Paragon, gli spiati e le ong: ecco cosa sta succedendo

da Livio Varriale
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L’inchiesta “bomba” pubblicata da Matrice Digitale sull’utilizzo del software Paragon continua a far discutere. Nel corso degli ultimi giorni, infatti, i media italiani hanno rivelato nuovi dettagli che intrecciano il caso delle intercettazioni “zero click” – a danno di attivisti, giornalisti, armatori e persino sacerdoti – con gli sviluppi relativi ai finanziamenti ricevuti da alcune organizzazioni non governative, tra cui Mediterranea Saving Humans. In particolare, sono già emerse notizie che toccano anche l’area vaticana e il ruolo di figure ecclesiastiche nel sostenere economicamente queste attività umanitarie. L’affaire Paragon, dunque, si allarga sempre di più e pone interrogativi sia sul piano giudiziario sia su quello etico, chiamando in causa il governo italiano, la magistratura, i vertici ecclesiastici e i diretti interessati.

L’inchiesta di Matrice Digitale e il “caso Paragon”

Secondo quanto pubblicato da Matrice Digitale, la questione Paragon è esplosa quando alcuni giornalisti (tra cui il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato), attivisti e armatori di navi impiegate per il soccorso in mare si sono ritrovati sotto intercettazione da parte di un software israeliano denominato Graphite, realizzato dall’azienda Paragon solutions. Questo spyware sarebbe in grado di infettare gli smartphone senza il minimo clic da parte della vittima (tecnologia “zero click”), focalizzandosi soprattutto sulle app di messaggistica, come WhatsApp.

La vicenda ha suscitato una vera e propria bufera mediatica e politica, poiché l’ipotesi principale è che dietro queste intercettazioni ci fosse un’entità governativa – o comunque un corpo speciale delle forze dell’ordine italiane – intenzionata a raccogliere informazioni su persone ritenute “di interesse” nell’ambito delle rotte migratorie. Alle accuse si sono aggiunte le richieste di trasparenza avanzate da Cancellato e da numerosi esponenti dell’opposizione politica, convinti che il governo stia tentando di “nascondere” la vicenda attraverso il segreto di Stato.

Gli “spiati”: giornalisti, attivisti e ora anche un sacerdote

Le prime notizie parlavano di dieci soggetti italiani colpiti dallo spyware Paragon, tra cui un giornalista (Cancellato), un attivista libico residente in Svezia e Luca Casarini, capo missione di Mediterranea Saving Humans. Successivamente, è emersa l’identità di un terzo soggetto rilevante: don Mattia Ferrari, cappellano di bordo della stessa ong. Stando a quanto riferito dalla stessa Mediterranea, quest’ultimo sarebbe stato avvisato da Meta (società proprietaria di Facebook e WhatsApp) l’8 febbraio 2024, esattamente lo stesso giorno in cui Casarini riceveva la medesima notifica, ponendoli probabilmente nel medesimo gruppo di “interesse investigativo”.

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La scoperta che tra gli “spiati” vi sia anche un sacerdote, peraltro impegnato in missioni umanitarie in mare, ha scatenato ulteriore clamore. Da una parte, chi difende l’uso di software estremamente sofisticati come Graphite evidenzia che potrebbero esserci ragioni di sicurezza nazionale e di contrasto al traffico di esseri umani; dall’altra, chi si trova al centro di queste intercettazioni parla di lesione dei diritti, di mancato rispetto delle tutele costituzionali per i giornalisti e di violazione delle prerogative della Chiesa (considerato che un sacerdote, seppur cittadino italiano, resta comunque un rappresentante dell’autorità ecclesiastica che risponde giuridicamente al Vaticano).

Vittime o indagati? Il dilemma al centro dell’indagine

Un punto focale della vicenda risiede nella domanda: i soggetti spiati sono realmente vittime di un abuso o stavano subendo intercettazioni all’interno di un regolare procedimento giudiziario?

Per le norme italiane, infatti, non è vietato intercettare giornalisti o attivisti qualora sussistano sospetti di reato. Nonostante lo scalpore mediatico, non sarebbe la prima volta che un rappresentante della stampa finisca nelle maglie di un’inchiesta; esistono anzi numerosi precedenti di cronisti ascoltati per via delle loro fonti o delle loro indagini giornalistiche.

