Inchieste
Ucraina, Fact-checking su Facebook: finanziamenti USA dietro i debunkers
Tempo di lettura: 8 minuti. Scopriamo quali organizzazioni di fact-checking in Ucraina ricevono finanziamenti dagli Stati Uniti e come questo potrebbe influenzare la loro imparzialità
La guerra dell’informazione in corso in Ucraina ha portato Facebook a collaborare con nove organizzazioni di fact-checking per monitorare e regolamentare le notizie riguardanti il conflitto. Tuttavia, alcune di queste organizzazioni sono finanziate direttamente dal governo degli Stati Uniti, sollevando dubbi sulla loro imparzialità e indipendenza.
L’inchiesta è stata pubblicata da Alan Mac LEOD per Mint Press nel 2022
I finanziamenti statunitensi alle organizzazioni di fact-checking
Almeno cinque delle nove organizzazioni con cui Facebook collabora ricevono finanziamenti diretti dal governo degli Stati Uniti, tramite l’ambasciata statunitense o attraverso il National Endowment for Democracy (NED). Anche il Poynter Institute, che certifica le organizzazioni di fact-checking tramite la sua International Fact-Checking Network (IFCN), è finanziato dal NED.
StopFake e i suoi legami con i finanziamenti esteri
StopFake è forse la più nota delle nove organizzazioni coinvolte. Fondata nel 2014, riceve finanziamenti dal Consiglio Atlantico della NATO, dall’Ufficio degli Affari Esteri e del Commonwealth britannico, dall’Ambasciata britannica in Ucraina e dal Ministero degli Esteri ceco. Ha ricevuto anche finanziamenti dagli Stati Uniti tramite il NED, anche se tale fatto non viene enfatizzato da nessuna delle parti coinvolte.
Accuse di legami con l’estrema destra
StopFake è stata accusata di avere legami con gruppi di estrema destra o neonazisti. Quando la giornalista locale Ekaterina Sergatskova ha denunciato questi legami, ha ricevuto minacce di morte che l’hanno costretta a fuggire dalla sua casa. Secondo alcuni, una delle funzioni principali di StopFake sembra essere quella di promuovere l’estrema destra.
La relazione tra Facebook e StopFake
Non è chiaro se la decisione di Facebook di cambiare le sue regole sul discorso d’odio per permettere l’elogio e la promozione del Battaglione Azov sia stata influenzata dalle raccomandazioni di StopFake. Tuttavia, i legami tra StopFake e gruppi di estrema destra sollevano domande sulla sua imparzialità come partner di fact-checking per Facebook.
Finanziamenti dal National Endowment for Democracy sollevano sospetti sulla neutralità dell’organizzazione
Introduzione Il National Endowment for Democracy (NED) è un’organizzazione privata fondata dall’amministrazione Reagan per agire come un fronte per la Central Intelligence Agency (CIA). Nonostante sia finanziato dal governo statunitense e gestito da funzionari dello stato, il NED non è soggetto alle stesse regolamentazioni legali e alla stessa scrutinio pubblico delle istituzioni statali. Ciò lo rende sospetto di agire in modo non neutrale nei confronti di altri paesi, utilizzando i finanziamenti ricevuti per sostenere l’organizzazione di gruppi politici, economici e sociali.
Il ruolo del NED nell’instigazione di cambiamenti di regime
Il NED è stato coinvolto in numerose operazioni controverse, tra cui l’addestramento dei leader dei protestanti di Hong Kong per mantenere viva l’insurrezione, la promozione di una campagna nazionale di manifestazioni a Cuba e il sostegno a tentativi di rovesciare il governo del Venezuela. Tuttavia, il NED è stato anche coinvolto nel colpo di stato del 2014 che ha rimosso dal potere il presidente ucraino Viktor Yanukovych. Il cambio di regime è una delle principali funzioni dell’organizzazione, che cerca di raggiungere tale obiettivo istituendo, finanziando, supportando e addestrando gruppi politici, economici e sociali nei paesi bersaglio.
L’influenza del NED in Ucraina
Secondo il rapporto annuale del 2019 del NED, l’Ucraina è la “priorità principale” dell’organizzazione. Da quando il conflitto è scoppiato nel 2014, il NED ha ufficialmente speso oltre 22 milioni di dollari in Ucraina. Il denaro fornito al NED viene speso per finanziare numerosi gruppi politici, sociali ed economici che operano in Ucraina.
