Inchieste
Crosetto sotto attacco della Stampa e dell’intelligence di partito
Tempo di lettura: 6 minuti. Crosetto è lo stakeholder delle aziende italiane della difesa con il bollino NATO, ma lo è anche dell’impresa che produce il trojan di stato. Conflitti di interesse oppure qualcuno è deluso di aver perso Esercito ed intelligence in un colpo solo?
Guido Crosetto è diventato Ministro della Difesa del Governo Italiano ed è subito scoppiata una polemica sui suoi conflitti di interesse arricchendo di molto le notizie che circolano in questi giorni su colui che è stato considerato da sempre l’uomo del passo indietro rispetto alla leader Giorgia Meloni. Il piemontese dalle braccia rubate all’agricoltura in favore dell’aerospazio è la persona più esposta sui social quando si tratta di parlare di Fratelli d’Italia opponendosi agli attacchi, a volte fondati altre gratuiti, che vengono posti alla sua leader ed al partito che ha contribuito a governare seppur sia stato distante dal panorama politico degli incarichi ufficiali di Governo e di Territorio. Perché Crosetto ha un lavoro ben remunerato, tanto da consentirgli il lusso di dimettersi dal Parlamento, e le sue fonti di guadagno sono state in questi anni nascoste alla massa grazie al fatto che il non essere parte di quel mondo e delle sue dinamiche torbide che ne orbitano, vedi la stampa o la magistratura, gli ha consentito di dedicarsi ad una vera attività di lobbying nel settore della Difesa.
Quando sei Ministro, diventi casa di vetro
“Crosetto milionario grazie alle bombe ed all’intelligence non può essere rappresentante della Difesa del paese” è la sintesi dei titoli dei giornali che hanno sollevato la questione del conflitto di interessi arpionando la scelta di Giorgia Meloni nel nominarlo rappresentante della forza militare del Paese senza che vi fossero smentite da parte del diretto interessato che ha ovviamente ammesso di essere stato pagato per la sua attività di lobbying ed è giusto chiarire anche che, prima dell’elezione di Giorgia Meloni, Crosetto dichiarò pubblicamente che sia lui e la sua famiglia si è dimessa da tutti gli incarichi in modo tale da non mettere in difficoltà “la sua amica che era diventata molto famosa“, e questo sembrerebbe non essere bastato per sollevare la questione di opportunità che riapre uno scenario fino a ieri dibattuto quando al Governo c’erano Renzi e Giuseppe Conte inerente i conflitti di interesse nel campo dell’intelligence.
Un conflitto di interesse che non esiste
L’aspetto più interessante di questa vicenda è che si prova ad associare la nomina di Crosetto al termine conflitto di interesse, ma che questo non è ravvisato da alcuna parte dell’ordinamento giuridico attuale altrimenti il Presidente della Repubblica avrebbe respinto la sua nomina al mittente. Prendiamo ad esempio il caso Ronzulli dove Mattarella è stato compiacente quando la stampa ha attaccato la fedelissima di Berlusconi pur di non vederla seduta in uno dei ministeri della Repubblica Italiana. E’ giusto precisare al lettore che, quando si viene individuati nel ricoprire un incarico che sia di natura ministeriale, un sottosegretariato, un ruolo di commissario del governo e di fatto governativo, le analisi del sangue tengono traccia di quanto sia stato onorevole e rispettabile almeno l’ultimo quinquennio di vita della persona che deve essere incaricata di rappresentare il Paese. Proprio perché si conoscono bene le vicende della Ronzulli collegate alle questioni berlusconiane, per quanto concerne Crosetto, invece, l’unica cosa che traspare in questi giorni è il suo ruolo di lobbista per quelle che sono considerate le aziende di lusso del nostro Stato specializzate nel settore dell’intelligence e fiore all’occhiello in un contesto internazionale dove la Difesa Italiana sia dal punto di vista della produzione di armi esplosive, logistiche, di difesa e quelle informatiche di ultima generazione sono effettivamente parte di un mondo che fino ieri è stato nascosto.
Chi ha dato i soldi a Guido Crosetto?
