L'Altra Bolla
Giorgia Meloni all’attacco dei social media: sono mezzi di informazione
Tempo di lettura: 4 minuti. La leader di Fratelli d’Italia lancia la sfida più grande. Perchè ha ragione e perchè difficilmente riuscirà nell’impresa di rompere il patto atlantico sulla censura tra l’Europa, USA con l’aiuto delle Big Tech
Giorgia Meloni è scesa in campo con un video elettorale sui social media ed è scoppiata subito la polemica. In sintesi, la leader di Fratelli d’Italia ha spinto il piede sull’acceleratore sul contesto normativo in cui operano le piattaforme: dal trattamento dei dati alle policy dei contenuti pubblicati.
Social network come mezzi di informazione
Una promessa, quella della Meloni, su cui c’è già una proposta presentata da Fratelli d’Italia e che vede come protagonista indiscussa la giungla che in questi anni ha interessato le piattaforme social e la conquista del campo di battaglia sorretto dalle informazioni che vi circolano sopra. Meloni vuole paragonare le piazze virtuali ai mezzi di informazione costringendoli non solo ad intervenire preventivamente, sbagliando nei confronti dei cittadini digitali suoi utenti, ma a fornire regole chiare e possibilità di appelli rivolti ad un uomo in carne ed ossa rispetto ai freddi messaggi “sei stato bannato e non c’è modo di fare ricorso”. Tutto questo per preservare la libertà di parola e di espressione che spetta ad ogni cittadino, tutelandolo da ogni forma di squadrismo visto l’uso che è possibile fare delle segnalazioni in massa per escludere qualsiasi individuo nel giro di poche ore dalla Cittadinanza Digitale.
I precedenti in questa campagna elettorale
In questa campagna elettorale si sono verificati casi di diniego e di interruzione della campagna elettorale a due candidati: Francesco Toscano di Italia Sovrana e Popolare e Simone di Stefano di Alternativa per l’Italia. Sia il primo, con un ricorso semplice, sia il secondo con un dispositivo d’urgenza presso il Tribunale, hanno avuto la meglio, ma il fattore da non sottovalutare è proprio quello che ad essere stati bloccati sono stati due esponenti dell’ala “sovranista, non atlantica e contraria al greenpass”. Negli stessi giorni del ricorso di di Stefano, un giudice ha dato ragione a Facebook per il blocco di 30 giorni perpetrato ad una utente che aveva condiviso un video di una parlamentare novax, ma non ha preso provvedimenti sul profilo della parlamentare aprendo uno scenario di valutazione ben diverso da quello delle “policy” uguali per tutti.
I precedenti fascisti che equiparano le Big Tech a dei mezzi di informazione
Sono molti i casi di utenti bannati dai social o temporaneamente limitati a seguito di alcune dichiarazioni molte volte neutrali o addirittura innocue. Inutile dire che è necessario attivare le procedure di sicurezza quando si tratta di utenti che spingono verso la violenza, il terrorismo e l’antisemitismo, ma è chiaro che sono tanti ad essere stati bannati per aver commesso nulla. Piattaforme come YouTube che hanno chiuso i canali ai giornalisti con la scusa della “vendita di farmaci da prescrizione” senza possibilità di appello, così come sono stati sospesi dei canali per dei video che parlavano di questioni attuali con la stessa professionalità, seppur imparziale e non secondo una linea gradita alle piattaforme USA, delle piattaforme mediatiche più accreditate. C’è anche una disparità di trattamento da parte degli organi europei alle società “social” a seconda della provenienza geografica. Piattaforme come Facebook devono ancora essere sanzionate dal Garante della Privacy italiano a seguito di un data breach con i dati completi di decine di milioni di concittadini, occorso oramai da due anni.