VoxCheck e il finanziamento del NED
VoxCheck è un’organizzazione ucraina che riceve sostanziosi finanziamenti dal governo degli Stati Uniti attraverso il NED e l’ambasciata statunitense. Inoltre, VoxCheck è finanziata dai governi olandese e tedesco. I documenti incompleti del NED mostrano che VoxCheck riceve sovvenzioni sostanziali ogni anno e ha accettato circa 250.000 dollari in totale. In un paese povero come l’Ucraina, questi finanziamenti vanno molto lontano. Ad esempio, una sovvenzione del NED di 15.000 dollari data a una fondazione dei media ucraini è stata sufficiente a pagare la scrittura di oltre 100 articoli.
L’indipendenza di VoxCheck in discussione
Sebbene i media occidentali dipingano VoxCheck in modo estremamente positivo, come un “piccolo gruppo di verificatori indipendenti dei fatti”, l’organizzazione è sotto scrutinio per la sua dipendenza finanziaria dal NED e dal governo statunitense. Inoltre, il processo di verifica dei fatti di VoxCheck sembra essere basato su fonti di notizie credibili, come ad esempio un articolo della BBC, ma tende a etichettare le affermazioni russe come false sulla base di queste fonti, senza esaminare criticamente anche le affermazioni fatte dal lato ucraino.
La posizione di VoxCheck nel conflitto russo-ucraino
Ciò che emerge dalla descrizione di VoxCheck nel Washington Post è che i membri dell’organizzazione si considerano come soldati digitali in una crociata contro la Russia, piuttosto che come verificatori neutrali dei fatti. La missione dichiarata di VoxCheck è quella di “evitare che qualcuno cada nelle menzogne e nella manipolazione russe”. Alcuni membri di VoxCheck hanno persino abbandonato il loro lavoro per unirsi all’esercito ucraino.
Tuttavia, questo non significa che VoxCheck non sia in grado di svolgere un lavoro di verifica dei fatti valido. Ma, quando un’organizzazione che dovrebbe essere indipendente prende una posizione partigiana in un conflitto, ciò solleva legittime preoccupazioni sulla sua obiettività.
Il finanziamento del NED solleva sospetti sulla neutralità delle organizzazioni che ne beneficiano. VoxCheck, ad esempio, è finanziata dal NED e dall’ambasciata statunitense, il che solleva preoccupazioni sulla sua indipendenza e sulla sua capacità di svolgere una verifica imparziale dei fatti nel contesto del conflitto russo-ucraino. In un clima di disinformazione e propaganda, è fondamentale che le organizzazioni che si occupano di verifica dei fatti siano indipendenti e neutrali, e che valutino in modo critico tutte le fonti di informazione, indipendentemente dal lato politico del conflitto. Le organizzazioni che ricevono finanziamenti dal NED dovrebbero essere trasparenti riguardo alle fonti dei loro finanziamenti e alla loro posizione politica.
Fact Check Georgia e i finanziamenti del NED
Fact Check Georgia è una organizzazione di fact-checking che si definisce indipendente e non partigiana. Tuttavia, è finanziata da una serie di organizzazioni dubbie, tra cui il NED e l’ambasciata degli Stati Uniti in Georgia, il German Marshall Fund, il governo olandese e l’European Endowment for Democracy, un’organizzazione “privata” finanziata dai governi europei e esplicitamente modellata sul NED.
La neutralità di Fact Check Georgia è potenzialmente compromessa dal fatto che in fondo ad ogni pagina del suo sito web, viene visualizzato lo stemma del NED e dell’ambasciata degli Stati Uniti in Georgia. Ciò è accompagnato dalla dichiarazione: “Le opinioni espresse in questo sito appartengono a Factcheck.ge e non rappresentano le opinioni delle organizzazioni che sostengono il progetto” – una frase che non sarebbe necessaria se l’organizzazione fosse veramente indipendente.
Inoltre, alcuni membri del team di Fact Check Georgia hanno un passato politico, come ad esempio il vice ministro della difesa della Georgia, il che solleva ulteriori dubbi sulla neutralità dell’organizzazione.
