L’Italia arranca nell’AI e Vance rovina la festa a Macron e Von der Leyen

da Livio Varriale
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L’annuncio da parte della Francia di una propria Intelligenza Artificiale “europea” ha scosso il panorama continentale, aprendo una gara a chi, tra i diversi Paesi, potrà vantare la soluzione più avanzata. Sul piano mediatico, l’Italia sembra voler accettare la sfida, ma le condizioni di partenza appaiono critiche: i modelli finora annunciati risultano in fase “beta” e la capacità di competere con giganti come Stati Uniti e Cina, che destinano all’IA investimenti di gran lunga superiori, resta limitata.

Un’infrastruttura da costruire e un fabbisogno energetico che incide

Nel momento in cui il governo italiano tenta di inseguire le ambizioni francesi, emerge il problema strutturale del Paese in materia di infrastrutture. Un’IA di alto profilo richiede innanzitutto un supercomputer, la cui realizzazione dipende da hardware avanzati, in buona parte importati da grandi produttori americani e cinesi. A ciò si aggiunge il nodo energetico: in Francia, le centrali nucleari assicurano una fornitura stabile e sostenibile per far funzionare i data center necessari a progetti come Mistral AI. L’Italia, invece, ha detto no al nucleare negli anni passati e si trova oggi a fronteggiare rincari di gas e incertezze sugli approvvigionamenti, rendendo assai più oneroso il mantenimento di un’infrastruttura competitiva.

Sfida tecnologica o treno già perso?

Diversi esperti interpellati da Matrice Digitale ritengono che inseguire l’attuale modello di IA — basato su reti neurali da addestrare con immense quantità di dati e risorse di calcolo — sia un obiettivo poco realistico. I progetti cinesi e americani godono di budget anche cento volte superiori a quelli italiani, e l’intera filiera dei semiconduttori è quasi interamente esterna all’Europa. L’unica strada concretamente percorribile per un Paese come il nostro passa spesso attraverso il noleggio di servizi cloud da colossi stranieri, che siano Google, Microsoft o altri provider.

Il confronto impari con Mistral AI

Dal canto suo, la Francia ha presentato Mistral AI come un LLM di nuova generazione, con l’obiettivo dichiarato di posizionarsi come valida alternativa a Cina e Stati Uniti. Parigi ha puntato sul brand “europeo” e sulla presunta sostenibilità ambientale dei propri data center.

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L’Italia, di riflesso, ha risposto con un elenco di modelli “made in Italy” – tra cui Vitruvian-1 – ma in più occasioni si è scoperto come questi progetti siano in stadio iniziale, o si poggino su hardware e piattaforme di proprietà straniera. Nel clima di propaganda politica, la sensazione è che l’Italia stia cercando di dimostrare un dinamismo che nei fatti fatica a concretizzarsi.

Uno scenario energetico ed economico difficile da gestire

La chiusura al nucleare, il peso del gas acquistato a caro prezzo e la dipendenza dall’estero per l’hardware (GPU e processori) mettono in dubbio la reale convenienza di una corsa tutta italiana all’IA generativa. Il rischio è di incanalare fondi pubblici in un’impresa costosa e quasi impossibile da portare ai livelli dei giganti mondiali. Perfino in Francia, che vanta centrali nucleari e un approccio più deciso, il progetto Mistral AI è stato oggetto di scetticismo a causa dei legami con big tech americane (Microsoft in primis) ed il costo per GWH del nucleare francese è il doppio di quello americano, ma ha un potenziale in termini di riserva di cui Altman ha bisogno.

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L’importante, però, è che sia disponibile e non è escluso che Sam Altman possa contribuire nel potenziarlo secondo alcune indiscrezioni emerse in rete.

