Inchieste
NAFO: i propagandisti di Kiev che minacciano il Governo
Il contesto della guerra cibernetica a margine del conflitto ucraino vede due attori sui social media che si affrontano dal 24 febbraio 2020: i NAFO e la propaganda russa.
I NAFO (North Atlantic Fellas Organization) sono un gruppo informale nato online che si distingue per il suo supporto all’Ucraina e la sua opposizione alla propaganda russa, soprattutto nell’ambito del conflitto tra Russia e Ucraina, ma non disdegnano l’appoggio a Israele nella sua operazione speciale controversa in quel di Gaza ed appoggiano le politiche europeiste dell’attuale establishment. Il movimento ha iniziato a prendere forma durante il conflitto del 2022, assorbendo alcuni pezzi della bestia di Salvini “facciamorete”, diventando noto per le sue attività sui social media, dove contrasta la disinformazione e la propaganda filo-russa attraverso meme, battute satiriche e interventi diretti sui post online.
Secondo la “leggenda“, la comunità NAFO è composta principalmente da utenti sui social media che si identificano come “Fellas” e che usano immagini del cane di razza Shiba Inu come avatar. Le loro attività includono la raccolta di fondi per le forze armate ucraine e la diffusione di contenuti che promuovono la causa ucraina. I NAFO agiscono in gran parte in maniera umoristica, ma hanno avuto un ruolo significativo nel contesto della guerra cibernetica per quel che riguarda la battaglia dell’informazione online. Si definiscono attivisti digitali, ma ci sono più riferimenti che li associano ai servizi di intelligence della NATO ai livelli più alti e godono di una rete internazionale composta da utenti autentici e botnet. Chi li definisce semplici attivisti digitali, commette l’errore di associarli solo alla parte “ludica”, ma c’è un aspetto che viene sottovalutato o appositamente ignorato ed è quello delle pressioni che esercitano sull’opinione pubblica non sempre con toni democraticamente e politicamente corretti.
I NAFO su X
Il contesto NAFO è sicuramente interessante per analizzare chi sono e cosa propongono coloro che alimentano in Italia la propaganda ucraina, russofoba e bellicistica che fa il gioco dell’ala più intransigente della NATO che spinge per l’escalation del conflitto. I NAFO in Italia non sono tanti. Secondo una analisi esclusiva di Matrice Digitale effettuata dal 1 gennaio 2022 al 31 agosto 2024, nel giro di due anni il dibattito alimentato dalle parole NAFO o Fella, oppure Fellas, ha realizzato complessivamente 197.067 tweet, racimolando 2.289.602 mi piace, 293.724 condivisioni ed un totale di 44.419 citazioni, scatenando 216.439 commenti. Un volume all’apparenza abbastanza limitato se consideriamo la portata di tutto il conflitto tra Russia e Ucraina sui social, ma questo dato dovrebbe far riflettere sulla qualità dell’impegno da parte degli stessi NAFO che si basa su una quantità di 3.500 utenti dichiarati circa (e cioè che presentano le parole chiave nei nick e nei nomi visibili) che hanno generato nella sola Italia 158.364 post, totalizzando 1.250.066 like, 138.509 condivisioni, 17.203 citazioni e solo 126.749 commenti. Considerando che 3.500 unità non sono poche se si considera l’attività quotidiana di rilancio, menzioni e commenti che hanno l’obiettivo di osannare o delegittimare a seconda dell’utente che entra nel vortice.
I NAFO più attivi in Italia
Un altro aspetto che non va sottovalutato è che ci sono 25 account che hanno totalizzato in tutto una miriade di tweet. Si parte da Alessandra Zardo che ne ha realizzati addirittura 16.138 in due anni e mezzo, seguita da Spunta bau con 14.077. In due anni possiamo affermare tranquillamente che hanno una media spropositata di almeno 20 tweet al giorno per la causa Ucraina in cui rientra anche The Sgnaus Fella. Gli altri 23 hanno totalizzato una media di minimo 4 tweet al giorno. In alcuni casi sarebbe opportuno domandarsi se si tratta di bot o semplicemente esseri umani al soldo di un qualche battaglione ufficiale o non dell’esercito regolare NATO.