Myth Detector e i finanziamenti dell’ambasciata statunitense e di Deutsche Welle
Myth Detector è un’altra organizzazione di fact-checking con sede in Georgia che è stata finanziata dall’ambasciata degli Stati Uniti per circa 42.000 euro nell’anno finanziario 2021. La società di radiodiffusione tedesca Deutsche Welle ha contribuito con altri 41.000 euro. Inoltre, secondo il rapporto finanziario di Myth Detector, il gruppo “Zinc” ha donato altri 41.000 euro l’anno scorso. Questo potrebbe essere il Zinc Network, una società d’intelligence ombrosa che conduce operazioni di guerra dell’informazione per conto dei governi britannico e americano.
Demagog
Demagog, un’organizzazione di fact-checking con sede in Polonia, è finanziata dall’ambasciata degli Stati Uniti e dal governo polacco, nonché dall’Unione europea e dalle organizzazioni dell’Area economica europea. Tuttavia, la formazione sull’identificazione delle notizie false offerta dall’ambasciata degli Stati Uniti solleva interrogativi sulla sua indipendenza.
Patikrinta 15min
Anche Patikrinta 15min, un’organizzazione di fact-checking con sede in Lituania, accetta finanziamenti dal Poynter Institute, proprietario dell’organizzazione di fact-checking Politifact. Il Poynter Institute ha ricevuto sette sovvenzioni dall’Endowment for Democracy nazionale (NED), per un totale di oltre mezzo milione di dollari. Tuttavia, alcune sovvenzioni NED sono chiaramente un modo per convogliare denaro verso gruppi di fact-checking dell’Europa orientale, sollevando dubbi sulla loro indipendenza.
Re:Baltica
Re:Baltica, un’organizzazione di fact-checking con sede in Lettonia, non ha legami diretti con il governo degli Stati Uniti, ma gran parte dei suoi finanziamenti proviene dall’Occidente. Tuttavia, nonostante la mancanza di finanziamenti diretti dal governo degli Stati Uniti, i suoi finanziatori sono in gran parte ONG occidentali, compresa la Fondazione Open Society di George Soros.
La collaborazione tra Delfi e il NED
Nel 2015, Delfi intervistò Christopher Walker, un dirigente del NED, per discutere le migliori strategie per contrastare la propaganda russa. Due anni dopo, il presidente del NED, Gershman, si rivolse al parlamento lituano, affermando che la sua organizzazione aveva collaborato con la Lituania e Delfi per contrastare gli sforzi della Russia volti a minare e distruggere la democrazia sia in Lituania che in Europa e nella stessa Russia. Delfi ha anche collaborato con l’East European Studies Center nella sorveglianza, documentazione e contrasto della disinformazione russa in Lituania e negli Stati Baltici.
Il 1° Vilnius Young Leaders Meeting
Nel corso dello stesso anno, Delfi e il NED organizzarono il 1° Vilnius Young Leaders Meeting, un evento che riunì giovani attivisti selezionati, giornalisti e rappresentanti dei servizi segreti provenienti da tutta Europa e dagli Stati Uniti, con l’obiettivo di costruire una forza favorevole all’Occidente all’interno della società civile.
Il progetto EXPOSE Network
Delfi, insieme a Re:Baltica e StopFake, è stato identificato come membro proposto di una rete “contro”-propaganda voluta dall’EXPOSE Network, un’iniziativa segreta finanziata dal governo britannico che avrebbe unito giornalisti e operatori statali per plasmare il discorso pubblico secondo le priorità dei governi occidentali. Secondo quanto riportato da EXPOSE, esisterebbe un’opportunità per potenziare le organizzazioni della società civile in Europa, migliorando le loro attività esistenti e sfruttando il loro potenziale per diventare la prossima generazione di attivisti nella lotta contro la disinformazione del Cremlino.
“Coordinare le loro attività”, scriveva EXPOSE, “rappresenta un’opportunità unica” per il governo britannico nella lotta contro la Russia. Tuttavia, si rammaricavano del fatto che la “fissazione monomaniacale” di StopFake sulla Russia avesse danneggiato la sua credibilità.
Sorprendentemente, EXPOSE ammetteva anche che “un altro ostacolo al contrasto della disinformazione è il fatto che alcune narrazioni sostenute dal Cremlino siano effettivamente vere”, una dichiarazione che sottolinea come, per molti governi e mezzi di informazione, la “disinformazione” stia rapidamente diventando sinonimo di “informazione con cui non siamo d’accordo”.
Tra i nomi degli individui indicati come possibili impiegati di questa rete figurano operatori legati allo stato, tra cui Zinc Network, diversi membri del sito di giornalismo investigativo finanziato dal NED, Bellingcat, e Ben Nimmo, ex portavoce della NATO ora responsabile dell’intelligence globale di Facebook.
