Inchieste
Crosetto vittima di un mitomane o di Servizi e magistratura?
Tempo di lettura: 6 minuti. Guido Crosetto, Ministro della Difesa del Governo Italiano, ha denunciato attività di dossieraggio. Trovato il presunto colpevole, ma non il mandante.
I quotidiani in questi giorni sembrano sconvolti dall’indagine in corso presso la Procura di Perugia ai danni di un finanziere che avrebbe avuto accesso ai sistemi informatici dello Stato per effettuare visure patrimoniali in danno di vip e politici. Nulla di grave, o forse sì, visto che le informazioni sensibili sono finite sui quotidiani.
Hanno pestato i piedi alla persona sbagliata
Appena nominato, Matrice Digitale ha dedicato un approfondimento al ministro Guido Crosetto, Ministro della Difesa che per incarico di governo è costantemente in dialogo anche con l’ala dei Servizi Segreti Militari del paese. Gli stessi Servizi usati spesso per attività di dossieraggio ai danni di persone famose e di spicco della società che hanno bloccato nel migliori dei casi affari o nomine pubbliche, mentre nei peggiori hanno ucciso la vita sociale dei malcapitati.
E questo, si ricordi sempre, in una società democratica equivale alla pena di morte.
Cosa c’entra il ruolo dei Servizi con quello della Magistratura?
Chiedere a un magistrato del rapporto tra magistratura e servizi è come domandare se ha il diabete o meno e confermarne un livello di rapporti equivale a fargli confermare che il Vesuvio si trovi a Napoli, ma vi risponderà che in realtà è collocato a Milano. Con una zoomata più ampia sulla questione, l’affaire Crosetto è in realtà collegato a un gioco di potere che ha costruito carriere negli ultimi 5 anni nei palazzi delle Istituzioni grazie a pezzi di magistratura che ha avuto dalla propria parte non solo l’attività inquirente, ma anche a disposizione un database statale sempre più forbito e spese sempre in crescendo per l’uso di Trojan che infettavano i dispositivi degli indagati e non garantivano sempre un funzionamento in garanzia dei diritti previsti dalla Costituzione. Quando si sente parlare di Trojan di Stato non può che emergere il caso Palamara e l’utilizzo del malware dalla componente politica che l’ha sbattuto fuori dalla magistratura nonostante fosse stato fino al giorno prima il “Cencelli” delle toghe italiane nell’ultimo decennio. Perchè il caso di Palamara coinvolge un altro, e alto, magistrato in contrapposizione nello scacchiere politico italiano che risponde al nome di Davigo. Secondo la Commissione Giustizia del Senato, dopo aver interpellato diversi esperti tecnici sul funzionamento del software malevolo utilizzato dalla magistratura per perfezionare le indagini, il commento descrittivo utilizzato è stato quello di «Un fucile che spara da solo». Si accendeva e si spegneva. E resta memorabile il fatto che nell’incontro tra Palamara e Davigo fosse spento e non abbia registrato cosa si siano detti le due parti e quando Matrice Digitale ha chiesto a Palamara se fosse stato fatto fuori da un mondo grigio, la risposta è stata “non lo escludo, lo sto accertando”.
Che esista un mondo grigio dietro i dossieraggi?
La storia di Davigo apre però un mondo ancora più sotterraneo caratterizzato dall’evento della Loggia Ungheria. Fantomatica o meno non è dato saperlo, ma anche in questo caso a farne le spese è stato un consulente chiacchierato delle Big statali come l’avv. Amara e di un “povero” magistrato che ha commesso l’errore di spifferare l’interrogatorio a Davigo informandolo sul caso perchè “dalla Procura di Milano si è manifestata da subito la volontà di non proseguire l’indagine per non disturbare il processo ENI – Nigeria dove la gola profonda era implicata“. La peculiarità di questa fantomatica loggia era che si decidevano le sorti di indagini e processi con una commistione tra mondo della giustizia e quello dell’imprenditoria ed è singolare il fatto che uno dei più grandi giustizialisti del nostro paese non abbia voluto procedere nelle indagini boicottando il collega. Cambiato il Governo, Davigo è stato condannato in primo grado per rivelazione del segreto d’ufficio rendendo giustizia al PM Storari che si era affidato a lui per autotutelarsi dalle pressioni che aveva ricevuto pur di non continuare ad andare avanti. Amara e Crosetto hanno nulla in comune, che si sappia almeno, se non le consulenze in società di Stato molto vicine al mondo dell’intelligence sotto vari aspetti.