I profili più commentati
Per quanto riguarda invece la questione dei commenti su cui si cimenta la comunità NATO, figurano dei nomi illustri come quello del Ministero degli Affari Esteri della Russia, e dell’hacker KimDotCom, che ha denunciato più volte l’inefficacia dei NAFO al di fuori della rete internet ed ha realizzato anche un video che dimostra come i link pubblicati su X verso YouTube perdono efficacia nell’engagement confinando il fenomeno alla sola X. Dall’altra parte del conflitto c’è ampio sostegno al Ministero della Difesa Ucraina che più volte ne ha ringraziato il collettivo per la sua attività e la Premier Estone Kaya Kallas: anche lei si è complimentata pubblicamente con la community dei NAFO per essere stata vicina all’Ucraina ed alla NATO nella lotta cibernetica contro la Russia.
Kimdotcom ha più volte parlato dei NAFO nei suoi tweet accusandoli di non essere solo una forza volontaria di partecipazione alla guerra cibernetica russa ascrivendoli all’apparato militare, ma ha anche denunciato che le loro attività sono utili nel far percepire alle persone chi è una fonte autorevole e chi non lo è all’interno di attività mirate su internet che premiano o denigrano coloro che si calano nel turbine delle opinioni del dibattito pubblico.
Chi ci guadagna e chi ci perde
Per capire chi siano gli obiettivi costanti dei NAFO e chi gode quotidianamente dei loro elogi e della loro protezione, Matrice Digitale ha stilato una lista dei profili, in ordine discendente per numero, più menzionati nel dibattito NAFO e questo lascia intendere molto al lettore sul perchè di alcuni fenomeni di blasone ed hatespeech su X saliti alla ribalta grazie alla propaganda attiva ucraina sul territorio del Bel Paese
Chi sono i più graditi dalla propaganda atlantista e pro Ucraina?
Non è stato difficile distinguere chi sono i giornalisti che parlano a favore delle operazioni militari di difesa e attacco dell’Ucraina, rispetto a quelli che esprimono pareri molto più vicini alle posizioni del Papa o anche dei russi in alcuni casi. Tra i giornalisti italiani che godono dell’aiuto e del supporto dei NAFO troviamo Daniele Angrisani di FanPage, Marco Fattorini, Jacopo Iacoboni de La Stampa, Giovanni Rodriguez del Foglio, Vladislav Maistrouk, unico ucraino, l’avvocato di Roberto Burioni, Stefano Putiniani, Stefania Battistini che per due anni ha seguito il conflitto da vicino per conto della RAI e congedata con le polemiche dopo l’esclusiva mondiale dell’operazione Ucraina in territorio russo. Troviamo anche il blogger Dario D’Angelo e l’ex Messaggero Cristiano Tinazzi.
Per quanto riguarda invece i soggetti considerati nemici dai NAFO, c’è il giornalista Andrea Lucidi puntato quotidianamente insieme ai profili di Matteo Salvini, Alessandro Orsini, e l’Ambasciata Russa in Italia. Compresa nel dibattito anche Giorgia Meloni che viene apprezzata per il suo aiuto a Zelensky, ma è vittima delle pressioni NAFO affinché si arrivi al conflitto diretto con Mosca. Il politico più gradito dagli attivisti è Carlo Calenda. Ci sono anche profili senza nome che partecipano attivamente alla propaganda dei NAFO in Italia, come Lunacharsky, Punto e Virgola, il Guffanti, la Bombetta Xenomorfa e anche Han Skelsen.
Tra i quotidiani più citati c’è Il “Fatto Quotidiano”, colpito quotidianamente dalle attività dei NAFO per la sua politica contraria alla Nato. Le notizie dell’Ansa, invece, vengono utilizzate per rilanciare gli avvenimenti sul territorio russo-ucraino, seguite dal giornale “La Repubblica” che secondo i NAFO ha atteggiamenti ambigui nel fornire notizie, nonostante sia percepito come favorevole all’Ucraina dall’opinione pubblica.
Analisi dell’autore
Per quanto riguarda la situazione dei NAFO, KimDotCom ha ragione quando sostiene che i NAFO attaccano coloro che non la pensano in un determinato modo ed inoltre c’è qualche collegamento tra movimenti di estrema destra e la comunità LGBTQ+ che stupisce se si fa un’analisi dell’ideologia politica che queste esprimono. Le valanghe di tweet, offese, denigrazioni e delegittimazioni hanno lo scopo di intimidire coloro che si trovano in un vortice di odio e questo è parte di una vera e propria operazione militare. Le pressioni avvengono non solo sugli organi di stampa, ma anche sul governo. Le pressioni su Meloni e Salvini ne sono la testimonianza. Nemmeno il ministro Crosetto è immune, essendo stato accusato di essere responsabile del massacro degli ucraini.