La guerra cibernetica di Facebook e il problema della disinformazione
Facebook, il colosso dei social media, è spesso al centro delle polemiche riguardanti la disinformazione e la manipolazione delle notizie. Tuttavia, un altro aspetto preoccupante è la presenza di numerosi ex agenti statali nelle posizioni più influenti dell’azienda, come dimostrato dalla recente inchiesta di MintPress. In questo articolo, analizzeremo come questo legame tra Facebook e il governo degli Stati Uniti costituisca un problema di sicurezza nazionale per gli altri paesi del mondo.
L’ingerenza di Facebook nelle elezioni nicaraguensi
Ben Nimmo, ex portavoce della NATO ora responsabile dell’intelligence globale di Facebook, è solo uno dei tanti ex agenti statali che lavorano nelle alte sfere dell’azienda. Nel novembre scorso, Nimmo ha guidato un team che ha cercato di influenzare le elezioni in Nicaragua, favorendo il candidato sostenuto dagli Stati Uniti a scapito del partito Sandinista al governo. Poco prima delle elezioni, Facebook ha eliminato centinaia di account e pagine di media pro-Sandinista. Questo episodio evidenzia come Facebook sia un’azienda americana soggetta alle leggi statunitensi e sempre più vicina al governo degli Stati Uniti, piuttosto che un’entità internazionale esistente solo nel mondo virtuale.
La questione della disinformazione e il ruolo dei fact-checker
La disinformazione è un problema sempre più diffuso online e la società non è adeguatamente preparata per contrastarla. Uno studio condotto dall’Università di Stanford ha rivelato che la maggior parte delle persone, anche i giovani digitalmente esperti, fatica a distinguere le notizie vere dalle false su internet. Mentre i media russi diffondono costantemente informazioni fuorvianti, lo stesso fanno i paesi della NATO. Il problema sorge quando i fact-checker, che si propongono di distinguere il vero dal falso, attaccano in modo unilaterale la Russia, ignorando la propaganda proveniente dall’Occidente.
Chi controlla i controllori?
La domanda che sorge è: chi verifica la veridicità delle informazioni diffuse dai fact-checker? Sfortunatamente, spetta ai piccoli media indipendenti farlo, anche se spesso vengono ostacolati nella loro attività, come nel caso di MintPress, che ha subito blocchi nella comunicazione con i propri follower su Facebook, penalizzazioni algoritmiche e l’esclusione da servizi finanziari come PayPal. La soluzione potrebbe essere l’educazione e lo sviluppo di una cultura mediatica critica. È importante riconoscere che tutti i media hanno bias e agende nascoste e che spetta all’individuo imparare a riconoscerli, valutando costantemente ciò che legge. Tuttavia, i governi non desiderano che le loro popolazioni pensino in modo critico; vogliono che il loro messaggio sia dominante. È per questo motivo che il National Endowment for Democracy (NED) finanzia in modo discreto molte organizzazioni di fact-checking per lavorare al posto suo.
Inchieste
I Core Update di Google censurano Internet e fomentano truffe SEO
Da quando è iniziata l’epoca dell’intelligenza artificiale, Google sta trasformando la rete. Google ha la capacità di farlo? Assolutamente sì, essendo l’azienda monopolista su cui si basa il maggior numero di ricerche online. Non solo grazie al suo motore di ricerca, ma anche grazie a YouTube, un altro potente motore di ricerca video appartenente alla stessa azienda statunitense.
L’aspetto più importante di questa situazione, già descritto da Matrice Digitale, riguarda la componente su cui Google sta basando la ricerca. Nei risultati si trovano spesso aziende con solidi rapporti con la società e considerate autorevoli. Stiamo assistendo a cambiamenti significativi nel mondo della ricerca, dipendenti dalle scelte editoriali di Google, azienda che sembra non riuscire a trovare una linea chiara oppure ce l’ha e non risulta essere la migliore per la totalità degli utenti e degli imprenditori.
