Sommario
L’Italia sta andando sempre più verso una deriva fascista ed il concetto non è espresso sicuramente da un leader in odore di ventennio che si trova colpevolizzata continuamente per le sue aderenze passate, secondo molti mai rinnegate definitivamente, e per scandali che riguardano il presente come l’inchiesta di Fanpage che racconta il la sezione giovanile del principale partito di Governo come un centro di formazione di ricordi del periodo fascista ed addestramento di nuovi balilla.
L’Italia tecnologica nelle mani degli USA
Dovrebbe far paura la piega che il nostro paese sta prendendo attraverso un mercato liberale che tutela potenti con sede al di fuori dell’Unione Europea ed avvicina l’Italia sempre più ad un sistema di controllo Statunitense. In questi giorni è stato completato il passaggio dalla TIM, metà francese, al fondo KKR, capitanato da un ex direttore della CIA. A questo passaggio formale, si aggiunge quello informale scoperto da Matrice Digitale sul perimetro cibernetico dell’ACN appoggiato a dei server USA di Microsoft
L’apparato della Pubblica Amministrazione italiana si ritrova a fare conti con un’ingerenza straniera in un’azienda che ha rappresentato per anni anche il fulcro di operazioni di intelligence del nostro paese, ma ancora più agghiacciante dal punto di vista di chi vi scrive, però, resta la posizione di Google nel settore dell’editoria. Una società che per anni è stata sempre al centro dell’attenzione per il suo monopolio di Internet.
Google evade e finanzia lo Stato con i soldi delle tasse evase
In questi giorni Google è stata raggiunta da una richiesta della Procura per una presunta evasione da 900 milioni di euro solo nel nostro paese. Con questi presunti 900 milioni di euro evasi Google, oltre a consolidare il suo business a differenza di chi le tasse le ha pagate, ha finanziato fondazioni ed attività con Istituzioni e Forze dell’Ordine per attività di contrasto al crimine informatico ed all’educazione digitale dei nostri bambini costantemente manipolati dagli impulsi che il social YouTube ha in esclusiva grazie alla sua sezione “Kids”.
Lo Stato italiano ha preferito in questi lunghi anni, Meloni è solo l’ultimo dei capi colpevole forse di aver dato la mazzata finale facendosi eleggere dietro l’ideologia del sovranismo, ha bypassato la formulazione di ragionamenti sulle criticità vissute dalla sovranità nazionale intesa come libertà di espressione e tutela della libertà di stampa in un mercato libero, e non monopolizzato come risulta oggi da una entità che assume sempre più contorni di un controllo su quello che deve comparire all’interno della rete Internet e quello che in realtà debba essere penalizzato.
Sorprende anche la posizione dell’Ordine dei Giornalisti che mai si è posto il problema seriamente ed ha sempre rappresentato con la sua attività sindacale gli interessi delle aziende editoriali che in realtà hanno più giornalisti in termini numerici, ma rappresentano la minoranza delle testate complessive sul territorio italiano. Essendo i giornalisti più numerosi al di fuori delle redazioni blasonate nell’ultimo rapporto sul Giornalismo digitale, il sindacato dei giornalisti parla di Apple News e Google News come risorse preziose per veicolare il giornalismo, ma ignora volutamente le criticità reali per gli editori e di conseguenza per gli stessi giornalisti.
Il Duce del nostro ventennio è il Mercato Liberale?
Alla luce di come funziona il settore dell’editoria, è possibile affermare che il mercato liberale in realtà non è libero e non è sicuramente aperto alla tutela delle aziende più deboli o addirittura di chi vorrebbe emergere, soprattutto nel segmento dell’editoria, attraverso la pratica che manca nelle scuole di giornalismo foraggiate dalle Big Tech in modo diretto o indiretto.
Il merito di valutazione non è assolutamente contemplato, soprattutto quando si dà uno sguardo alle condizioni del Centro Google dedicato agli editori dove risulta chiaro da subito che in realtà non esista una premialità bastata sulla qualità, ma su accordi stipulati nel sottobosco con i grandi gruppi editoriali che rispondono a determinate logiche e ad interessi comuni.
Questa penalizzazione costante che vive il settore è nascosta dietro l’algoritmo che nemmeno le ultime due Commissioni del Governo, una sull’intelligenza artificiale e l’altra proprio sull’editoria, hanno definitivamente normato. Non rendere pubblico l’algoritmo o almeno non disciplinarlo secondo quello che è un concetto obsoleto del giornalismo, ma pur sempre valido, come potrebbe essere facilitare chi arriva prima in modo tale da mettere le aziende sullo stesso piano di valutazione.
Così come è oramai fatto noto che Google, Facebook e altre strutture di social media e motori di ricerca minori come Microsoft detengano una classifica propria di valutazione delle testate, secondo determinati canoni che non sono assolutamente visibili e che dovrebbero essere trasparenti.
Duce creò l’Ordine dei Giornalisti per monitorare la stampa e, dalle ultime carte emerse sul funzionamento di Google, anche la multinazionale monitora costantemente l’attività dei giornalisti sui Social Network facendo intendere che le selezioni autoriali sui suoi canali non avvengono per qualità dei giornalisti, bensì per le loro posizioni.
Se il concetto non è chiaro, va rispiegato in sintesi: “l‘editoria è controllata a monte secondo dei canoni di cui si ignorano le basi, ma che esistono e che decidono la vita e la morte delle professionalità giornalistiche e delle testate del nostro Paese“.
Nascondersi dietro il mercato libero, o dietro concetti come l’algoretica, fa in modo che sia tutto gestito secondo una evoluzione di premialità e di illuminazione divina che ricorda lo slogan Dio, Patria e Famiglia.
Oramai sono molti coloro che hanno compreso che la premialità del giornalismo via web non è sulla base della qualità bensì sulla base di accordi privati non solo economici, ma che spesso coincidono con narrazioni pressoché identiche sull’opinione pubblica di un intero Paese.
Una situazione vera che va avanti dal 2007 almeno, e l’unica soluzione offerta agli editori, manco ai giornalisti, sarà quella di veder riconosciuta una fee alla propria testata per le attività sviluppate dall’intelligenza artificiale che la stessa Google sta portando avanti nel settore dell’editoria.
Google scriverà gli articoli e pagherà chi li pubblica?
Anni che il settore giornalistico si trova ad affrontare una sfida che vede gli editori intenzionati a restringere lo spazio cibernetico sfavorendo gli altri, cedendo anche quelle che erano le loro capacità e in molti casi la linea editoriale. Il risultato è che chi ha più giornalisti, e debiti, ricatta la totalità degli addetti ai lavori minando costantemente il diritto sancito dall’articolo 21 della Costituzione. Facile a definirsi di qualità e liberali quando c’è una manina che ti procura visite a differenza di altri e strano che l’Ordine Dei Giornalisti nell’ultimo rapporto non abbia tenuto conto di questo fattore, nascondendolo sotto le opportunità offerte da multinazionali extra europee.
La corsa al privilegio all’interno del motore di ricerca che identifica più di tutti la rete Internet, in realtà ci fa capire, ci fa comprendere che quello che è stato penalizzato in questi anni, non è sicuramente il mercato inteso come monopolio di potentati, ma la qualità del giornalismo e la libertà di espressione e di stampa di un intero paese.