Oramai è nota a tutti la propaganda russa composta per lo più da bot scadenti e che ha ripiegato o su influencer a soldo del Cremlino o su tecniche di Typosquatting come emerso dall’ultima inchiesta dell’FBI, ma la situazione dei bot ucraini e della componente cibernetica che collabora con la Nato ci obbliga a ponderare anche le dichiarazioni che vengono proposte dalla componente antirussa e più vicina al nostro modo di pensare. Sebbene difendere l’Ucraina rappresenti gli interessi del Governo e dell’Occidente, dovremmo chiederci se chi sostiene Kiev e colpisce connazionali italiani con posizioni moderate o diverse rappresenti un rischio soprattutto se si considera il fatto della ramificazione dei servizi di intelligence ucraini, costola storica di quelli russi, attraverso l’ambasciata in Italia. Le accuse in rete verso connazionali dovrebbero essere tollerate ed allo stesso tempo considerate, e monitorate, dalle alte sfere della sicurezza nazionale. Le pressioni dei NAFO minano la libertà di espressione e quella di stampa se agiscono contro la società ed i suoi interpreti restando legittimo il loro intento di spostare l’opinione pubblica verso scelte che favoriscono l’industria bellica e una maggiore offensiva ucraina, anche se con il rischio di un’escalation militare.
Questa riflessione riguarda una minoranza che la pensa diversamente dalla maggioranza degli italiani, schierata contro la guerra e l’escalation del conflitto e nel caso la regia dei NAFO sia straniera, ci troveremmo in casa un caso di ingerenza straniera che tende a minare le attività di Governo, come nel caso di Crosetto soccorso dallo stesso Zelensky in visita al forum di Ambrosetti, e vorrebbe manipolare la coscienza critica di un popolo, quello italiano, che ha deciso da che parte stare secondo i sondaggi effettuati in questi due anni: contro la guerra.
Inchieste
Attentato a Magdeburgo: colpa di Elon Musk e AFD?
Tempo di lettura: 3 minuti. Attentato a Magdeburgo: un passato criminale ignorato e avvertimenti trascurati culminano in una tragedia.
Un recente attentato al mercato natalizio di Magdeburgo, Germania, solleva domande critiche sulla gestione delle minacce alla sicurezza nazionale e sull’efficacia delle politiche di asilo. L’attacco è stato compiuto da Taleb Abdulmohsen, un cittadino saudita che, secondo varie fonti, avrebbe sfruttato strategie per ottenere asilo in Germania mentre era accusato di crimini gravi in Arabia Saudita.
Il passato criminale di Taleb Abdulmohsen
Nel 2006, Abdulmohsen fuggì dall’Arabia Saudita per evitare l’estradizione dopo essere stato accusato di stupro e coinvolgimento in crimini gravi. Nonostante un formale richiesta di estradizione da parte delle autorità saudite, la Germania rifiutò di agire, citando preoccupazioni per i diritti umani. Una volta in Germania, Abdulmohsen si definì dissidente, dichiarando pubblicamente il proprio ateismo per ottenere protezione, evitando così un’indagine più approfondita sul suo passato.
Attività sospette e minacce pubbliche
Dopo aver ottenuto asilo, Abdulmohsen ha iniziato a lavorare come psichiatra in una struttura governativa in Germania. Nel frattempo, era coinvolto in attività criminali, tra cui traffico di esseri umani e reclutamento di giovani ragazze dal Golfo verso la Germania. La sua attività sui social media includeva numerosi post minacciosi nei confronti della Germania, in cui dichiarava il governo tedesco suo nemico e prometteva attacchi diretti contro cittadini tedeschi.
Nel 2023, una ragazza saudita aveva avvisato le autorità tedesche tramite e-mail e social media sulle sue minacce, ma i suoi avvertimenti furono ignorati. Questo errore di valutazione si è rivelato fatale, culminando nell’attentato del 20 dicembre 2024.
L’attentato a Magdeburgo
Il 20 dicembre, Abdulmohsen ha compiuto un attacco con un veicolo al mercato natalizio di Magdeburgo, uccidendo due persone, inclusa una bambina, e ferendone altre 60, di cui 15 in modo grave. L’attacco, pianificato e annunciato pubblicamente sui social, ha messo in evidenza gravi falle nella risposta delle autorità tedesche.