SEO prima vittima ed Editori privilegiati
Le prime vittime sono stati i siti internet che per anni hanno lavorato sul posizionamento SEO (Search Engine Optimization). Questa attività ha subito cambiamenti radicali, soprattutto a causa dei Core Update di Google: aggiornamenti strutturali dell’algoritmo che determinano il posizionamento delle pagine. Il funzionamento esatto di questi aggiornamenti non è chiaro, ma esistono sospetti che non si tratti di un algoritmo autonomo. Emergono ipotesi di rapporti diretti tra Google e aziende editoriali, che ricevono finanziamenti per produrre informazione. Un tempo garantiti dallo Stato, questi fondi provengono ora da privati verso altri privati. Un settore, quello di Google News, che rappresenta una lobby gestita dai soliti noti ed in mano alla politica così come raccontato nell’inchiesta a tema di Matrice Digitale.
Google fa politica, riscrive la storia e chiude il mercato
Google non risponde solo a logiche commerciali, ma mostra un indirizzo politico, influenzato da lobbisti e dinamiche globali. Con l’eventuale ritorno di Donald Trump, potrebbe modificare il proprio posizionamento sui contenuti visibili in rete anche se ad oggi risulta essere in antitesi alla cordata di Musk dove si sono aggregati dopo l’esito delle elezioni sia Zuckerberg sia Bezos con tanto di strizzatina d’occhio da parte di Gates.
Un altro aspetto rilevante è l’ascesa di nuovi motori di ricerca basati su intelligenza artificiale, come SearchGPT di OpenAI, che fornisce risposte in base a domande anziché parole chiave. Questo fenomeno solleva questioni legate a linee politiche imposte da multinazionali, governi e organi sovranazionali.
Google sta riscrivendo la storia: deindicizza o rende inutili contenuti alternativi rispetto alla narrazione mainstream dell’informazione, della ricerca scientifica e della politica. Giornalisti e artisti vengono relegati in fondo ai risultati di ricerca, generando caos tra chi si occupa di ottimizzazione dei contenuti e chi cerca di emergere nel panorama informativo.
I Core Update e l’esempio della manina dietro l’algoritmo
I Core Update premiano spesso siti improbabili a scapito di quelli storici e di qualità. L’ottimizzazione della ricerca proposta da Google si basa su due principi: la velocità di caricamento e l’autorevolezza. La velocità è valutata tramite i Core Web Vitals, mentre l’autorevolezza si costruisce attraverso citazioni da fonti ritenute autorevoli. Questo sistema ha spinto le testate editoriali a omettere chi ha dato la notizia per primo, modificando il panorama giornalistico oltre a fomentare un mercato parallelo di citazioni a pagamento sulla base di insider trader all’interno delle redazioni di siti posizionati con un ottimo page rank.
Google censura le notizie e non premia il giornalismo
Google dovrebbe premiare, secondo regole meritocratiche, chi fornisce le notizie in anteprima. Tuttavia, l’algoritmo sembra invece favorire chi mantiene rapporti privilegiati con l’azienda. Parallelamente, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei contenuti ha premiato siti di affiliazione di dubbia qualità, dimostrando l’incoerenza del sistema dove richiede contenuti esclusivi per poter indicizzare in modo privilegiato i contenuti. Google censura inoltre notizie esclusive, che spesso non appaiono tra i risultati di ricerca nelle categorie news o video e non è chiaro secondo quale principio.
Google facilita le truffe nel mercato SEO ?
Le regole opache di Google stanno trasformando il settore, creando difficoltà a chi si occupa di SEO, costringendo molti professionisti a cambiare mestiere o a proporre servizi poco efficaci.
Questa situazione sta livellando il mercato verso il basso. Da un lato, esistono persone oneste ma impreparate; dall’altro, truffatori che approfittano di aziende incapaci di navigare le nuove regole. I Core Update stanno favorendo un sottobosco di figure poco professionali, aumentando la sfiducia nelle opportunità offerte da Internet.
Il web, un tempo simbolo di libertà e accessibilità, sta diventando un luogo sempre più chiuso e costoso. Oggi, per emergere, non basta più creare un blog o un sito di qualità: bisogna investire ingenti somme per promuovere contenuti indicizzati ma invisibili senza la garanzia di un ritorno. Questo sistema alimenta il business dei social network, creando un cartello economico che avvantaggia un ristretto gruppo di grandi aziende.
La rete sta subendo una trasformazione radicale, diventando sempre meno libera e non solo per quanto riguarda la varietà delle informazioni, ma anche per le possibilità di accesso al mercato globale. I contenuti vengono manipolati per favorire narrazioni di parte, alimentando sistemi propagandistici, a volte anche di tipo militare visti gli ultimi tempi, capaci di spingere intere società verso conflitti prima social e, in casi estremi, globali.