Chi propende per la teoria dell’indagine regolare sostiene che il governo Meloni, molto rigido in materia di immigrazione, abbia deciso di monitorare i contatti tra alcune ong e i trafficanti di esseri umani. È risaputo che organizzazioni criminali lucrano sulle partenze verso l’Europa, e che le ong, nel tentativo di salvare vite in mare, possano occasionalmente interagire (volenti o nolenti) con queste reti. Alcuni ipotizzano che proprio per questo scopo sarebbero stati intercettati Cancellato, Casarini e don Ferrari: per verificare se esistesse un circuito di finanziamento o contatti con i trafficanti, scenario che trascenderebbe di molto la semplice attività umanitaria.

Tuttavia, il dubbio rimane, e il segreto di Stato sollevato dal governo complica ulteriormente la possibilità di fare chiarezza. A questo si aggiunge la considerazione che anche il direttore di Fanpage è notoriamente critico verso il centrodestra e vicino a posizioni “woke” o pro-accoglienza, avendo pubblicato inchieste contro la stessa premier Giorgia Meloni e il suo partito. Le opposizioni temono si sia trattato di una vera caccia alle streghe, finalizzata a zittire il dissenso.

Le procure di Napoli e Palermo: due filoni d’indagine

Allo stato attuale, ci sono due principali filoni d’indagine aperti, a Napoli e a Palermo. Il primo è stato avviato su denuncia di Francesco Cancellato: si ipotizzano i reati di intercettazione illegale e di accesso abusivo a dispositivi informatici. A Palermo, invece, la procura ha ascoltato in queste ore Luca Casarini, per capire i contorni di un presunto “sofisticato attacco sostenuto da entità governative non meglio identificate”, come definito da Meta.

L’attivista ha consegnato il proprio smartphone agli inquirenti, e lo stesso farà don Ferrari. L’obiettivo è di verificare se e come lo spyware Paragon abbia effettivamente infettato i loro dispositivi, e di ricostruire la catena di responsabilità. Non meno rilevante il fatto che altri soggetti legati alle stesse vicende (come l’armatore Beppe Caccia, sempre in Mediterranea) siano stati colpiti da analoghi episodi di spionaggio. Rimane aperta la possibilità che, dietro questa complessa operazione, agiscano “entità parallele” o servizi segreti che abbiano agito con finalità difficili da provare.

Scontro politico: Schlein, Renzi, Magi e Bonelli contro il governo

La dimensione politica del caso Paragon si è infiammata in Parlamento. Diversi esponenti dell’opposizione – in particolare Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, Matteo Renzi, leader di Italia Viva, Riccardo Magi di +Europa e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra – hanno chiesto a gran voce che il governo Meloni faccia chiarezza. Schlein ha denunciato la mancanza di trasparenza, sottolineando che l’esecutivo non ha spiegato quali entità statali o quali corpi di polizia abbiano eventualmente fatto uso di Graphite per spiare giornalisti e attivisti. Renzi ha definito “pazzesco” che persino un sacerdote sia stato intercettato e punta il dito sulla premier, accusata di “non voler rispondere” ai parlamentari.

Dal canto suo, il governo avrebbe ribadito di non aver autorizzato alcuna intercettazione con software esterni o di provenienza israeliana, trincerandosi però dietro il segreto di Stato. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha affermato di non avere competenza diretta su strumenti acquistati “da entità diverse dal dicastero” (come la polizia penitenziaria o altri corpi speciali), mantenendo una posizione piuttosto ambigua.

Il ruolo della Chiesa: il caso dei finanziamenti vaticani a Mediterranea

A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci pensa Matrice Digitale ricordando l’inchiesta parallela pubblicata da Panorama e La Verità nel 2023, secondo cui il Vaticano avrebbe donato ingenti somme di denaro – si parla di alcune centinaia di migliaia di euro, forse perfino un paio di milioni – per sostenere le attività di Mediterranea Saving Humans. I messaggi interni tra i membri dell’ong, in particolare tra Luca Casarini e l’armatore Giuseppe Caccia, rivelerebbero un lungo lavoro di “convincimento” dei vertici ecclesiastici, conclusosi con la benedizione ufficiale di Papa Francesco e con l’erogazione di fondi dalla Caritas, dalla Conferenza Episcopale Italiana e da singole diocesi.