Non sarà la Loggia Ungheria, ma chi voleva fare fuori Crosetto ed il Governo appena formato?
Mentre l’indagine sulla Loggia Ungheria si è arenata, c’è però una domanda che contraddistingue le analisi di settore, comprese le inchieste giudiziare, e precisamente “cui prodest?” A chi giova? Le parole di Crosetto al Corriere sono lapidarie: boicottare un Governo legittimo nella fase di costituzione della sua squadra di ministri con informazioni borderline mina agli interessi del paese. Proprio questo è il problema, proprio questo è in realtà un metodo che, dinanzi ad una ipotesi di una presunta lobby (non necessariamente massonica) bisognerebbe poi capire quali tipi di rapporti si sarebbero andati a sfavorire, favorendone allo stesso tempo altri. Proprio per questo motivo, alcune delle indagini avute nel nostro paese spesso sono state sottovalutate per gli effetti che hanno avuto sulla politica internazionale e sulle logiche geopolitiche, soprattutto quando si parla di società carrozzoni pubblico privati che curano intere filiere di commesse come Eni o la Leonardo di cui Crosetto è stato un consulente. Troppo facile credere che sia stato un magistrato non allineato a qualche potere o a qualche finanziere mosso dalla voglia di emergere andando oltre i suoi compiti. Proprio per questo, il Ministro della Difesa ha detto di volerci vedere chiaro fino alla fine presentando una seconda denuncia e calcando la mano sulle indagini pur di tutelare un servitore dello stato che si è prestato o è stato costretto ad andare oltre. Capire perché l’ha fatto, non solo tutela il presunto autore di un accesso abusivo ad un sistema informatico statale, ma inizia a dare un colore più definito a quel mondo grigio denunciato da Crosetto e scoperto da Cantone come un vaso di Pandora proprio perché l’attuale ministro del Governo italiano non è l’unico ad essere finito nel tritacarne mediatico.
La stampa sotto osservazione e la posizione del Quirinale
La storia di Crosetto trova attenzioni oggi dalla stessa stampa che fino a ieri ha pubblicato il nome di un non ancora indagato per stupro solo perchè figlio del Presidente del Senato La Russa, tra l’altro non coinvolto personalmente nel caso di presunto stupro da parte del figlio. La stessa stampa che si è data una regola di buona condotta dove le generalità dei condannati, e non presunti indagati, per reati simili, o ben più gravi, spesso non figurano negli articoli che riportano le notizie di sentenze definitive. L’aspetto più curioso della stampa italiana è proprio il fatto che oggi mentre parla delle indagini di Cantone e dell’affaire Crosetto ha dimenticato di essere sempre pronta in prima linea nel diffondere intercettazioni, dati sensibili ed informazioni ritenendole spesso una forma di diritto a diffondere la verità. O perchè si hanno le esclusive che potrebbero essere soffiate da altri o perchè altrimenti si “bucano” le notizie pubblicate da chi ha fatto l’esclusiva. Non esiste quindi un problema di stampa di destra o di sinistra ed è facile notarlo da alcune reazioni anomale alla vicenda che mettono d’accordo media di differente estrazione politica. Pubblicare una intervista di Casalino sulla vicenda non cancella in realtà l’articolo che si è dedicato in passato ai suoi dati fiscali sensibili. Proprio queste adesso sono le insidie che potrebbero arenare con il classico metodo dello “scurdammoce o passat” l’attenzione che c’è sulla vicenda. Sotto osservazione anche la posizione del Quirinale che avrebbe molto da dire e da intervenire sulla questione della magistratura e invece non ha voluto infierire sulla questione di Palamara e della Loggia Ungheria. Disinteresse vero oppure finto ed in questo caso il frutto delle indagini e degli scandali a spot nella magistratura siano in realtà un regolamento di conti che l’Ufficio della Presidenza della Repubblica contribuisce a portare avanti in silenzio.