Oltre l’illusione del nuovo “CHATGPT EUROPEO”

Chi considera questa sfida una sorta di “treno già perso” non esclude che la creazione di una potenziale eccellenza italiana possa ancora passare per nicchie di mercato, applicazioni settoriali e servizi specializzati. Sviluppare un LLM “generico” ex novo comporta costi e tempistiche fuori scala per molti governi dell’Unione. Il vero valore aggiunto, dicono alcuni osservatori, potrebbe emergere se l’Italia puntasse su soluzioni di intelligenza artificiale verticali, legate a specifici settori (dall’industria manifatturiera al design), invece di tentare di imitare i colossi globali.

Annunci

Verso una strategia sostenibile?

L’annunciata rincorsa a un’IA nazionale si sta trasformando in un dibattito a tutto campo sulla reale sostenibilità — finanziaria, tecnologica ed energetica — di un progetto simile. Se la Francia cerca di “vendere” il proprio modello come autenticamente europeo, l’Italia sembra ancora in bilico tra orgoglio nazionalistico e l’inevitabile dipendenza da partner esteri. Il vero pericolo è che si alimenti una retorica di rilancio, nel frattempo destinando risorse pubbliche a tecnologie che, una volta giunte sul mercato, potrebbero già essere superate da nuovi sviluppi scientifici e industriali.

La speranza, sottolineano i più pragmatici, è che Roma affronti la sfida consapevole dei propri limiti, investendo in segmenti di IA realmente utili al tessuto produttivo nazionale e coltivando quelle competenze che da sempre rappresentano l’eccellenza del “made in Italy”. Puntare tutto sulla competizione frontale con Stati Uniti, Cina e perfino Francia rischia di essere una partita già persa, sia dal punto di vista economico che da quello strategico ed è il messaggio che gli USA hanno lanciato ai francesi ed al resto del mondo.

AI SUMMIT: Francia e Europa sfidano gli Stati Uniti

Un evento globale dedicato all’Intelligenza Artificiale ha catalizzato l’attenzione di leader internazionali e grandi colossi tecnologici. Emmanuel Macron, presidente francese, ha sfruttato l’occasione per incastonare il lancio del suo Mistral AI — un modello di chatbot nazionale, definito “europeo” ma pieno di soldi americani — all’interno di un contesto propizio, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo della Francia come polo di riferimento tecnologico nel continente. La presenza di capi di Stato africani, di esponenti politici indiani e dei giganti dell’hi-tech americano ha sottolineato la portata multinazionale dell’incontro.

E Von der Leyen annuncia 220 miliardi sull’AI

Mentre Macron dichiarava la centralità della sua nuova creatura digitale, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, svelava un piano di investimenti pari a 220 miliardi di euro destinati all’Intelligenza Artificiale. Molti osservatori hanno interpretato questa mossa come un’iniziativa per affermare la leadership dell’Europa sul tema, ponendosi al fianco (e talvolta in competizione) con gli Stati Uniti d’America.

Secondo alcuni commentatori, la scelta di Von der Leyen potrebbe essere letta anche come un segnale di distacco dalle politiche e dalle reticenze mostrate finora da Giorgia Meloni in materia di IA, un aspetto che lascerebbe intendere un certo isolamento dell’Italia nel dibattito continentale.

La posizione americana: J.D. Vance In scena

A sorprendere gli addetti ai lavori è stato il discorso di J.D. Vance, vicepresidente degli Stati Uniti (nell’ambito dell’evento), il quale ha partecipato come co-host e ha ribadito la posizione chiave di Washington nella partita globale sull’Intelligenza Artificiale. Davanti a un pubblico composto da delegazioni europee e non solo, Vance si è espresso in termini chiari:

No a regole etiche stringenti che potrebbero limitare lo sviluppo dell’IA: a suo dire, l’innovazione non deve essere frenata da norme ritenute eccessivamente restrittive, come quelle prospettate dall’UE.

Critiche al Digital Services Act: Vance ha attaccato il DSA europeo, giudicandolo uno strumento di censura (ed anche embargo per via delle sue sanzioni) che rischia di eliminare contenuti legittimi più per ragioni politiche che per effettiva illegalità.

Pressione su alleati e partner: ha sottolineato come l’Europa debba scegliere se allearsi in modo serrato con gli USA in questa sfida tecnologica, per evitare di ritrovarsi a dipendere da soluzioni cinesi o di altri Paesi “dittatoriali”.