Molti si sono detti sorpresi, ma in realtà l’impegno della Chiesa su temi come l’accoglienza e la difesa della vita in mare è sempre stato esplicito. L’elemento di novità è semmai la dimensione dei finanziamenti e il fatto che la gestione di questi fondi possa essersi inserita in un quadro di controlli e inchieste, se non addirittura di sospetti sulle modalità operative di alcune ong. D’altro canto, va ricordato che don Mattia Ferrari, per statuto e vocazione, non agisce a titolo puramente individuale, ma in piena comunione con le autorità ecclesiastiche preposte. Di qui, l’ipotesi che Paragon possa essere stato utilizzato per investigare anche sulle reti finanziarie che sostengono il soccorso in mare.

La Lega si è detta “sconvolta” dalle rivelazioni sul presunto finanziamento vaticano alle ong, sottolineando come in passato proprio alcune di queste organizzazioni siano state al centro di inchieste giudiziarie o controversie politiche. Il Carroccio vorrebbe presentare un’interrogazione parlamentare per fare luce su questi contributi, soprattutto perché alcuni di essi risalirebbero agli anni in cui Matteo Salvini, allora ministro, era in aperto conflitto con le stesse ong.

L’utilizzo di Graphite e le possibili implicazioni internazionali

Oltre all’aspetto delle presunte indagini in Italia, c’è un quadro geopolitico più ampio. Paragon solutions, come altri sviluppatori di spyware israeliani (vedi Pegasus), è spesso nel mirino di associazioni per i diritti umani, le quali denunciano l’uso di questi software anche in Paesi poco rispettosi delle libertà fondamentali. Il fatto che un partner di Meta – come Citizen Lab – ne abbia individuato l’impiego ai danni di soggetti in Italia, in Libia e in Svezia, fa emergere un interrogativo circa la diffusione globale di questi strumenti e le eventuali autorizzazioni governative necessarie ed è per questo che Matrice Digitale non ha solo ipotizzato un coinvolgimento di un governo straniero, bensì anche di Interpol o Europol.

Alcuni osservatori sottolineano che la situazione diplomatica potrebbe complicarsi, specie in un contesto in cui l’Unione Europea sta provando ad armonizzare le norme sulla cybersicurezza e sulla protezione dei dati. Nel frattempo, la stessa Meta non esclude di fornire ulteriori dettagli sulle entità che avrebbero commissionato l’utilizzo di Graphite; tali informazioni, se rese pubbliche, potrebbero rappresentare un “ricatto” politico notevole nei confronti di governi o servizi segreti di più Paesi, inclusa l’Italia soprattutto alla luce delle dimissioni di Elisabetta Belloni.

Scenari futuri: segreto di Stato e possibile “effetto domino”

Al momento, i prossimi passi dipendono dalle analisi forensi sui dispositivi di Casarini e Ferrari, nonché dalle indagini guidate dalle procure di Palermo e Napoli. Se si dimostrasse che le intercettazioni sono avvenute in assenza di un adeguato mandato giudiziario o in violazione di norme costituzionali, ci troveremmo di fronte a un caso gravissimo di abuso di potere. Se, invece, si evidenziasse un regolare provvedimento emesso per reati legati al traffico di esseri umani o per sospetti di collusione con reti criminali, la questione assumerebbe contorni diversi, aprendo un profondo dibattito su quanto possa spingersi lontano la magistratura nel monitorare attivisti e giornalisti.

Nel frattempo, sul piano politico, la tensione rimane alta. Lo scontro tra maggioranza e opposizione rischia di intensificarsi, con i partiti contrari al governo decisi a denunciare l’uso sproporzionato di strumenti d’intelligence. La Lega, da parte sua, appare orientata a far emergere tutto ciò che riguarda i finanziamenti vaticani alle ong, alimentando un quadro esplosivo in cui si intrecciano considerazioni etiche, questioni di sicurezza nazionale, tutela della libertà di stampa e contraddizioni nei rapporti tra Stato e Chiesa.

Di certo, qualunque sia la verità, l’effetto mediatico e politico dell’inchiesta di Matrice Digitale su Paragon, potenziato dalle rivelazioni a suo tempo di Panorama e La Verità sui finanziamenti vaticani, sta già trasformandosi in un grande caso nazionale. Le intercettazioni “zero click” si confermano un tema delicato, per la cui regolamentazione potrebbe servire un intervento normativo. E la protezione dei diritti di attivisti, giornalisti e sacerdoti, in questo contesto, appare un banco di prova importante per la tenuta democratica del Paese.

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