Critiche ai media e alle autorità tedesche
La copertura mediatica dell’evento ha suscitato indignazione. I principali giornali tedeschi hanno omesso di fornire dettagli sul passato di Abdulmohsen, definendolo semplicemente un “cittadino saudita”. Questa narrazione ridotta ha ignorato le sue minacce precedenti e il rifiuto della Germania di affrontare le segnalazioni di rischio.
Le domande sollevate includono:
- Perché la richiesta di estradizione saudita è stata respinta?
- Perché le minacce pubbliche non sono state investigate?
- Perché le segnalazioni di cittadini preoccupati sono state ignorate?
- Come è stato possibile che un individuo con un passato criminale lavorasse in una struttura governativa?
La responsabilità morale di Elon Musk
A questo si aggiunge una ricostruzione storica nelle ultime ore abbastanza singolare dove Elon Musk pubblica un post molto discusso in favore del partito di destra AFD, indicato come unica forza che può salvare la Germania nelle prossime elezioni, e successivamente l’intelligence tedesca apre delle indagini in merito. Nel mentre esplodono delle polemiche sui social media contro il titolare di X per la sua ennesima presa di posizione politica, succede l’attentato che ha un metodo già visto nei contesti terroristici di matrice islamica e non certo neonazista che solitamente ci riporta a orribili scene “sparatutto”. Curiosa anche la scelta dei mercatini di Natale che sono simbolo della cristianità a cui Musk si rifà e suona ancor più strano che il contestatore dell’islam non abbia colpito invece una moschea o un evento collegato alla religione araba.
Come spesso accade nell’ultimo periodo, vedi l’attentatore di Trump o il generale Talebano che ha rovesciato Assad, anche l’attentatore di Magdeburgo era già famoso sui media tanto da essere intervistato dalla BBC per la sua attività di accoglienza dei rifugiati sauditi.
Anche la Germania ha i suoi servizi deviati?
Oppure ci troviamo dinanzi a un caso di incapacità delle forze di sicurezza?
A chi giova questo attentato
Secondo una logica fattuale, Elon Musk ha lanciato un movimento politico dato per vincente alle prossime lezioni in Germania, aprendo una discussione su una sua ingerenza nelle questioni di un continente straniero e precisamente nella nazione più rappresentativa dell’Unione Europea. Il fatto che venga associato ideologicamente l’attentatore a quel movimento politico, tende ad insinuare un dubbio negli elettori tedeschi. Il fatto che la notizia delle analogie tra attentatore e AFD non è confermata, ma sappiamo che Abdulmohsen fosse un personaggio noto al governo tedesco e tutelato dallo stesso e questo svilisce l’impianto accusatorio che media vicini all’establishment europeo ed anglosassone vogliono portare avanti. Sappiamo anche che Elon Musk rappresenta il nemico principale della vecchia guardia USA ed attuale presidio europeo e questo dovrebbe far intendere che la verità sia ben distante da come stia emergendo nelle ultime ore sull’attentato a Magdeburgo.
Inchieste
I Core Update di Google censurano Internet e fomentano truffe SEO
Da quando è iniziata l’epoca dell’intelligenza artificiale, Google sta trasformando la rete. Google ha la capacità di farlo? Assolutamente sì, essendo l’azienda monopolista su cui si basa il maggior numero di ricerche online. Non solo grazie al suo motore di ricerca, ma anche grazie a YouTube, un altro potente motore di ricerca video appartenente alla stessa azienda statunitense.
L’aspetto più importante di questa situazione, già descritto da Matrice Digitale, riguarda la componente su cui Google sta basando la ricerca. Nei risultati si trovano spesso aziende con solidi rapporti con la società e considerate autorevoli. Stiamo assistendo a cambiamenti significativi nel mondo della ricerca, dipendenti dalle scelte editoriali di Google, azienda che sembra non riuscire a trovare una linea chiara oppure ce l’ha e non risulta essere la migliore per la totalità degli utenti e degli imprenditori.