Perchè la Meloni solleva il problema della libertà di espressione
Meloni ha ragione da vendere sul tema e vuole arrivare dove Trump non c’è riuscito con l’equiparazione delle piattaforme social ai media, scontando un ban permanente da diverse piattaforme. Oltre al meccanismo trumpiano, c’è da fare un’analisi dell’oramai contesto in cui l’Europa si sta muovendo con la censura di molte fonti giornalistiche extra eu e l’istituzione di una casella di regia dove associazioni, ONG e testate giornalistiche schierate secondo determinati interessi possono stabilire la qualità di una testata rispetto ad un’altra e cosa è vero e cosa invece non lo è. Questo vuol dire appunto che, una volta stabilita l’informazione che può essere diffusa rispetto ad un’altra, vengono date delle indicazioni alle Big Tech americane che così restringono attraverso gli algoritmi le policy su un determinato argomento che in poche parole si traduce in censura. Ancora più interessante la questione dove i social network hanno oramai mostrato al mondo che esiste una lista di soggetti graditi che possono contare su regole più morbide e quindi c’è da domandarsi quali siano i requisiti per potervi accedere.
Riuscirà Meloni a portare a termine questa missione?
Nel caso vinca le elezioni, Fratelli d’Italia troverà contro la maggior parte dei politici italiani e dei media del paese a causa di rapporti intrattenuti in questi anni con le piattaforme sia per crescere personalmente sia di natura commerciale sia perchè la linea adottata dalle piattaforme made in USA è compatibile e di molto con la linea editoriale, ed i relativi interessi degli editori, predominanti. Un tentativo che non è riuscito a Trump, anzi, lo ha relegato all’oblio social, così come è anche chiaro che la democrazia Occidentale ha usato in questi anni monitorare i successi del social scoring che avviene su Facebook, meno blocchi hai più visibilità ottieni, e lo hanno utilizzato per profilare al meglio una popolazione che troppe volte ha ceduto i suoi dati e le sue preferenze senza riflettere su come venivano schedate e classificate. Gli interessi sono enormi ed il contesto belligerante del momento non aiuta di certo ad aprire i rubinetti a regole chiare ed uguali per tutti, soprattutto compatibili con i diritti di ogni singolo paese, anzi, un’azione simile è anche pericolosa in un momento dove la lobby social, big tech nel contesto, è molto influente in Europa ed ha già avvinghiato con i suoi tentacoli diverse strutture burocratiche del paese.
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Innovazioni e regolamenti: Bluesky, WhatsApp, Australia e Discord
Tempo di lettura: 3 minuti. Bluesky e AI, WhatsApp e Meta AI, normative australiane e aggiornamenti Discord: scopri come innovazione ed etica ridefiniscono il 2024 tecnologico.
Dall’uso dei post di Bluesky per addestrare modelli di intelligenza artificiale, agli sforzi di WhatsApp per integrare Meta AI, passando per le nuove regolamentazioni australiane contro le big tech e le migliorie di Discord, il panorama tecnologico globale continua a evolversi tra innovazione e dibattiti etici.
Bluesky: post pubblici e la controversia sull’addestramento AI
Bluesky, alternativa decentralizzata a X, è al centro di una polemica sull’utilizzo non autorizzato dei post pubblici per addestrare modelli di intelligenza artificiale. Il problema si è acuito con la pubblicazione di dataset contenenti milioni di contenuti della piattaforma su Hugging Face, una piattaforma per lo sviluppo di AI open-source.
Nonostante la rimozione di alcuni dataset, altri, spesso privi di anonimizzazione, continuano a proliferare. La questione solleva interrogativi sull’adeguatezza delle normative come il GDPR, che non coprono del tutto il trattamento dei dati in contesti decentralizzati come Bluesky. Questo episodio mette in evidenza i limiti della regolamentazione attuale e la necessità di soluzioni più robuste per proteggere la privacy degli utenti.
WhatsApp e Meta AI: nuove funzionalità per la verifica dei messaggi
WhatsApp sta testando una funzionalità che consente di inoltrare messaggi a Meta AI per verificarne il contenuto e l’autenticità. Questa opzione, attualmente in fase di sviluppo su Android, permette agli utenti di aggiungere domande specifiche per ottenere risposte contestualizzate dall’intelligenza artificiale.