Un caso che potrebbe riformare la Giustizia italiana
Se c’è un effetto che l’affaire Crosetto ha portato alla ribalta, è proprio una riflessione, l’ennesima e atavica, sulla Riforma della Giustizia. Se le questioni di Crosetto sono confermate, se il mondo grigio (termine usato per collegare il mondo dell’antistato a quello dello Stato attraverso mediatori in diversi settori, anche qui le parole del Ministro hanno avuto un peso specifico), la politica potrà mobilitarsi per accelerare il processo di riforma della Giustizia. Nel frattempo, l’ala politica governativa attraverso l’avv. Buongiorno procede spedita nella commissione giustizia per vederci chiaro su come funzionano i Trojan. Il Copasir in mano a Renzi, un altro con il dente avvelenato e pizzicato in una attività di simil spionaggio ai suoi danni su Report, ha avviato una indagine e l’inchiesta di Cantone che dovrebbe garantire imparzialità su un procedimento che vede coinvolti apparati della Giustizia e facilmente depistabile su pressioni interne di presunti magistrati e presunte squadre di agenti della polizia giudiziaria.
Oppure il caso del presunto artefice solitario, di cui non scriviamo il nome perchè Matrice Digitale ha una idea di garantismo diversa dagli altri e ci sono indagini in corso, in realtà sia la storia di un agente specializzato della Guardia di Finanza che voleva farsi giustizia da solo oppure vendeva dati sensibili ai giornalisti per guadagnare qualche extra?
Il rischio è proprio che finisca così e che resterà tutto immobile come come spesso avviene nel mondo degli apparati degni delle migliori cronache da barbe finte.
Inchieste
I Core Update di Google censurano Internet e fomentano truffe SEO
Da quando è iniziata l’epoca dell’intelligenza artificiale, Google sta trasformando la rete. Google ha la capacità di farlo? Assolutamente sì, essendo l’azienda monopolista su cui si basa il maggior numero di ricerche online. Non solo grazie al suo motore di ricerca, ma anche grazie a YouTube, un altro potente motore di ricerca video appartenente alla stessa azienda statunitense.
L’aspetto più importante di questa situazione, già descritto da Matrice Digitale, riguarda la componente su cui Google sta basando la ricerca. Nei risultati si trovano spesso aziende con solidi rapporti con la società e considerate autorevoli. Stiamo assistendo a cambiamenti significativi nel mondo della ricerca, dipendenti dalle scelte editoriali di Google, azienda che sembra non riuscire a trovare una linea chiara oppure ce l’ha e non risulta essere la migliore per la totalità degli utenti e degli imprenditori.
SEO prima vittima ed Editori privilegiati
Le prime vittime sono stati i siti internet che per anni hanno lavorato sul posizionamento SEO (Search Engine Optimization). Questa attività ha subito cambiamenti radicali, soprattutto a causa dei Core Update di Google: aggiornamenti strutturali dell’algoritmo che determinano il posizionamento delle pagine. Il funzionamento esatto di questi aggiornamenti non è chiaro, ma esistono sospetti che non si tratti di un algoritmo autonomo. Emergono ipotesi di rapporti diretti tra Google e aziende editoriali, che ricevono finanziamenti per produrre informazione. Un tempo garantiti dallo Stato, questi fondi provengono ora da privati verso altri privati. Un settore, quello di Google News, che rappresenta una lobby gestita dai soliti noti ed in mano alla politica così come raccontato nell’inchiesta a tema di Matrice Digitale.
Google fa politica, riscrive la storia e chiude il mercato
Google non risponde solo a logiche commerciali, ma mostra un indirizzo politico, influenzato da lobbisti e dinamiche globali. Con l’eventuale ritorno di Donald Trump, potrebbe modificare il proprio posizionamento sui contenuti visibili in rete anche se ad oggi risulta essere in antitesi alla cordata di Musk dove si sono aggregati dopo l’esito delle elezioni sia Zuckerberg sia Bezos con tanto di strizzatina d’occhio da parte di Gates.
Un altro aspetto rilevante è l’ascesa di nuovi motori di ricerca basati su intelligenza artificiale, come SearchGPT di OpenAI, che fornisce risposte in base a domande anziché parole chiave. Questo fenomeno solleva questioni legate a linee politiche imposte da multinazionali, governi e organi sovranazionali.