Ad oggi figurano Leonardo ed il gruppo Elettronica su cui Matrice Digitale #️⃣ quattro mesi fa ha già approfondito una dinamica internazionale che è stata praticamente tenuta all’oscuro da una vicenda che ha interessato Google e gli interessi americani lesi da un software spia realizzato proprio da una società collegata all’universo della più grande industria di attacco elettronico del Belpaese.
Ancora più interessante la vicenda che riguarda il fatto che Guido Crosetto ha rappresentato da sempre Aiad che sarebbe l’associazione delle imprese di Confindustria nel settore della difesa. Non solo rappresenta l’associazione degli imprenditori più influente nel campo della rappresentanza di quei mercati che tutti sanno essere comunque dei luoghi dove non solo si annida la bravura imprenditoriale, ma contano molto gli aspetti collegati alle relazioni industriali stabiliti anche grazie alle ingerenze e dal gradimento che il mondo della Difesa e dell’Intelligence esprimono. Trovandoci in un contesto dove l’Italia da sempre è un paese collegato alla Nato, le aziende che lavorano nel settore della Difesa devono necessariamente godere non solo di un apprezzamento delle alte sfere delle Forzee Armate e dell’intelligece italiana, ma devono essere provviste anche di una sorta di autorizzazione, o bollino come vogliamo chiamarlo, affidato appunto dalla Nato ed è per questo che non stupisce più di tanto che dinanzi a qualsiasi forma di sospetto, fondato o infondato, il nome di Crosetto è stato gradito ed è stato digerito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Come spesso accade è un problema di opportunità
Quello che fa interrogare su questa vicenda è la questione di opportunità, che motiva le accuse rivolte al lobbista delle armi che ha lo scotto da pagare ogni volta compirà un atto, un acquisto perchè ci sarà sempre il sospetto di un conflitto di interessi essendoci alla base un conflitto di opportunità e Crosetto Ministro della Difesa sarà sempre accompagnato dalla domanda:
è giusto che il Ministro della Difesa con provenienza da un determinato settore, da una determinata associazione e di un determinato schieramento ideologico rappresenti gli interessi del paese?
È una bella domanda a cui rispondere, alla quale però la risposta potrebbe essere triplice:
- non è giusto perché sicuramente sta lì per “rubare”, detto alla popolana
- è giusto perchè è una persona che sa fare il suo mestiere e sa come funziona.
- è sbagliato perché anche se agisce totalmente nel giusto, ci sarebbe sempre quella forma di sospetto sulla non trasparenza che la gestione della cosa pubblica vorrebbe.
Se i media fossero collegati all’intelligence, Crosetto rappresenta una minaccia
Il clamore sui media ha un motivo abbastanza eloquente: Guido Crosetto è una vera minaccia per quell’universo che orbita intorno al mondo della difesa e che da anni viene gestito politicamente dal Partito Democratico. Fa ancora più scalpore la questione che ha visto Crosetto impegnato in una attività di consulenza retribuita dalla società che produce il Trojan di Stato. Si ricorda ai lettori che quando il Trojan di Stato è stato potenziato ad averlo fatto è stato lo stesso Conte nel mentre si viveva la tragedia del Covid Nel nostro paese.
Il tutto è avvenuto dinanzi al silenzio della stampa e degli attivisti italiani impegnati ad osservare in tutto il mondo l’adozione dei software spia. Peccato che siano stati in silenzio nel nostro paese ed hanno preso atto solo quando il governo ha approvato l’introduzione ed il potenziamento dei “dittatoriali” trojan di stato senza aprire nessun caso. Proprio per questo motivo bisognerebbe porre una domanda al lettore e a coloro che oggi magari mettono la questione dei conflitti di interessi di Crosetto nel settore della Difesa e sarebbe molto facile:
quando il Trojan di Stato serviva alla magistratura gestita da colui che era considerato il più grande magistrato d’Italia e che ne ha fatto un uso politicizzato e fuorilegge era ovviamente giusta la posizione di Crosetto in Elettronica?