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Stalking, bullismo e Report Bombing su Vinted: assistenza latita
Tempo di lettura: 3 minuti. La storia di Chiara, vittima di report bombing su Vinted, evidenzia gravi carenze nella gestione dei reclami e nella protezione degli utenti da bullismo e stalking digitale.
Le piattaforme di e-commerce e scambio di beni usati, come Vinted, sono sempre più diffuse grazie alla loro capacità di connettere persone in cerca di convenienza e sostenibilità. Tuttavia, quando il sistema di gestione dei reclami e la moderazione non funzionano come dovrebbero, queste piattaforme possono trasformarsi in un terreno fertile per abusi e vessazioni al limite dello stalking. Questo è il caso di una venditrice esperta, che chiameremo Chiara, la cui esperienza raccontata in ESCLUSIVA a Matrice Digitale getta luce su gravi falle nella gestione di problematiche critiche da parte di Vinted e della tecnica del Report Bombing subita per mesi.
Dieci mesi di vessazioni
Chiara, iscritta su Vinted dal 2021 con un profilo di alta reputazione (340 recensioni, 4.9 di rating), si è trovata vittima di un autentico report bombing. Dopo un diverbio con un’utente aggressiva sul forum, il suo account è diventato il bersaglio di segnalazioni continue, apparentemente infondate. Secondo quanto riferito, l’utente in questione ha dedicato mesi a segnalare ripetutamente i suoi articoli, portando alla rimozione di inserzioni, al blocco temporaneo dell’account e, infine, a una sospensione permanente.
Le segnalazioni, spesso ridicole, includevano accuse di:
- Vendita di articoli inesistenti o doppi (anche quando non lo erano).
- Violazioni di copyright, nonostante Chiara avesse dimostrato di essere l’autrice delle immagini.
- Vendita di brand contraffatti, malgrado fossero presenti etichette, scontrini e altri documenti di autenticità.
- Articoli ritenuti non sicuri, senza prove concrete.
Nonostante le numerose prove fornite da Chiara, Vinted ha risposto con messaggi preconfezionati e, nei casi di insistenza, con risposte giudicate sgarbate e prive di umanità.
Assenza di tutela e inadeguatezza dell’assistenza
Chiara ha segnalato ripetutamente le minacce ricevute, allegando prove documentali, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate. Paradossalmente, l’utente che ha perpetuato il report bombing continua a utilizzare la piattaforma indisturbata, nonostante alcune recensioni la descrivano come una persona problematica.
Dopo mesi di tentativi infruttuosi, Chiara ha aperto un reclamo presso un organo europeo (ODR), ma anche in questo caso non ha ottenuto alcuna risposta. Ha inoltre tentato di contattare Vinted attraverso l’indirizzo email legal@vinted.it, indicato come riferimento per controversie legali, senza ricevere alcun riscontro.
La questione del bullismo sulle piattaforme digitali
L’esperienza di Chiara mette in evidenza un problema sistemico. Nonostante il grande successo di Vinted, la piattaforma sembra trascurare l’importanza di una gestione responsabile delle problematiche degli utenti favorendo non solo il proliferare di truffe, ma anche la stalking ai danni dei venditori. Le accuse di bullismo e stalking digitale non possono essere ignorate, soprattutto quando si tratta di episodi documentati con prove.
La mancanza di un’assistenza adeguata solleva interrogativi sulla capacità di Vinted di proteggere i propri utenti da abusi e vessazioni. In un’era in cui le denunce per comportamenti scorretti online sono in aumento, è essenziale che piattaforme di questa portata si dotino di strumenti efficaci per contrastare episodi di cyberbullismo e stalking.
La vicenda di Chiara non è un caso isolato, sono tante le anomalie raccontate da Matrice Digitale su Vinted ed il suo sistema spesso claudicante nel garantire venditori e consumatori vittime di truffe e minacce, ma rappresenta un esempio emblematico di come l’assenza di un’assistenza efficace possa esacerbare situazioni già gravi. È fondamentale che Vinted e altre piattaforme simili rivedano le loro politiche di moderazione e assistenza, adottando un approccio più umano e trasparente per garantire la sicurezza e la tutela di tutti gli utenti.
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Elezioni annullate in Romania: cosa è successo? E’ un colpo di stato?