Google sta riscrivendo la storia: deindicizza o rende inutili contenuti alternativi rispetto alla narrazione mainstream dell’informazione, della ricerca scientifica e della politica. Giornalisti e artisti vengono relegati in fondo ai risultati di ricerca, generando caos tra chi si occupa di ottimizzazione dei contenuti e chi cerca di emergere nel panorama informativo.
I Core Update e l’esempio della manina dietro l’algoritmo
I Core Update premiano spesso siti improbabili a scapito di quelli storici e di qualità. L’ottimizzazione della ricerca proposta da Google si basa su due principi: la velocità di caricamento e l’autorevolezza. La velocità è valutata tramite i Core Web Vitals, mentre l’autorevolezza si costruisce attraverso citazioni da fonti ritenute autorevoli. Questo sistema ha spinto le testate editoriali a omettere chi ha dato la notizia per primo, modificando il panorama giornalistico oltre a fomentare un mercato parallelo di citazioni a pagamento sulla base di insider trader all’interno delle redazioni di siti posizionati con un ottimo page rank.
Google censura le notizie e non premia il giornalismo
Google dovrebbe premiare, secondo regole meritocratiche, chi fornisce le notizie in anteprima. Tuttavia, l’algoritmo sembra invece favorire chi mantiene rapporti privilegiati con l’azienda. Parallelamente, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei contenuti ha premiato siti di affiliazione di dubbia qualità, dimostrando l’incoerenza del sistema dove richiede contenuti esclusivi per poter indicizzare in modo privilegiato i contenuti. Google censura inoltre notizie esclusive, che spesso non appaiono tra i risultati di ricerca nelle categorie news o video e non è chiaro secondo quale principio.
Google facilita le truffe nel mercato SEO ?
Le regole opache di Google stanno trasformando il settore, creando difficoltà a chi si occupa di SEO, costringendo molti professionisti a cambiare mestiere o a proporre servizi poco efficaci.
Questa situazione sta livellando il mercato verso il basso. Da un lato, esistono persone oneste ma impreparate; dall’altro, truffatori che approfittano di aziende incapaci di navigare le nuove regole. I Core Update stanno favorendo un sottobosco di figure poco professionali, aumentando la sfiducia nelle opportunità offerte da Internet.
Il web, un tempo simbolo di libertà e accessibilità, sta diventando un luogo sempre più chiuso e costoso. Oggi, per emergere, non basta più creare un blog o un sito di qualità: bisogna investire ingenti somme per promuovere contenuti indicizzati ma invisibili senza la garanzia di un ritorno. Questo sistema alimenta il business dei social network, creando un cartello economico che avvantaggia un ristretto gruppo di grandi aziende.
La rete sta subendo una trasformazione radicale, diventando sempre meno libera e non solo per quanto riguarda la varietà delle informazioni, ma anche per le possibilità di accesso al mercato globale. I contenuti vengono manipolati per favorire narrazioni di parte, alimentando sistemi propagandistici, a volte anche di tipo militare visti gli ultimi tempi, capaci di spingere intere società verso conflitti prima social e, in casi estremi, globali.
Inchieste
Stalking, bullismo e Report Bombing su Vinted: assistenza latita
Tempo di lettura: 3 minuti. La storia di Chiara, vittima di report bombing su Vinted, evidenzia gravi carenze nella gestione dei reclami e nella protezione degli utenti da bullismo e stalking digitale.
Le piattaforme di e-commerce e scambio di beni usati, come Vinted, sono sempre più diffuse grazie alla loro capacità di connettere persone in cerca di convenienza e sostenibilità. Tuttavia, quando il sistema di gestione dei reclami e la moderazione non funzionano come dovrebbero, queste piattaforme possono trasformarsi in un terreno fertile per abusi e vessazioni al limite dello stalking. Questo è il caso di una venditrice esperta, che chiameremo Chiara, la cui esperienza raccontata in ESCLUSIVA a Matrice Digitale getta luce su gravi falle nella gestione di problematiche critiche da parte di Vinted e della tecnica del Report Bombing subita per mesi.
Dieci mesi di vessazioni
Chiara, iscritta su Vinted dal 2021 con un profilo di alta reputazione (340 recensioni, 4.9 di rating), si è trovata vittima di un autentico report bombing. Dopo un diverbio con un’utente aggressiva sul forum, il suo account è diventato il bersaglio di segnalazioni continue, apparentemente infondate. Secondo quanto riferito, l’utente in questione ha dedicato mesi a segnalare ripetutamente i suoi articoli, portando alla rimozione di inserzioni, al blocco temporaneo dell’account e, infine, a una sospensione permanente.