Quando Leonardo era prima affidata all’ecosistema di Marco Minniti per poi passare a quello di Luigi di Maio, ci sono state le stesse polemiche preventive oppure si è preso atto quando quello che oggi consideriamo un conflitto di interessi è diventato ascrivibile al fenomeno delle porte girevoli?
Pochi hanno sollevato in estrema solitudine queste polemiche, meritandosi il silenzio collettivo degli operatori dell’informazione o addirittura la derisione per aver raccontato delle dinamiche complottistiche. E’ ancora più chiaro che in questo momento la lotta non è semplicemente contro Guido Crosetto che ha conflitti di interesse, ma contro un ministero fondamentalmente utilizzato fino a ieri, insieme ad altre aziende collegate all’intelligence dello Stato, da un apparato politico che evidentemente già sente la nostalgia degli abusi fatti in passato non solo nel campo militare, ma nel campo civile come ad esempio quello della magistratura. Guido Crosetto avrà sempre l’ombra del conflitto di interesse anche se sulla carta questo impedimento non c’è, ma lo stesso Ministro della Difesa dovrà dimostrare e dare prova agli italiani di essere un servitore del paese e di riequilibrare quello che evidentemente è stato strumentalizzato da una parte politica che ha commesso l’errore di reputare l’esercito ed il sistema di intelligence non un’arma di difesa e di attacco utile ai cittadini, bensì al servizio del proprio orticello politico.
Che sia la persona giusta al momento giusto? Sarebbe bello che a rispondere sul caso sia lo stesso Mattarella.
Inchieste
I Core Update di Google censurano Internet e fomentano truffe SEO
Da quando è iniziata l’epoca dell’intelligenza artificiale, Google sta trasformando la rete. Google ha la capacità di farlo? Assolutamente sì, essendo l’azienda monopolista su cui si basa il maggior numero di ricerche online. Non solo grazie al suo motore di ricerca, ma anche grazie a YouTube, un altro potente motore di ricerca video appartenente alla stessa azienda statunitense.
L’aspetto più importante di questa situazione, già descritto da Matrice Digitale, riguarda la componente su cui Google sta basando la ricerca. Nei risultati si trovano spesso aziende con solidi rapporti con la società e considerate autorevoli. Stiamo assistendo a cambiamenti significativi nel mondo della ricerca, dipendenti dalle scelte editoriali di Google, azienda che sembra non riuscire a trovare una linea chiara oppure ce l’ha e non risulta essere la migliore per la totalità degli utenti e degli imprenditori.
SEO prima vittima ed Editori privilegiati
Le prime vittime sono stati i siti internet che per anni hanno lavorato sul posizionamento SEO (Search Engine Optimization). Questa attività ha subito cambiamenti radicali, soprattutto a causa dei Core Update di Google: aggiornamenti strutturali dell’algoritmo che determinano il posizionamento delle pagine. Il funzionamento esatto di questi aggiornamenti non è chiaro, ma esistono sospetti che non si tratti di un algoritmo autonomo. Emergono ipotesi di rapporti diretti tra Google e aziende editoriali, che ricevono finanziamenti per produrre informazione. Un tempo garantiti dallo Stato, questi fondi provengono ora da privati verso altri privati. Un settore, quello di Google News, che rappresenta una lobby gestita dai soliti noti ed in mano alla politica così come raccontato nell’inchiesta a tema di Matrice Digitale.
Google fa politica, riscrive la storia e chiude il mercato
Google non risponde solo a logiche commerciali, ma mostra un indirizzo politico, influenzato da lobbisti e dinamiche globali. Con l’eventuale ritorno di Donald Trump, potrebbe modificare il proprio posizionamento sui contenuti visibili in rete anche se ad oggi risulta essere in antitesi alla cordata di Musk dove si sono aggregati dopo l’esito delle elezioni sia Zuckerberg sia Bezos con tanto di strizzatina d’occhio da parte di Gates.
Un altro aspetto rilevante è l’ascesa di nuovi motori di ricerca basati su intelligenza artificiale, come SearchGPT di OpenAI, che fornisce risposte in base a domande anziché parole chiave. Questo fenomeno solleva questioni legate a linee politiche imposte da multinazionali, governi e organi sovranazionali.