Tempo di lettura: 5 minuti. Romania annulla le elezioni presidenziali: 85.000 cyberattacchi e manipolazione su TikTok costringono a ripetere il primo turno.
La Romania si trova nel mezzo di una crisi politica e tecnologica senza precedenti: la Corte Costituzionale ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali dopo oltre 85.000 attacchi informatici contro i sistemi elettorali e un’influenza significativa su TikTok attribuita a campagne coordinate. Questi eventi hanno portato all’annullamento del ballottaggio previsto e all’intervento della Commissione Europea per indagare su manipolazioni sistemiche e rischi legati alla piattaforma.
Cyberattacchi e manipolazione elettorale
Secondo il Servizio di Intelligence Rumeno (SRI), il sistema elettorale è stato preso di mira da oltre 85.000 cyberattacchi, compresi tentativi di compromissione dei server dell’Autorità Permanente Elettorale. Questi attacchi, attribuiti a un presunto attore statale, avevano come obiettivo il furto di credenziali e la manipolazione dei dati elettorali.
Un altro elemento chiave è stato l’uso di TikTok per influenzare gli elettori. Una rete di 25.000 account falsi ha promosso il candidato pro-Mosca, Călin Georgescu, attraverso video virali e strategie coordinate di disinformazione. Sebbene non vi siano prove che il candidato fosse direttamente coinvolto, la Corte Costituzionale ha sottolineato che l’intero processo elettorale è stato compromesso, richiedendo la ripetizione del primo turno.
Le manipolazioni non si sono limitate alla disinformazione. Credenziali rubate sono state trovate in forum russi, alimentando preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e sull’integrità del voto. La decisione della Corte di annullare le elezioni è stata definita dal Primo Ministro Marcel Ciolacu come “l’unica soluzione possibile per preservare la democrazia”.
Intervento della Commissione Europea
In seguito agli eventi, la Commissione Europea ha emesso un ordine di conservazione dei dati per TikTok, obbligando la piattaforma a conservare documenti relativi ai rischi sistemici che potrebbero minacciare i processi elettorali. Questo include informazioni sui sistemi di raccomandazione e sull’uso di account falsi per manipolare l’opinione pubblica.
TikTok è stata anche invitata a fornire dettagli sul modo in cui affronta i rischi derivanti dall’uso non autentico del servizio, come bot e campagne coordinate. La piattaforma ha dichiarato di aver rimosso alcune reti di account, ma la portata delle manipolazioni rimane oggetto di indagini approfondite.
La Commissione Europea, in base al Digital Services Act, mira a garantire che TikTok rispetti gli obblighi di trasparenza e sicurezza, evitando interferenze in ulteriori elezioni all’interno dell’Unione Europea.
Cosa non torna dal rapporto dell’intelligence sulle elezioni in Romania?
Mancanza di prove convincenti
I documenti di intelligence non forniscono prove concrete di interferenze straniere o manipolazioni. Al contrario, si basano su parallelismi circostanziali con presunti metodi russi utilizzati in altri contesti (ad esempio in Ucraina e Moldavia). Pur documentando una campagna su TikTok a favore di Călin Georgescu, con 25.000 account coordinati tramite Telegram, mancano evidenze definitive di:
- Amplificazione artificiale (ad esempio, bot o account falsi).
- Finanziamenti esteri o coinvolgimento diretto di attori statali.
- Un chiaro nesso causale tra la campagna e i cambiamenti nel comportamento degli elettori.
L’esistenza di campagne coordinate sui social media non è di per sé né sospetta né insolita, ma rappresenta una pratica standard nella politica moderna a livello globale.
Errata interpretazione dell’attività nella Campagna Elettorale
Le attività descritte—canali Telegram coordinati, pagamenti a influencer, messaggi specifici—sono in linea con le normali strategie di marketing digitale. Le tariffe riportate per gli influencer (400 lei per 20.000 follower o 1.000 euro per video promozionale) rientrano nei parametri di mercato. Questo solleva dubbi sul fatto che la campagna sia stata ingiustamente etichettata come dannosa solo per la sua efficacia o sofisticazione.
Parallelismi circostanziali vs prove concrete
L’affidamento dei documenti a paralleli con operazioni russe è problematico. Comportamenti come l’attivazione di account dormienti durante le elezioni sono comuni quando cresce l’interesse politico e non solo in Romania. Insinuare manipolazioni senza prove tecniche di amplificazione o account falsificati confonde la linea tra campagne strategiche e interferenze malevole.