Le segnalazioni, spesso ridicole, includevano accuse di:
- Vendita di articoli inesistenti o doppi (anche quando non lo erano).
- Violazioni di copyright, nonostante Chiara avesse dimostrato di essere l’autrice delle immagini.
- Vendita di brand contraffatti, malgrado fossero presenti etichette, scontrini e altri documenti di autenticità.
- Articoli ritenuti non sicuri, senza prove concrete.
Nonostante le numerose prove fornite da Chiara, Vinted ha risposto con messaggi preconfezionati e, nei casi di insistenza, con risposte giudicate sgarbate e prive di umanità.
Assenza di tutela e inadeguatezza dell’assistenza
Chiara ha segnalato ripetutamente le minacce ricevute, allegando prove documentali, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate. Paradossalmente, l’utente che ha perpetuato il report bombing continua a utilizzare la piattaforma indisturbata, nonostante alcune recensioni la descrivano come una persona problematica.
Dopo mesi di tentativi infruttuosi, Chiara ha aperto un reclamo presso un organo europeo (ODR), ma anche in questo caso non ha ottenuto alcuna risposta. Ha inoltre tentato di contattare Vinted attraverso l’indirizzo email legal@vinted.it, indicato come riferimento per controversie legali, senza ricevere alcun riscontro.
La questione del bullismo sulle piattaforme digitali
L’esperienza di Chiara mette in evidenza un problema sistemico. Nonostante il grande successo di Vinted, la piattaforma sembra trascurare l’importanza di una gestione responsabile delle problematiche degli utenti favorendo non solo il proliferare di truffe, ma anche la stalking ai danni dei venditori. Le accuse di bullismo e stalking digitale non possono essere ignorate, soprattutto quando si tratta di episodi documentati con prove.
La mancanza di un’assistenza adeguata solleva interrogativi sulla capacità di Vinted di proteggere i propri utenti da abusi e vessazioni. In un’era in cui le denunce per comportamenti scorretti online sono in aumento, è essenziale che piattaforme di questa portata si dotino di strumenti efficaci per contrastare episodi di cyberbullismo e stalking.
La vicenda di Chiara non è un caso isolato, sono tante le anomalie raccontate da Matrice Digitale su Vinted ed il suo sistema spesso claudicante nel garantire venditori e consumatori vittime di truffe e minacce, ma rappresenta un esempio emblematico di come l’assenza di un’assistenza efficace possa esacerbare situazioni già gravi. È fondamentale che Vinted e altre piattaforme simili rivedano le loro politiche di moderazione e assistenza, adottando un approccio più umano e trasparente per garantire la sicurezza e la tutela di tutti gli utenti.
Inchieste
Elezioni annullate in Romania: cosa è successo? E’ un colpo di stato?
Tempo di lettura: 5 minuti. Romania annulla le elezioni presidenziali: 85.000 cyberattacchi e manipolazione su TikTok costringono a ripetere il primo turno.
La Romania si trova nel mezzo di una crisi politica e tecnologica senza precedenti: la Corte Costituzionale ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali dopo oltre 85.000 attacchi informatici contro i sistemi elettorali e un’influenza significativa su TikTok attribuita a campagne coordinate. Questi eventi hanno portato all’annullamento del ballottaggio previsto e all’intervento della Commissione Europea per indagare su manipolazioni sistemiche e rischi legati alla piattaforma.
Cyberattacchi e manipolazione elettorale
Secondo il Servizio di Intelligence Rumeno (SRI), il sistema elettorale è stato preso di mira da oltre 85.000 cyberattacchi, compresi tentativi di compromissione dei server dell’Autorità Permanente Elettorale. Questi attacchi, attribuiti a un presunto attore statale, avevano come obiettivo il furto di credenziali e la manipolazione dei dati elettorali.
Un altro elemento chiave è stato l’uso di TikTok per influenzare gli elettori. Una rete di 25.000 account falsi ha promosso il candidato pro-Mosca, Călin Georgescu, attraverso video virali e strategie coordinate di disinformazione. Sebbene non vi siano prove che il candidato fosse direttamente coinvolto, la Corte Costituzionale ha sottolineato che l’intero processo elettorale è stato compromesso, richiedendo la ripetizione del primo turno.