Google sta riscrivendo la storia: deindicizza o rende inutili contenuti alternativi rispetto alla narrazione mainstream dell’informazione, della ricerca scientifica e della politica. Giornalisti e artisti vengono relegati in fondo ai risultati di ricerca, generando caos tra chi si occupa di ottimizzazione dei contenuti e chi cerca di emergere nel panorama informativo.
I Core Update e l’esempio della manina dietro l’algoritmo
I Core Update premiano spesso siti improbabili a scapito di quelli storici e di qualità. L’ottimizzazione della ricerca proposta da Google si basa su due principi: la velocità di caricamento e l’autorevolezza. La velocità è valutata tramite i Core Web Vitals, mentre l’autorevolezza si costruisce attraverso citazioni da fonti ritenute autorevoli. Questo sistema ha spinto le testate editoriali a omettere chi ha dato la notizia per primo, modificando il panorama giornalistico oltre a fomentare un mercato parallelo di citazioni a pagamento sulla base di insider trader all’interno delle redazioni di siti posizionati con un ottimo page rank.
Google censura le notizie e non premia il giornalismo
Google dovrebbe premiare, secondo regole meritocratiche, chi fornisce le notizie in anteprima. Tuttavia, l’algoritmo sembra invece favorire chi mantiene rapporti privilegiati con l’azienda. Parallelamente, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei contenuti ha premiato siti di affiliazione di dubbia qualità, dimostrando l’incoerenza del sistema dove richiede contenuti esclusivi per poter indicizzare in modo privilegiato i contenuti. Google censura inoltre notizie esclusive, che spesso non appaiono tra i risultati di ricerca nelle categorie news o video e non è chiaro secondo quale principio.
Google facilita le truffe nel mercato SEO ?
Le regole opache di Google stanno trasformando il settore, creando difficoltà a chi si occupa di SEO, costringendo molti professionisti a cambiare mestiere o a proporre servizi poco efficaci.
Questa situazione sta livellando il mercato verso il basso. Da un lato, esistono persone oneste ma impreparate; dall’altro, truffatori che approfittano di aziende incapaci di navigare le nuove regole. I Core Update stanno favorendo un sottobosco di figure poco professionali, aumentando la sfiducia nelle opportunità offerte da Internet.
Il web, un tempo simbolo di libertà e accessibilità, sta diventando un luogo sempre più chiuso e costoso. Oggi, per emergere, non basta più creare un blog o un sito di qualità: bisogna investire ingenti somme per promuovere contenuti indicizzati ma invisibili senza la garanzia di un ritorno. Questo sistema alimenta il business dei social network, creando un cartello economico che avvantaggia un ristretto gruppo di grandi aziende.
La rete sta subendo una trasformazione radicale, diventando sempre meno libera e non solo per quanto riguarda la varietà delle informazioni, ma anche per le possibilità di accesso al mercato globale. I contenuti vengono manipolati per favorire narrazioni di parte, alimentando sistemi propagandistici, a volte anche di tipo militare visti gli ultimi tempi, capaci di spingere intere società verso conflitti prima social e, in casi estremi, globali.
Inchieste
Stalking, bullismo e Report Bombing su Vinted: assistenza latita
Tempo di lettura: 3 minuti. La storia di Chiara, vittima di report bombing su Vinted, evidenzia gravi carenze nella gestione dei reclami e nella protezione degli utenti da bullismo e stalking digitale.
Le piattaforme di e-commerce e scambio di beni usati, come Vinted, sono sempre più diffuse grazie alla loro capacità di connettere persone in cerca di convenienza e sostenibilità. Tuttavia, quando il sistema di gestione dei reclami e la moderazione non funzionano come dovrebbero, queste piattaforme possono trasformarsi in un terreno fertile per abusi e vessazioni al limite dello stalking. Questo è il caso di una venditrice esperta, che chiameremo Chiara, la cui esperienza raccontata in ESCLUSIVA a Matrice Digitale getta luce su gravi falle nella gestione di problematiche critiche da parte di Vinted e della tecnica del Report Bombing subita per mesi.
