 0x10 e gli ultimi settori del volume effettivo. Se trovava una partizione estesa, sovrascriveva l’Extended Boot Record (EBR) insieme alle due partizioni extra a cui punta.

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I Core Update di Google censurano Internet e fomentano truffe SEO

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Da quando è iniziata l’epoca dell’intelligenza artificiale, Google sta trasformando la rete. Google ha la capacità di farlo? Assolutamente sì, essendo l’azienda monopolista su cui si basa il maggior numero di ricerche online. Non solo grazie al suo motore di ricerca, ma anche grazie a YouTube, un altro potente motore di ricerca video appartenente alla stessa azienda statunitense.

L’aspetto più importante di questa situazione, già descritto da Matrice Digitale, riguarda la componente su cui Google sta basando la ricerca. Nei risultati si trovano spesso aziende con solidi rapporti con la società e considerate autorevoli. Stiamo assistendo a cambiamenti significativi nel mondo della ricerca, dipendenti dalle scelte editoriali di Google, azienda che sembra non riuscire a trovare una linea chiara oppure ce l’ha e non risulta essere la migliore per la totalità degli utenti e degli imprenditori.

SEO prima vittima ed Editori privilegiati

Le prime vittime sono stati i siti internet che per anni hanno lavorato sul posizionamento SEO (Search Engine Optimization). Questa attività ha subito cambiamenti radicali, soprattutto a causa dei Core Update di Google: aggiornamenti strutturali dell’algoritmo che determinano il posizionamento delle pagine. Il funzionamento esatto di questi aggiornamenti non è chiaro, ma esistono sospetti che non si tratti di un algoritmo autonomo. Emergono ipotesi di rapporti diretti tra Google e aziende editoriali, che ricevono finanziamenti per produrre informazione. Un tempo garantiti dallo Stato, questi fondi provengono ora da privati verso altri privati. Un settore, quello di Google News, che rappresenta una lobby gestita dai soliti noti ed in mano alla politica così come raccontato nell’inchiesta a tema di Matrice Digitale.

Google fa politica, riscrive la storia e chiude il mercato

Google non risponde solo a logiche commerciali, ma mostra un indirizzo politico, influenzato da lobbisti e dinamiche globali. Con l’eventuale ritorno di Donald Trump, potrebbe modificare il proprio posizionamento sui contenuti visibili in rete anche se ad oggi risulta essere in antitesi alla cordata di Musk dove si sono aggregati dopo l’esito delle elezioni sia Zuckerberg sia Bezos con tanto di strizzatina d’occhio da parte di Gates.

Un altro aspetto rilevante è l’ascesa di nuovi motori di ricerca basati su intelligenza artificiale, come SearchGPT di OpenAI, che fornisce risposte in base a domande anziché parole chiave. Questo fenomeno solleva questioni legate a linee politiche imposte da multinazionali, governi e organi sovranazionali.

Google sta riscrivendo la storia: deindicizza o rende inutili contenuti alternativi rispetto alla narrazione mainstream dell’informazione, della ricerca scientifica e della politica. Giornalisti e artisti vengono relegati in fondo ai risultati di ricerca, generando caos tra chi si occupa di ottimizzazione dei contenuti e chi cerca di emergere nel panorama informativo.

I Core Update e l’esempio della manina dietro l’algoritmo

I Core Update premiano spesso siti improbabili a scapito di quelli storici e di qualità. L’ottimizzazione della ricerca proposta da Google si basa su due principi: la velocità di caricamento e l’autorevolezza. La velocità è valutata tramite i Core Web Vitals, mentre l’autorevolezza si costruisce attraverso citazioni da fonti ritenute autorevoli. Questo sistema ha spinto le testate editoriali a omettere chi ha dato la notizia per primo, modificando il panorama giornalistico oltre a fomentare un mercato parallelo di citazioni a pagamento sulla base di insider trader all’interno delle redazioni di siti posizionati con un ottimo page rank.

Google censura le notizie e non premia il giornalismo

Google dovrebbe premiare, secondo regole meritocratiche, chi fornisce le notizie in anteprima. Tuttavia, l’algoritmo sembra invece favorire chi mantiene rapporti privilegiati con l’azienda. Parallelamente, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei contenuti ha premiato siti di affiliazione di dubbia qualità, dimostrando l’incoerenza del sistema dove richiede contenuti esclusivi per poter indicizzare in modo privilegiato i contenuti. Google censura inoltre notizie esclusive, che spesso non appaiono tra i risultati di ricerca nelle categorie news o video e non è chiaro secondo quale principio.

Google facilita le truffe nel mercato SEO ?

Le regole opache di Google stanno trasformando il settore, creando difficoltà a chi si occupa di SEO, costringendo molti professionisti a cambiare mestiere o a proporre servizi poco efficaci.