Le manipolazioni non si sono limitate alla disinformazione. Credenziali rubate sono state trovate in forum russi, alimentando preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e sull’integrità del voto. La decisione della Corte di annullare le elezioni è stata definita dal Primo Ministro Marcel Ciolacu come “l’unica soluzione possibile per preservare la democrazia”.
Intervento della Commissione Europea
In seguito agli eventi, la Commissione Europea ha emesso un ordine di conservazione dei dati per TikTok, obbligando la piattaforma a conservare documenti relativi ai rischi sistemici che potrebbero minacciare i processi elettorali. Questo include informazioni sui sistemi di raccomandazione e sull’uso di account falsi per manipolare l’opinione pubblica.
TikTok è stata anche invitata a fornire dettagli sul modo in cui affronta i rischi derivanti dall’uso non autentico del servizio, come bot e campagne coordinate. La piattaforma ha dichiarato di aver rimosso alcune reti di account, ma la portata delle manipolazioni rimane oggetto di indagini approfondite.
La Commissione Europea, in base al Digital Services Act, mira a garantire che TikTok rispetti gli obblighi di trasparenza e sicurezza, evitando interferenze in ulteriori elezioni all’interno dell’Unione Europea.
Cosa non torna dal rapporto dell’intelligence sulle elezioni in Romania?
Mancanza di prove convincenti
I documenti di intelligence non forniscono prove concrete di interferenze straniere o manipolazioni. Al contrario, si basano su parallelismi circostanziali con presunti metodi russi utilizzati in altri contesti (ad esempio in Ucraina e Moldavia). Pur documentando una campagna su TikTok a favore di Călin Georgescu, con 25.000 account coordinati tramite Telegram, mancano evidenze definitive di:
- Amplificazione artificiale (ad esempio, bot o account falsi).
- Finanziamenti esteri o coinvolgimento diretto di attori statali.
- Un chiaro nesso causale tra la campagna e i cambiamenti nel comportamento degli elettori.
L’esistenza di campagne coordinate sui social media non è di per sé né sospetta né insolita, ma rappresenta una pratica standard nella politica moderna a livello globale.
Errata interpretazione dell’attività nella Campagna Elettorale
Le attività descritte—canali Telegram coordinati, pagamenti a influencer, messaggi specifici—sono in linea con le normali strategie di marketing digitale. Le tariffe riportate per gli influencer (400 lei per 20.000 follower o 1.000 euro per video promozionale) rientrano nei parametri di mercato. Questo solleva dubbi sul fatto che la campagna sia stata ingiustamente etichettata come dannosa solo per la sua efficacia o sofisticazione.
Parallelismi circostanziali vs prove concrete
L’affidamento dei documenti a paralleli con operazioni russe è problematico. Comportamenti come l’attivazione di account dormienti durante le elezioni sono comuni quando cresce l’interesse politico e non solo in Romania. Insinuare manipolazioni senza prove tecniche di amplificazione o account falsificati confonde la linea tra campagne strategiche e interferenze malevole.
Influenza sugli Elettori e efficacia non dimostrata
Sebbene la campagna possa aver aumentato la visibilità di Georgescu, i documenti non forniscono metriche di coinvolgimento complete, come:
- La reale portata e impatto dei contenuti oltre il numero di visualizzazioni.
- Quanti elettori hanno effettivamente cambiato preferenza.
- Se questa campagna sia stata determinante rispetto a fattori tradizionali come politiche, copertura mediatica o insoddisfazione generale per gli altri candidati.
Precedente più ampio
Annullare un’elezione basandosi sull’esistenza di una campagna social coordinata è senza precedenti. Stabilendo questo standard, la corte rumena rischia di:
- Minare i processi democratici invalidando le elezioni basandosi su sospetti piuttosto che su prove.
- Creare un precedente che potrebbe essere usato per contestare risultati scomodi sotto la giustificazione di combattere interferenze.
- Scoraggiare campagne politiche legittime per il timore di accuse simili.