Dieci mesi di vessazioni
Chiara, iscritta su Vinted dal 2021 con un profilo di alta reputazione (340 recensioni, 4.9 di rating), si è trovata vittima di un autentico report bombing. Dopo un diverbio con un’utente aggressiva sul forum, il suo account è diventato il bersaglio di segnalazioni continue, apparentemente infondate. Secondo quanto riferito, l’utente in questione ha dedicato mesi a segnalare ripetutamente i suoi articoli, portando alla rimozione di inserzioni, al blocco temporaneo dell’account e, infine, a una sospensione permanente.
Le segnalazioni, spesso ridicole, includevano accuse di:
- Vendita di articoli inesistenti o doppi (anche quando non lo erano).
- Violazioni di copyright, nonostante Chiara avesse dimostrato di essere l’autrice delle immagini.
- Vendita di brand contraffatti, malgrado fossero presenti etichette, scontrini e altri documenti di autenticità.
- Articoli ritenuti non sicuri, senza prove concrete.
Nonostante le numerose prove fornite da Chiara, Vinted ha risposto con messaggi preconfezionati e, nei casi di insistenza, con risposte giudicate sgarbate e prive di umanità.
Assenza di tutela e inadeguatezza dell’assistenza
Chiara ha segnalato ripetutamente le minacce ricevute, allegando prove documentali, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate. Paradossalmente, l’utente che ha perpetuato il report bombing continua a utilizzare la piattaforma indisturbata, nonostante alcune recensioni la descrivano come una persona problematica.
Dopo mesi di tentativi infruttuosi, Chiara ha aperto un reclamo presso un organo europeo (ODR), ma anche in questo caso non ha ottenuto alcuna risposta. Ha inoltre tentato di contattare Vinted attraverso l’indirizzo email legal@vinted.it, indicato come riferimento per controversie legali, senza ricevere alcun riscontro.
La questione del bullismo sulle piattaforme digitali
L’esperienza di Chiara mette in evidenza un problema sistemico. Nonostante il grande successo di Vinted, la piattaforma sembra trascurare l’importanza di una gestione responsabile delle problematiche degli utenti favorendo non solo il proliferare di truffe, ma anche la stalking ai danni dei venditori. Le accuse di bullismo e stalking digitale non possono essere ignorate, soprattutto quando si tratta di episodi documentati con prove.
La mancanza di un’assistenza adeguata solleva interrogativi sulla capacità di Vinted di proteggere i propri utenti da abusi e vessazioni. In un’era in cui le denunce per comportamenti scorretti online sono in aumento, è essenziale che piattaforme di questa portata si dotino di strumenti efficaci per contrastare episodi di cyberbullismo e stalking.
La vicenda di Chiara non è un caso isolato, sono tante le anomalie raccontate da Matrice Digitale su Vinted ed il suo sistema spesso claudicante nel garantire venditori e consumatori vittime di truffe e minacce, ma rappresenta un esempio emblematico di come l’assenza di un’assistenza efficace possa esacerbare situazioni già gravi. È fondamentale che Vinted e altre piattaforme simili rivedano le loro politiche di moderazione e assistenza, adottando un approccio più umano e trasparente per garantire la sicurezza e la tutela di tutti gli utenti.
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Elezioni annullate in Romania: cosa è successo? E’ un colpo di stato?
Tempo di lettura: 5 minuti. Romania annulla le elezioni presidenziali: 85.000 cyberattacchi e manipolazione su TikTok costringono a ripetere il primo turno.
La Romania si trova nel mezzo di una crisi politica e tecnologica senza precedenti: la Corte Costituzionale ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali dopo oltre 85.000 attacchi informatici contro i sistemi elettorali e un’influenza significativa su TikTok attribuita a campagne coordinate. Questi eventi hanno portato all’annullamento del ballottaggio previsto e all’intervento della Commissione Europea per indagare su manipolazioni sistemiche e rischi legati alla piattaforma.