Questa situazione sta livellando il mercato verso il basso. Da un lato, esistono persone oneste ma impreparate; dall’altro, truffatori che approfittano di aziende incapaci di navigare le nuove regole. I Core Update stanno favorendo un sottobosco di figure poco professionali, aumentando la sfiducia nelle opportunità offerte da Internet.

Il web, un tempo simbolo di libertà e accessibilità, sta diventando un luogo sempre più chiuso e costoso. Oggi, per emergere, non basta più creare un blog o un sito di qualità: bisogna investire ingenti somme per promuovere contenuti indicizzati ma invisibili senza la garanzia di un ritorno. Questo sistema alimenta il business dei social network, creando un cartello economico che avvantaggia un ristretto gruppo di grandi aziende.

La rete sta subendo una trasformazione radicale, diventando sempre meno libera e non solo per quanto riguarda la varietà delle informazioni, ma anche per le possibilità di accesso al mercato globale. I contenuti vengono manipolati per favorire narrazioni di parte, alimentando sistemi propagandistici, a volte anche di tipo militare visti gli ultimi tempi, capaci di spingere intere società verso conflitti prima social e, in casi estremi, globali.

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Inchieste

Stalking, bullismo e Report Bombing su Vinted: assistenza latita

Tempo di lettura: 3 minuti. La storia di Chiara, vittima di report bombing su Vinted, evidenzia gravi carenze nella gestione dei reclami e nella protezione degli utenti da bullismo e stalking digitale.

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Le piattaforme di e-commerce e scambio di beni usati, come Vinted, sono sempre più diffuse grazie alla loro capacità di connettere persone in cerca di convenienza e sostenibilità. Tuttavia, quando il sistema di gestione dei reclami e la moderazione non funzionano come dovrebbero, queste piattaforme possono trasformarsi in un terreno fertile per abusi e vessazioni al limite dello stalking. Questo è il caso di una venditrice esperta, che chiameremo Chiara, la cui esperienza raccontata in ESCLUSIVA a Matrice Digitale getta luce su gravi falle nella gestione di problematiche critiche da parte di Vinted e della tecnica del Report Bombing subita per mesi.

Dieci mesi di vessazioni

Chiara, iscritta su Vinted dal 2021 con un profilo di alta reputazione (340 recensioni, 4.9 di rating), si è trovata vittima di un autentico report bombing. Dopo un diverbio con un’utente aggressiva sul forum, il suo account è diventato il bersaglio di segnalazioni continue, apparentemente infondate. Secondo quanto riferito, l’utente in questione ha dedicato mesi a segnalare ripetutamente i suoi articoli, portando alla rimozione di inserzioni, al blocco temporaneo dell’account e, infine, a una sospensione permanente.

Le segnalazioni, spesso ridicole, includevano accuse di:

  • Vendita di articoli inesistenti o doppi (anche quando non lo erano).
  • Violazioni di copyright, nonostante Chiara avesse dimostrato di essere l’autrice delle immagini.
  • Vendita di brand contraffatti, malgrado fossero presenti etichette, scontrini e altri documenti di autenticità.
  • Articoli ritenuti non sicuri, senza prove concrete.

Nonostante le numerose prove fornite da Chiara, Vinted ha risposto con messaggi preconfezionati e, nei casi di insistenza, con risposte giudicate sgarbate e prive di umanità.

Assenza di tutela e inadeguatezza dell’assistenza

Chiara ha segnalato ripetutamente le minacce ricevute, allegando prove documentali, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate. Paradossalmente, l’utente che ha perpetuato il report bombing continua a utilizzare la piattaforma indisturbata, nonostante alcune recensioni la descrivano come una persona problematica.

Dopo mesi di tentativi infruttuosi, Chiara ha aperto un reclamo presso un organo europeo (ODR), ma anche in questo caso non ha ottenuto alcuna risposta. Ha inoltre tentato di contattare Vinted attraverso l’indirizzo email legal@vinted.it, indicato come riferimento per controversie legali, senza ricevere alcun riscontro.

La questione del bullismo sulle piattaforme digitali

L’esperienza di Chiara mette in evidenza un problema sistemico. Nonostante il grande successo di Vinted, la piattaforma sembra trascurare l’importanza di una gestione responsabile delle problematiche degli utenti favorendo non solo il proliferare di truffe, ma anche la stalking ai danni dei venditori. Le accuse di bullismo e stalking digitale non possono essere ignorate, soprattutto quando si tratta di episodi documentati con prove.

La mancanza di un’assistenza adeguata solleva interrogativi sulla capacità di Vinted di proteggere i propri utenti da abusi e vessazioni. In un’era in cui le denunce per comportamenti scorretti online sono in aumento, è essenziale che piattaforme di questa portata si dotino di strumenti efficaci per contrastare episodi di cyberbullismo e stalking.