Danneggiare la Democrazia per proteggerla: analisi dell’autore
Quanto accaduto in Romania rappresenta il primo caso di elezioni annullate a causa dell’influenza della rete. Non è chiaro, vista l’assenza di prove inconfutabili, se la causa principale sia stata la presenza di un candidato contrario alle posizioni di Bruxelles o un’ingerenza russa. Tuttavia, è evidente che i servizi di intelligence rumeni, strettamente collegati agli Stati Uniti, abbiano un ruolo importante, considerando anche il forte interesse della NATO in Romania, con la costruzione di diverse basi militari installate per far fronte all’invasione militare del Cremlino: soggetto accusato di sponsorizzare il candidato vincente.
D’altra parte, è altrettanto rilevante la presenza di una componente russa che, attraverso strumenti democratici, potrebbe aver influenzato i cittadini rumeni, configurando una sorta di “conquista pacifica” a botte di post sui social network. Questo porta a una riflessione cruciale: indipendentemente dall’eventuale ingerenza verificatasi sul social network cinese, la situazione suggerisce un interrogativo più ampio.
L’Europa, che si proclama baluardo dei principi democratici, è davvero disposta ad applicare tali principi in ogni circostanza?
Le elezioni continuano ad avere un ruolo determinante, o sono percepite come una minaccia per l’establishment?
Per la Romania, le elezioni rappresentano un pericolo per il potere costituito ma, al contempo, restano un patrimonio da tutelare come dovrebbe essere in ogni democrazia.
Un parallelismo può essere tracciato con le ultime elezioni statunitensi, dove il social network di Elon Musk ha avuto un ruolo rilevante per Donald Trump. Nonostante le accuse di favoritismi da parte di Musk, che avrebbe amplificato le visualizzazioni di Trump e del Partito Democratico, emerge un tema chiave:
perché l’Unione Europea non interviene costantemente contro le grandi piattaforme che, attraverso forme di censura, sostengono in modo evidente le narrazioni europeiste?
Il rischio è che, indipendentemente dal volere popolare, prevalga una narrazione costruita nel medio-lungo periodo, orientata a eliminare voci contrarie all’interno dell’arena democratica. Questo potrebbe portare a un punto di rottura: se il processo fosse davvero così, l’Occidente perderebbe il ruolo di modello democratico globale, e la sua democrazia non potrebbe più essere considerata un faro per il resto del mondo.
Proprio per questo motivo, ironia della sorte, la decisione di annullare l’elezione potrebbe fare più danni alla democrazia di qualsiasi presunta manipolazione. Intervenendo sulle scelte degli elettori basandosi su accuse non provate, le autorità rischiano di erodere la fiducia pubblica nei processi elettorali. Questo approccio potrebbe incoraggiare altri governi a usare accuse simili per reprimere il dissenso o annullare risultati non graditi ed il caso Georgia rappresenta il caso da scongiurare dove i democratici europeisti imbracciano la protesta violenta per sovvertire l’esito elettorale.
La decisione della Corte Costituzionale rumena sottolinea l’importanza di prove chiare e trasparenza nelle decisioni che riguardano i processi democratici. Sebbene sia fondamentale proteggere le elezioni da interferenze, azioni intraprese senza prove concrete rischiano di delegittimare le istituzioni stesse. Questo caso dovrebbe servire da monito sul delicato equilibrio tra sicurezza nazionale e integrità democratica.
-
Smartphone1 settimana ago
Realme GT 7 Pro vs Motorola Edge 50 Ultra: quale scegliere?
-
Smartphone1 settimana ago
OnePlus 13 vs Google Pixel 9 Pro XL: scegliere o aspettare?
-
Smartphone1 settimana ago
Samsung Galaxy Z Flip 7: il debutto dell’Exynos 2500
-
Smartphone1 settimana ago
Redmi Note 14 Pro+ vs 13 Pro+: quale scegliere?
-
Sicurezza Informatica1 giorno ago
Nvidia, SonicWall e Apache Struts: vulnerabilità critiche e soluzioni
-
Sicurezza Informatica9 ore ago
NodeStealer e phishing via Google Calendar: nuove minacce
-
Sicurezza Informatica1 settimana ago
Microsoft Patch Tuesday dicembre 2024: sicurezza e funzionalità
-
Sicurezza Informatica1 settimana ago
Vulnerabilità Cleo: attacchi zero-day e rischi di sicurezza