Cyberattacchi e manipolazione elettorale
Secondo il Servizio di Intelligence Rumeno (SRI), il sistema elettorale è stato preso di mira da oltre 85.000 cyberattacchi, compresi tentativi di compromissione dei server dell’Autorità Permanente Elettorale. Questi attacchi, attribuiti a un presunto attore statale, avevano come obiettivo il furto di credenziali e la manipolazione dei dati elettorali.
Un altro elemento chiave è stato l’uso di TikTok per influenzare gli elettori. Una rete di 25.000 account falsi ha promosso il candidato pro-Mosca, Călin Georgescu, attraverso video virali e strategie coordinate di disinformazione. Sebbene non vi siano prove che il candidato fosse direttamente coinvolto, la Corte Costituzionale ha sottolineato che l’intero processo elettorale è stato compromesso, richiedendo la ripetizione del primo turno.
Le manipolazioni non si sono limitate alla disinformazione. Credenziali rubate sono state trovate in forum russi, alimentando preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e sull’integrità del voto. La decisione della Corte di annullare le elezioni è stata definita dal Primo Ministro Marcel Ciolacu come “l’unica soluzione possibile per preservare la democrazia”.
Intervento della Commissione Europea
In seguito agli eventi, la Commissione Europea ha emesso un ordine di conservazione dei dati per TikTok, obbligando la piattaforma a conservare documenti relativi ai rischi sistemici che potrebbero minacciare i processi elettorali. Questo include informazioni sui sistemi di raccomandazione e sull’uso di account falsi per manipolare l’opinione pubblica.
TikTok è stata anche invitata a fornire dettagli sul modo in cui affronta i rischi derivanti dall’uso non autentico del servizio, come bot e campagne coordinate. La piattaforma ha dichiarato di aver rimosso alcune reti di account, ma la portata delle manipolazioni rimane oggetto di indagini approfondite.
La Commissione Europea, in base al Digital Services Act, mira a garantire che TikTok rispetti gli obblighi di trasparenza e sicurezza, evitando interferenze in ulteriori elezioni all’interno dell’Unione Europea.
Cosa non torna dal rapporto dell’intelligence sulle elezioni in Romania?
Mancanza di prove convincenti
I documenti di intelligence non forniscono prove concrete di interferenze straniere o manipolazioni. Al contrario, si basano su parallelismi circostanziali con presunti metodi russi utilizzati in altri contesti (ad esempio in Ucraina e Moldavia). Pur documentando una campagna su TikTok a favore di Călin Georgescu, con 25.000 account coordinati tramite Telegram, mancano evidenze definitive di:
- Amplificazione artificiale (ad esempio, bot o account falsi).
- Finanziamenti esteri o coinvolgimento diretto di attori statali.
- Un chiaro nesso causale tra la campagna e i cambiamenti nel comportamento degli elettori.
L’esistenza di campagne coordinate sui social media non è di per sé né sospetta né insolita, ma rappresenta una pratica standard nella politica moderna a livello globale.
Errata interpretazione dell’attività nella Campagna Elettorale
Le attività descritte—canali Telegram coordinati, pagamenti a influencer, messaggi specifici—sono in linea con le normali strategie di marketing digitale. Le tariffe riportate per gli influencer (400 lei per 20.000 follower o 1.000 euro per video promozionale) rientrano nei parametri di mercato. Questo solleva dubbi sul fatto che la campagna sia stata ingiustamente etichettata come dannosa solo per la sua efficacia o sofisticazione.
Parallelismi circostanziali vs prove concrete
L’affidamento dei documenti a paralleli con operazioni russe è problematico. Comportamenti come l’attivazione di account dormienti durante le elezioni sono comuni quando cresce l’interesse politico e non solo in Romania. Insinuare manipolazioni senza prove tecniche di amplificazione o account falsificati confonde la linea tra campagne strategiche e interferenze malevole.
Influenza sugli Elettori e efficacia non dimostrata
Sebbene la campagna possa aver aumentato la visibilità di Georgescu, i documenti non forniscono metriche di coinvolgimento complete, come:
- La reale portata e impatto dei contenuti oltre il numero di visualizzazioni.