L’obiettivo è fornire strumenti che aiutino a combattere disinformazione e truffe, un problema sempre più rilevante sulle piattaforme di messaggistica. Se implementata con successo, questa funzione potrebbe rappresentare un nuovo standard per la sicurezza online nelle applicazioni di messaggistica.
Australia contro le big tech: multe milionarie per le piattaforme social
L’Australia ha introdotto nuove regolamentazioni che obbligano colossi tecnologici come Meta e Google a compensare i media locali per i contenuti condivisi sulle loro piattaforme. Se non rispettate, queste aziende rischiano multe che superano milioni di dollari.
La normativa segue una legge del 2021 che già imponeva pagamenti ai media australiani per il traffico generato dai contenuti, una misura che aveva portato a un breve blocco delle notizie su Facebook in Australia. Tuttavia, Meta ha dichiarato che non rinnoverà gli accordi di compensazione, riducendo progressivamente la visibilità dei contenuti di news.
Questo regolamento rappresenta un ulteriore passo nella strategia australiana per regolare le piattaforme tecnologiche, in linea con misure come il divieto per i minori di 16 anni di accedere ai social media e le sanzioni per il mancato controllo delle truffe online.
Discord: aggiornamenti di dicembre e pausa invernale
Discord ha annunciato miglioramenti nella stabilità, reattività e correzione di bug per le sue piattaforme con le Patch Notes di dicembre 2024. La società, che terminerà l’anno con una pausa per il team tecnico, ha incoraggiato gli utenti a segnalare eventuali problemi tramite i canali dedicati, promettendo di integrare nuove funzionalità nel 2025.
Tra le aree migliorate spiccano:
- Una maggiore efficienza nell’uso delle risorse di sistema per garantire prestazioni ottimali.
- Bug fix per funzioni legate alla chat vocale e ai server.
- Ottimizzazioni nell’interfaccia utente per una navigazione più intuitiva.
Questi aggiornamenti sottolineano l’impegno di Discord nel mantenere alta la qualità del servizio, in un contesto sempre più competitivo tra piattaforme di comunicazione.
Dalla gestione etica dei dati su Bluesky all’integrazione di AI su WhatsApp, fino alle regolamentazioni in Australia e alle migliorie di Discord, il 2024 si chiude con riflessioni su innovazione, etica e responsabilità delle big tech. Questi sviluppi mostrano come il settore tecnologico continui a essere al centro di dibattiti cruciali per il futuro digitale.
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Bluesky dichiara guerra alle false identità con nuove verifiche
Tempo di lettura: 2 minuti. Bluesky adotta misure contro le false identità con nuove politiche di verifica. Scopri come la piattaforma punta a garantire autenticità e trasparenza.
Bluesky, il social media emergente che sta guadagnando popolarità, ha annunciato un importante aggiornamento delle sue politiche per contrastare le false identità sulla piattaforma. Dopo aver rilevato numerosi account falsi che imitavano utenti popolari, Bluesky ha deciso di adottare misure più severe per proteggere l’autenticità degli utenti e prevenire abusi.
Nuove regole per la verifica e la trasparenza
A differenza di altre piattaforme come X (precedentemente Twitter), dove è sufficiente acquistare un badge di verifica, Bluesky richiede che gli utenti colleghino i loro account a siti web di proprietà, un processo meno immediato ma più affidabile. Per aiutare personalità pubbliche e aziende a verificare la propria identità, Bluesky sta collaborando attivamente con loro.
Inoltre, la piattaforma ha introdotto linee guida che obbligano gli account parodistici o fan account a dichiarare chiaramente la loro natura. Gli account che non rispettano questa regola rischiano la rimozione.
Protezione contro l’abuso di username
Un problema emerso riguarda la disponibilità degli username dopo che un account è stato verificato. Questo processo può creare confusione e favorire l’abuso da parte di impostori. Bluesky sta lavorando per limitare questi episodi, impedendo cambiamenti rapidi di identità da parte degli utenti per eludere i divieti.