La vicenda di Chiara non è un caso isolato, sono tante le anomalie raccontate da Matrice Digitale su Vinted ed il suo sistema spesso claudicante nel garantire venditori e consumatori vittime di truffe e minacce, ma rappresenta un esempio emblematico di come l’assenza di un’assistenza efficace possa esacerbare situazioni già gravi. È fondamentale che Vinted e altre piattaforme simili rivedano le loro politiche di moderazione e assistenza, adottando un approccio più umano e trasparente per garantire la sicurezza e la tutela di tutti gli utenti.

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Elezioni annullate in Romania: cosa è successo? E’ un colpo di stato?

Tempo di lettura: 5 minuti. Romania annulla le elezioni presidenziali: 85.000 cyberattacchi e manipolazione su TikTok costringono a ripetere il primo turno.

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La Romania si trova nel mezzo di una crisi politica e tecnologica senza precedenti: la Corte Costituzionale ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali dopo oltre 85.000 attacchi informatici contro i sistemi elettorali e un’influenza significativa su TikTok attribuita a campagne coordinate. Questi eventi hanno portato all’annullamento del ballottaggio previsto e all’intervento della Commissione Europea per indagare su manipolazioni sistemiche e rischi legati alla piattaforma.

Cyberattacchi e manipolazione elettorale

Secondo il Servizio di Intelligence Rumeno (SRI), il sistema elettorale è stato preso di mira da oltre 85.000 cyberattacchi, compresi tentativi di compromissione dei server dell’Autorità Permanente Elettorale. Questi attacchi, attribuiti a un presunto attore statale, avevano come obiettivo il furto di credenziali e la manipolazione dei dati elettorali.

Un altro elemento chiave è stato l’uso di TikTok per influenzare gli elettori. Una rete di 25.000 account falsi ha promosso il candidato pro-Mosca, Călin Georgescu, attraverso video virali e strategie coordinate di disinformazione. Sebbene non vi siano prove che il candidato fosse direttamente coinvolto, la Corte Costituzionale ha sottolineato che l’intero processo elettorale è stato compromesso, richiedendo la ripetizione del primo turno.

Le manipolazioni non si sono limitate alla disinformazione. Credenziali rubate sono state trovate in forum russi, alimentando preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e sull’integrità del voto. La decisione della Corte di annullare le elezioni è stata definita dal Primo Ministro Marcel Ciolacu come “l’unica soluzione possibile per preservare la democrazia”.

Intervento della Commissione Europea

In seguito agli eventi, la Commissione Europea ha emesso un ordine di conservazione dei dati per TikTok, obbligando la piattaforma a conservare documenti relativi ai rischi sistemici che potrebbero minacciare i processi elettorali. Questo include informazioni sui sistemi di raccomandazione e sull’uso di account falsi per manipolare l’opinione pubblica.

TikTok è stata anche invitata a fornire dettagli sul modo in cui affronta i rischi derivanti dall’uso non autentico del servizio, come bot e campagne coordinate. La piattaforma ha dichiarato di aver rimosso alcune reti di account, ma la portata delle manipolazioni rimane oggetto di indagini approfondite.

La Commissione Europea, in base al Digital Services Act, mira a garantire che TikTok rispetti gli obblighi di trasparenza e sicurezza, evitando interferenze in ulteriori elezioni all’interno dell’Unione Europea.

Cosa non torna dal rapporto dell’intelligence sulle elezioni in Romania?

Mancanza di prove convincenti

I documenti di intelligence non forniscono prove concrete di interferenze straniere o manipolazioni. Al contrario, si basano su parallelismi circostanziali con presunti metodi russi utilizzati in altri contesti (ad esempio in Ucraina e Moldavia). Pur documentando una campagna su TikTok a favore di Călin Georgescu, con 25.000 account coordinati tramite Telegram, mancano evidenze definitive di:

  • Amplificazione artificiale (ad esempio, bot o account falsi).
  • Finanziamenti esteri o coinvolgimento diretto di attori statali.
  • Un chiaro nesso causale tra la campagna e i cambiamenti nel comportamento degli elettori.

L’esistenza di campagne coordinate sui social media non è di per sé né sospetta né insolita, ma rappresenta una pratica standard nella politica moderna a livello globale.

Errata interpretazione dell’attività nella Campagna Elettorale

Le attività descritte—canali Telegram coordinati, pagamenti a influencer, messaggi specifici—sono in linea con le normali strategie di marketing digitale. Le tariffe riportate per gli influencer (400 lei per 20.000 follower o 1.000 euro per video promozionale) rientrano nei parametri di mercato. Questo solleva dubbi sul fatto che la campagna sia stata ingiustamente etichettata come dannosa solo per la sua efficacia o sofisticazione.