- Quanti elettori hanno effettivamente cambiato preferenza.
- Se questa campagna sia stata determinante rispetto a fattori tradizionali come politiche, copertura mediatica o insoddisfazione generale per gli altri candidati.
Precedente più ampio
Annullare un’elezione basandosi sull’esistenza di una campagna social coordinata è senza precedenti. Stabilendo questo standard, la corte rumena rischia di:
- Minare i processi democratici invalidando le elezioni basandosi su sospetti piuttosto che su prove.
- Creare un precedente che potrebbe essere usato per contestare risultati scomodi sotto la giustificazione di combattere interferenze.
- Scoraggiare campagne politiche legittime per il timore di accuse simili.
Danneggiare la Democrazia per proteggerla: analisi dell’autore
Quanto accaduto in Romania rappresenta il primo caso di elezioni annullate a causa dell’influenza della rete. Non è chiaro, vista l’assenza di prove inconfutabili, se la causa principale sia stata la presenza di un candidato contrario alle posizioni di Bruxelles o un’ingerenza russa. Tuttavia, è evidente che i servizi di intelligence rumeni, strettamente collegati agli Stati Uniti, abbiano un ruolo importante, considerando anche il forte interesse della NATO in Romania, con la costruzione di diverse basi militari installate per far fronte all’invasione militare del Cremlino: soggetto accusato di sponsorizzare il candidato vincente.
D’altra parte, è altrettanto rilevante la presenza di una componente russa che, attraverso strumenti democratici, potrebbe aver influenzato i cittadini rumeni, configurando una sorta di “conquista pacifica” a botte di post sui social network. Questo porta a una riflessione cruciale: indipendentemente dall’eventuale ingerenza verificatasi sul social network cinese, la situazione suggerisce un interrogativo più ampio.
L’Europa, che si proclama baluardo dei principi democratici, è davvero disposta ad applicare tali principi in ogni circostanza?
Le elezioni continuano ad avere un ruolo determinante, o sono percepite come una minaccia per l’establishment?
Per la Romania, le elezioni rappresentano un pericolo per il potere costituito ma, al contempo, restano un patrimonio da tutelare come dovrebbe essere in ogni democrazia.
Un parallelismo può essere tracciato con le ultime elezioni statunitensi, dove il social network di Elon Musk ha avuto un ruolo rilevante per Donald Trump. Nonostante le accuse di favoritismi da parte di Musk, che avrebbe amplificato le visualizzazioni di Trump e del Partito Democratico, emerge un tema chiave:
perché l’Unione Europea non interviene costantemente contro le grandi piattaforme che, attraverso forme di censura, sostengono in modo evidente le narrazioni europeiste?
Il rischio è che, indipendentemente dal volere popolare, prevalga una narrazione costruita nel medio-lungo periodo, orientata a eliminare voci contrarie all’interno dell’arena democratica. Questo potrebbe portare a un punto di rottura: se il processo fosse davvero così, l’Occidente perderebbe il ruolo di modello democratico globale, e la sua democrazia non potrebbe più essere considerata un faro per il resto del mondo.
Proprio per questo motivo, ironia della sorte, la decisione di annullare l’elezione potrebbe fare più danni alla democrazia di qualsiasi presunta manipolazione. Intervenendo sulle scelte degli elettori basandosi su accuse non provate, le autorità rischiano di erodere la fiducia pubblica nei processi elettorali. Questo approccio potrebbe incoraggiare altri governi a usare accuse simili per reprimere il dissenso o annullare risultati non graditi ed il caso Georgia rappresenta il caso da scongiurare dove i democratici europeisti imbracciano la protesta violenta per sovvertire l’esito elettorale.
La decisione della Corte Costituzionale rumena sottolinea l’importanza di prove chiare e trasparenza nelle decisioni che riguardano i processi democratici. Sebbene sia fondamentale proteggere le elezioni da interferenze, azioni intraprese senza prove concrete rischiano di delegittimare le istituzioni stesse. Questo caso dovrebbe servire da monito sul delicato equilibrio tra sicurezza nazionale e integrità democratica.
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