Influenza sugli Elettori e efficacia non dimostrata
Sebbene la campagna possa aver aumentato la visibilità di Georgescu, i documenti non forniscono metriche di coinvolgimento complete, come:
- La reale portata e impatto dei contenuti oltre il numero di visualizzazioni.
- Quanti elettori hanno effettivamente cambiato preferenza.
- Se questa campagna sia stata determinante rispetto a fattori tradizionali come politiche, copertura mediatica o insoddisfazione generale per gli altri candidati.
Precedente più ampio
Annullare un’elezione basandosi sull’esistenza di una campagna social coordinata è senza precedenti. Stabilendo questo standard, la corte rumena rischia di:
- Minare i processi democratici invalidando le elezioni basandosi su sospetti piuttosto che su prove.
- Creare un precedente che potrebbe essere usato per contestare risultati scomodi sotto la giustificazione di combattere interferenze.
- Scoraggiare campagne politiche legittime per il timore di accuse simili.
Danneggiare la Democrazia per proteggerla: analisi dell’autore
Quanto accaduto in Romania rappresenta il primo caso di elezioni annullate a causa dell’influenza della rete. Non è chiaro, vista l’assenza di prove inconfutabili, se la causa principale sia stata la presenza di un candidato contrario alle posizioni di Bruxelles o un’ingerenza russa. Tuttavia, è evidente che i servizi di intelligence rumeni, strettamente collegati agli Stati Uniti, abbiano un ruolo importante, considerando anche il forte interesse della NATO in Romania, con la costruzione di diverse basi militari installate per far fronte all’invasione militare del Cremlino: soggetto accusato di sponsorizzare il candidato vincente.
D’altra parte, è altrettanto rilevante la presenza di una componente russa che, attraverso strumenti democratici, potrebbe aver influenzato i cittadini rumeni, configurando una sorta di “conquista pacifica” a botte di post sui social network. Questo porta a una riflessione cruciale: indipendentemente dall’eventuale ingerenza verificatasi sul social network cinese, la situazione suggerisce un interrogativo più ampio.
L’Europa, che si proclama baluardo dei principi democratici, è davvero disposta ad applicare tali principi in ogni circostanza?
Le elezioni continuano ad avere un ruolo determinante, o sono percepite come una minaccia per l’establishment?
Per la Romania, le elezioni rappresentano un pericolo per il potere costituito ma, al contempo, restano un patrimonio da tutelare come dovrebbe essere in ogni democrazia.
Un parallelismo può essere tracciato con le ultime elezioni statunitensi, dove il social network di Elon Musk ha avuto un ruolo rilevante per Donald Trump. Nonostante le accuse di favoritismi da parte di Musk, che avrebbe amplificato le visualizzazioni di Trump e del Partito Democratico, emerge un tema chiave:
perché l’Unione Europea non interviene costantemente contro le grandi piattaforme che, attraverso forme di censura, sostengono in modo evidente le narrazioni europeiste?
Il rischio è che, indipendentemente dal volere popolare, prevalga una narrazione costruita nel medio-lungo periodo, orientata a eliminare voci contrarie all’interno dell’arena democratica. Questo potrebbe portare a un punto di rottura: se il processo fosse davvero così, l’Occidente perderebbe il ruolo di modello democratico globale, e la sua democrazia non potrebbe più essere considerata un faro per il resto del mondo.
Proprio per questo motivo, ironia della sorte, la decisione di annullare l’elezione potrebbe fare più danni alla democrazia di qualsiasi presunta manipolazione. Intervenendo sulle scelte degli elettori basandosi su accuse non provate, le autorità rischiano di erodere la fiducia pubblica nei processi elettorali. Questo approccio potrebbe incoraggiare altri governi a usare accuse simili per reprimere il dissenso o annullare risultati non graditi ed il caso Georgia rappresenta il caso da scongiurare dove i democratici europeisti imbracciano la protesta violenta per sovvertire l’esito elettorale.
La decisione della Corte Costituzionale rumena sottolinea l’importanza di prove chiare e trasparenza nelle decisioni che riguardano i processi democratici. Sebbene sia fondamentale proteggere le elezioni da interferenze, azioni intraprese senza prove concrete rischiano di delegittimare le istituzioni stesse. Questo caso dovrebbe servire da monito sul delicato equilibrio tra sicurezza nazionale e integrità democratica.
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