Parallelismi circostanziali vs prove concrete

L’affidamento dei documenti a paralleli con operazioni russe è problematico. Comportamenti come l’attivazione di account dormienti durante le elezioni sono comuni quando cresce l’interesse politico e non solo in Romania. Insinuare manipolazioni senza prove tecniche di amplificazione o account falsificati confonde la linea tra campagne strategiche e interferenze malevole.

Influenza sugli Elettori e efficacia non dimostrata

Sebbene la campagna possa aver aumentato la visibilità di Georgescu, i documenti non forniscono metriche di coinvolgimento complete, come:

  • La reale portata e impatto dei contenuti oltre il numero di visualizzazioni.
  • Quanti elettori hanno effettivamente cambiato preferenza.
  • Se questa campagna sia stata determinante rispetto a fattori tradizionali come politiche, copertura mediatica o insoddisfazione generale per gli altri candidati.

Precedente più ampio

Annullare un’elezione basandosi sull’esistenza di una campagna social coordinata è senza precedenti. Stabilendo questo standard, la corte rumena rischia di:

  • Minare i processi democratici invalidando le elezioni basandosi su sospetti piuttosto che su prove.
  • Creare un precedente che potrebbe essere usato per contestare risultati scomodi sotto la giustificazione di combattere interferenze.
  • Scoraggiare campagne politiche legittime per il timore di accuse simili.

Danneggiare la Democrazia per proteggerla: analisi dell’autore

Quanto accaduto in Romania rappresenta il primo caso di elezioni annullate a causa dell’influenza della rete. Non è chiaro, vista l’assenza di prove inconfutabili, se la causa principale sia stata la presenza di un candidato contrario alle posizioni di Bruxelles o un’ingerenza russa. Tuttavia, è evidente che i servizi di intelligence rumeni, strettamente collegati agli Stati Uniti, abbiano un ruolo importante, considerando anche il forte interesse della NATO in Romania, con la costruzione di diverse basi militari installate per far fronte all’invasione militare del Cremlino: soggetto accusato di sponsorizzare il candidato vincente.

D’altra parte, è altrettanto rilevante la presenza di una componente russa che, attraverso strumenti democratici, potrebbe aver influenzato i cittadini rumeni, configurando una sorta di “conquista pacifica” a botte di post sui social network. Questo porta a una riflessione cruciale: indipendentemente dall’eventuale ingerenza verificatasi sul social network cinese, la situazione suggerisce un interrogativo più ampio.

L’Europa, che si proclama baluardo dei principi democratici, è davvero disposta ad applicare tali principi in ogni circostanza?

Le elezioni continuano ad avere un ruolo determinante, o sono percepite come una minaccia per l’establishment?

Per la Romania, le elezioni rappresentano un pericolo per il potere costituito ma, al contempo, restano un patrimonio da tutelare come dovrebbe essere in ogni democrazia.

Un parallelismo può essere tracciato con le ultime elezioni statunitensi, dove il social network di Elon Musk ha avuto un ruolo rilevante per Donald Trump. Nonostante le accuse di favoritismi da parte di Musk, che avrebbe amplificato le visualizzazioni di Trump e del Partito Democratico, emerge un tema chiave:

perché l’Unione Europea non interviene costantemente contro le grandi piattaforme che, attraverso forme di censura, sostengono in modo evidente le narrazioni europeiste?

Il rischio è che, indipendentemente dal volere popolare, prevalga una narrazione costruita nel medio-lungo periodo, orientata a eliminare voci contrarie all’interno dell’arena democratica. Questo potrebbe portare a un punto di rottura: se il processo fosse davvero così, l’Occidente perderebbe il ruolo di modello democratico globale, e la sua democrazia non potrebbe più essere considerata un faro per il resto del mondo.

Proprio per questo motivo, ironia della sorte, la decisione di annullare l’elezione potrebbe fare più danni alla democrazia di qualsiasi presunta manipolazione. Intervenendo sulle scelte degli elettori basandosi su accuse non provate, le autorità rischiano di erodere la fiducia pubblica nei processi elettorali. Questo approccio potrebbe incoraggiare altri governi a usare accuse simili per reprimere il dissenso o annullare risultati non graditi ed il caso Georgia rappresenta il caso da scongiurare dove i democratici europeisti imbracciano la protesta violenta per sovvertire l’esito elettorale.

La decisione della Corte Costituzionale rumena sottolinea l’importanza di prove chiare e trasparenza nelle decisioni che riguardano i processi democratici. Sebbene sia fondamentale proteggere le elezioni da interferenze, azioni intraprese senza prove concrete rischiano di delegittimare le istituzioni stesse. Questo caso dovrebbe servire da monito sul delicato equilibrio tra sicurezza nazionale e integrità democratica.

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