SEO prima vittima ed Editori privilegiati
Le prime vittime sono stati i siti internet che per anni hanno lavorato sul posizionamento SEO (Search Engine Optimization). Questa attività ha subito cambiamenti radicali, soprattutto a causa dei Core Update di Google: aggiornamenti strutturali dell’algoritmo che determinano il posizionamento delle pagine. Il funzionamento esatto di questi aggiornamenti non è chiaro, ma esistono sospetti che non si tratti di un algoritmo autonomo. Emergono ipotesi di rapporti diretti tra Google e aziende editoriali, che ricevono finanziamenti per produrre informazione. Un tempo garantiti dallo Stato, questi fondi provengono ora da privati verso altri privati. Un settore, quello di Google News, che rappresenta una lobby gestita dai soliti noti ed in mano alla politica così come raccontato nell’inchiesta a tema di Matrice Digitale.
Google fa politica, riscrive la storia e chiude il mercato
Google non risponde solo a logiche commerciali, ma mostra un indirizzo politico, influenzato da lobbisti e dinamiche globali. Con l’eventuale ritorno di Donald Trump, potrebbe modificare il proprio posizionamento sui contenuti visibili in rete anche se ad oggi risulta essere in antitesi alla cordata di Musk dove si sono aggregati dopo l’esito delle elezioni sia Zuckerberg sia Bezos con tanto di strizzatina d’occhio da parte di Gates.
Un altro aspetto rilevante è l’ascesa di nuovi motori di ricerca basati su intelligenza artificiale, come SearchGPT di OpenAI, che fornisce risposte in base a domande anziché parole chiave. Questo fenomeno solleva questioni legate a linee politiche imposte da multinazionali, governi e organi sovranazionali.
Google sta riscrivendo la storia: deindicizza o rende inutili contenuti alternativi rispetto alla narrazione mainstream dell’informazione, della ricerca scientifica e della politica. Giornalisti e artisti vengono relegati in fondo ai risultati di ricerca, generando caos tra chi si occupa di ottimizzazione dei contenuti e chi cerca di emergere nel panorama informativo.
I Core Update e l’esempio della manina dietro l’algoritmo
I Core Update premiano spesso siti improbabili a scapito di quelli storici e di qualità. L’ottimizzazione della ricerca proposta da Google si basa su due principi: la velocità di caricamento e l’autorevolezza. La velocità è valutata tramite i Core Web Vitals, mentre l’autorevolezza si costruisce attraverso citazioni da fonti ritenute autorevoli. Questo sistema ha spinto le testate editoriali a omettere chi ha dato la notizia per primo, modificando il panorama giornalistico oltre a fomentare un mercato parallelo di citazioni a pagamento sulla base di insider trader all’interno delle redazioni di siti posizionati con un ottimo page rank.
Google censura le notizie e non premia il giornalismo
Google dovrebbe premiare, secondo regole meritocratiche, chi fornisce le notizie in anteprima. Tuttavia, l’algoritmo sembra invece favorire chi mantiene rapporti privilegiati con l’azienda. Parallelamente, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei contenuti ha premiato siti di affiliazione di dubbia qualità, dimostrando l’incoerenza del sistema dove richiede contenuti esclusivi per poter indicizzare in modo privilegiato i contenuti. Google censura inoltre notizie esclusive, che spesso non appaiono tra i risultati di ricerca nelle categorie news o video e non è chiaro secondo quale principio.
Google facilita le truffe nel mercato SEO ?
Le regole opache di Google stanno trasformando il settore, creando difficoltà a chi si occupa di SEO, costringendo molti professionisti a cambiare mestiere o a proporre servizi poco efficaci.
Questa situazione sta livellando il mercato verso il basso. Da un lato, esistono persone oneste ma impreparate; dall’altro, truffatori che approfittano di aziende incapaci di navigare le nuove regole. I Core Update stanno favorendo un sottobosco di figure poco professionali, aumentando la sfiducia nelle opportunità offerte da Internet.
Il web, un tempo simbolo di libertà e accessibilità, sta diventando un luogo sempre più chiuso e costoso. Oggi, per emergere, non basta più creare un blog o un sito di qualità: bisogna investire ingenti somme per promuovere contenuti indicizzati ma invisibili senza la garanzia di un ritorno. Questo sistema alimenta il business dei social network, creando un cartello economico che avvantaggia un ristretto gruppo di grandi aziende.
La rete sta subendo una trasformazione radicale, diventando sempre meno libera e non solo per quanto riguarda la varietà delle informazioni, ma anche per le possibilità di accesso al mercato globale. I contenuti vengono manipolati per favorire narrazioni di parte, alimentando sistemi propagandistici, a volte anche di tipo militare visti gli ultimi tempi, capaci di spingere intere società verso conflitti prima social e, in casi estremi, globali.