Un’ulteriore sfumatura politica è emersa quando Vance ha lasciato il palco senza assistere ai discorsi di Von der Leyen né tantomeno di Macron, segnalando un possibile disinteresse — o peggio, una freddezza strategica — verso le politiche europee in materia.

“Sgarbo” diplomatico e avvertimento agli altri leader

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I commentatori più attenti hanno letto l’abbandono di Vance come un atto dal forte valore simbolico. Gli Stati Uniti si sarebbero presentati in veste di alleati e Co-organizzatori, ma con un messaggio tutt’altro che conciliante:

Siate con noi: collaborate ai nostri standard tecnologici e adottate una regolamentazione leggera.
Oppure sarete considerati avversari: se non volete schierarvi, rischiate di trovarvi isolati o di dovervi rivolgere ad alternative non occidentali come la Cina.

Quest’ultima posizione è stata colta in particolare dai leader africani e dalle delegazioni arabe presenti, interessate a diversificare i propri investimenti tecnologici ma al contempo desiderose di non inimicarsi le grandi potenze.

Italia ai margini? Strategia o imbarazzo domestico?

Nelle stesse ore, Giorgia Meloni si trovava impegnata in un convegno di carattere interno, lontana dai riflettori di un meeting che avrebbe potuto offrire visibilità e opportunità di negoziazione in tema di IA. L’assenza di un ruolo italiano rilevante in questa sede internazionale sottolinea il disallineamento con le mosse della Commissione Europea e, più in generale, con quelle di Macron, che ha tracciato un percorso di forte ambizione nazionale.

A peggiorare la situazione, la prospettiva di un piano europeo da 220 miliardi di euro sembra porsi in contrasto con la prudenza — se non addirittura il disimpegno — mostrata finora da Roma su investimenti così massicci nell’IA. Chi punta il dito su Meloni, la accusa di non aver saputo, o voluto, inserirsi nella partita, lasciando che l’Italia seguisse il flusso deciso da altri Paesi e dagli Stati Uniti in primis.

Il ruolo chiave di Google e l’India di Modi

Il summit ha messo in vetrina anche la presenza di Sundar Pichai, CEO di Google, e del suo connazionale nonché primo ministro indiano Narendra Modi, sottolineando la crescente sinergia tra le grandi multinazionali tech e l’India e, soprattutto, un interesse comune nel favorire una regolamentazione meno pesante e più orientata all’innovazione.

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L’India di Modi, in cerca di un ruolo da protagonista nel nuovo ordine mondiale, ha colto l’occasione per presentarsi come interlocutore in una fase in cui la Cina appare sempre più isolata, e l’Occidente è diviso tra chi insegue la linea americana e chi, come la Francia, cerca di tessere un’alleanza europea più autonoma.

Un’Europa divisa tra Francia e USA, mentre l’Italia resta defilata

Alla fine di questa kermesse sull’IA, il quadro è quello di un blocco occidentale che ancora fatica a trovare un equilibrio tra gli interessi degli Stati Uniti e le aspirazioni di leadership espresse dalla Francia. L’Unione Europea, per parte sua, cerca di galvanizzare il continente annunciando un notevole investimento in IA, ma si scontra con un governo italiano più concentrato su questioni interne e per nulla pronto a recitare un ruolo da protagonista in questa rivoluzione tecnologica.

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Il segnale lanciato da J.D. Vance e dagli Stati Uniti è chiaro: o l’Europa abbraccia la visione americana, riducendo le restrizioni e accettando la supremazia delle infrastrutture made in USA, oppure rischia di restare ai margini di una competizione già dominata dai colossi tech. Sullo sfondo, un Macron che tesse rapporti con l’India e l’Africa, provando a ergersi a principale tessitore della strategia digitale europea, mentre l’Italia guarda la partita da lontano, pagando il prezzo di un’assenza che, almeno per ora, non passa inosservata.

Si può anche come

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