Implicazioni per la crescita della piattaforma
Bluesky si trova in una fase di espansione esponenziale e affronta sfide simili a quelle già vissute da altre piattaforme come Threads e X. La verifica dell’identità è fondamentale per prevenire la diffusione di disinformazione e frodi. Tuttavia, c’è il rischio che queste politiche possano influire sulla privacy degli utenti che necessitano dell’anonimato per motivi di sicurezza.
Verso una piattaforma più sicura e autentica
Bluesky intende bilanciare il bisogno di trasparenza con la protezione della privacy, rendendo la piattaforma un luogo più sicuro e affidabile per la comunicazione online senza false identità. Le prossime mosse potrebbero includere ulteriori strumenti di autenticazione, ma per ora la sfida rimane quella di implementare queste politiche senza compromettere l’esperienza utente.
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Social media: Meta e TikTok contro frodi e money mule
Tempo di lettura: 2 minuti. Le frodi sui social media crescono: scam centers e money mule su Instagram e TikTok minacciano la sicurezza online.
L’utilizzo illecito delle piattaforme social media per attività criminali è in costante crescita soprattutto per quanto riguarda le frodi. Da un lato, i cosiddetti scam centers, vere e proprie organizzazioni criminali che sfruttano le vulnerabilità degli utenti, hanno trovato un terreno fertile su piattaforme come Facebook e Instagram. Dall’altro, TikTok e Instagram sono spesso utilizzati per reclutare money mule, individui coinvolti nel riciclaggio di denaro.
Secondo Meta, gli scam centers operano principalmente nel Sud-Est asiatico, dove decine di migliaia di persone vengono costrette a partecipare a truffe online come il pig butchering, una tecnica che prevede la costruzione di relazioni digitali con le vittime per indurle a investire in schemi fraudolenti, spesso legati a criptovalute. Un rapporto dell’US Institute of Peace ha stimato che queste operazioni coinvolgono oltre 300.000 lavoratori sfruttati, con perdite globali per le vittime pari a 64 miliardi di dollari nel 2023.
Meta ha collaborato attivamente con forze dell’ordine locali per contrastare queste reti criminali, rimuovendo oltre 2 milioni di account sospetti nel corso del 2024. Parallelamente, TikTok ha intensificato i controlli sui contenuti, bloccando quasi il 96% dei video legati a frodi prima che venissero segnalati dagli utenti. Tuttavia, la portata del problema richiede una risposta globale più strutturata e un maggiore coinvolgimento delle istituzioni internazionali.
Money mule: il lato oscuro del lusso su Instagram e TikTok
Parallelamente agli scam centers, Instagram e TikTok sono diventati strumenti privilegiati per il reclutamento di money mule, persone utilizzate per trasferire denaro illecito tra conti bancari. Attraverso post che mostrano uno stile di vita lussuoso e promesse di guadagni facili, i criminali attirano individui spesso ignari delle implicazioni legali.
Le conseguenze per chi si lascia coinvolgere possono essere devastanti: pene detentive fino a 14 anni per complicità in riciclaggio di denaro, il congelamento dei conti bancari e il blocco dell’accesso al credito. Storie come quella di Derai, un giovane britannico, illustrano il rischio di agire inconsapevolmente come intermediari per fondi illeciti. Nonostante le sue buone intenzioni, il suo coinvolgimento ha portato al congelamento dei suoi conti per sei anni, compromettendo gravemente la sua situazione finanziaria.
Le piattaforme social hanno avviato iniziative per contrastare il fenomeno, come l’uso di messaggi di allerta che segnalano potenziali truffe agli utenti. Tuttavia, il reclutamento di money mule evidenzia una falla più profonda nell’ecosistema digitale, dove i contenuti manipolatori continuano a proliferare grazie a strategie sempre più sofisticate.
La lotta contro queste attività richiede non solo maggiore consapevolezza da parte degli utenti, ma anche la collaborazione tra piattaforme tecnologiche, banche e governi. Solo un’azione coordinata potrà arginare l’uso illecito dei social media, proteggendo le persone più vulnerabili da frodi e sfruttamento.
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