Inchieste
Stalking, bullismo e Report Bombing su Vinted: assistenza latita
Tempo di lettura: 3 minuti. La storia di Chiara, vittima di report bombing su Vinted, evidenzia gravi carenze nella gestione dei reclami e nella protezione degli utenti da bullismo e stalking digitale.
Le piattaforme di e-commerce e scambio di beni usati, come Vinted, sono sempre più diffuse grazie alla loro capacità di connettere persone in cerca di convenienza e sostenibilità. Tuttavia, quando il sistema di gestione dei reclami e la moderazione non funzionano come dovrebbero, queste piattaforme possono trasformarsi in un terreno fertile per abusi e vessazioni al limite dello stalking. Questo è il caso di una venditrice esperta, che chiameremo Chiara, la cui esperienza raccontata in ESCLUSIVA a Matrice Digitale getta luce su gravi falle nella gestione di problematiche critiche da parte di Vinted e della tecnica del Report Bombing subita per mesi.
Dieci mesi di vessazioni
Chiara, iscritta su Vinted dal 2021 con un profilo di alta reputazione (340 recensioni, 4.9 di rating), si è trovata vittima di un autentico report bombing. Dopo un diverbio con un’utente aggressiva sul forum, il suo account è diventato il bersaglio di segnalazioni continue, apparentemente infondate. Secondo quanto riferito, l’utente in questione ha dedicato mesi a segnalare ripetutamente i suoi articoli, portando alla rimozione di inserzioni, al blocco temporaneo dell’account e, infine, a una sospensione permanente.
Le segnalazioni, spesso ridicole, includevano accuse di:
- Vendita di articoli inesistenti o doppi (anche quando non lo erano).
- Violazioni di copyright, nonostante Chiara avesse dimostrato di essere l’autrice delle immagini.
- Vendita di brand contraffatti, malgrado fossero presenti etichette, scontrini e altri documenti di autenticità.
- Articoli ritenuti non sicuri, senza prove concrete.
Nonostante le numerose prove fornite da Chiara, Vinted ha risposto con messaggi preconfezionati e, nei casi di insistenza, con risposte giudicate sgarbate e prive di umanità.
Assenza di tutela e inadeguatezza dell’assistenza
Chiara ha segnalato ripetutamente le minacce ricevute, allegando prove documentali, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate. Paradossalmente, l’utente che ha perpetuato il report bombing continua a utilizzare la piattaforma indisturbata, nonostante alcune recensioni la descrivano come una persona problematica.
Dopo mesi di tentativi infruttuosi, Chiara ha aperto un reclamo presso un organo europeo (ODR), ma anche in questo caso non ha ottenuto alcuna risposta. Ha inoltre tentato di contattare Vinted attraverso l’indirizzo email legal@vinted.it, indicato come riferimento per controversie legali, senza ricevere alcun riscontro.
La questione del bullismo sulle piattaforme digitali
L’esperienza di Chiara mette in evidenza un problema sistemico. Nonostante il grande successo di Vinted, la piattaforma sembra trascurare l’importanza di una gestione responsabile delle problematiche degli utenti favorendo non solo il proliferare di truffe, ma anche la stalking ai danni dei venditori. Le accuse di bullismo e stalking digitale non possono essere ignorate, soprattutto quando si tratta di episodi documentati con prove.
La mancanza di un’assistenza adeguata solleva interrogativi sulla capacità di Vinted di proteggere i propri utenti da abusi e vessazioni. In un’era in cui le denunce per comportamenti scorretti online sono in aumento, è essenziale che piattaforme di questa portata si dotino di strumenti efficaci per contrastare episodi di cyberbullismo e stalking.
La vicenda di Chiara non è un caso isolato, sono tante le anomalie raccontate da Matrice Digitale su Vinted ed il suo sistema spesso claudicante nel garantire venditori e consumatori vittime di truffe e minacce, ma rappresenta un esempio emblematico di come l’assenza di un’assistenza efficace possa esacerbare situazioni già gravi. È fondamentale che Vinted e altre piattaforme simili rivedano le loro politiche di moderazione e assistenza, adottando un approccio più umano e trasparente per garantire la sicurezza e la tutela di tutti gli utenti.
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