L'Altra Bolla
Telegram nel mirino dell’ONU e Facebook della Corte di Giustizia UE
Rapporto ONU su Telegram denuncia crimini nel Sud-est asiatico e sentenza UE limita Facebook nell’uso dei dati personali per pubblicità mirata.
Le ultime notizie mettono in luce due importanti questioni: l’uso di Telegram da parte di reti criminali in Sud-est asiatico e la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che limita l’uso dei dati personali da parte di piattaforme di social network come Facebook. Ecco i dettagli principali.
Telegram: una piattaforma per il crimine organizzato nel Sud-est asiatico
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, il servizio di messaggistica Telegram è diventato uno strumento centrale per gruppi criminali in Sud-est asiatico. Il report, citato da Reuters, rivela come l’app venga utilizzata per la compravendita di informazioni rubate, tra cui dettagli di carte di credito, password e cronologie di navigazione. Inoltre, vengono venduti strumenti di cybercrimine come malware e software deepfake, mentre piattaforme di scambio di criptovalute non autorizzate permettono di riciclare denaro.
L’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine) ha rilevato un passaggio di molti mercati illeciti verso Telegram, con venditori che mirano a colpire gruppi di crimine organizzato transnazionale nella regione. Questa attività genera un fatturato stimato tra i 27,4 e i 36,5 miliardi di dollari all’anno. La crescita delle reti criminali è attribuita principalmente a gruppi cinesi che operano in sicurezza e sfruttano lavoratori trafficati.
L’arresto di Pavel Durov, fondatore di Telegram, avvenuto a Parigi ad agosto, ha acceso un dibattito sulla responsabilità legale delle piattaforme online nel facilitare attività criminali, come la distribuzione di materiale di abuso su minori. Durov, dopo il suo rilascio su cauzione, ha annunciato che Telegram avrebbe iniziato a condividere gli indirizzi IP e i numeri di telefono degli utenti su richiesta delle autorità legali, e avrebbe rimosso alcune funzionalità suscettibili di utilizzo illecito.
Sentenza della Corte di Giustizia UE: limitazioni sull’uso dei dati personali da parte di Facebook
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), in una sentenza del 4 ottobre 2024 (caso C-446/21), ha stabilito che una piattaforma di social network come Facebook non può utilizzare tutti i dati personali degli utenti per finalità pubblicitarie mirate senza restrizioni di tempo o tipo di dati. La decisione segue una causa avviata da Maximilian Schrems, attivista austriaco per la privacy, contro Meta Platforms Ireland, gestore di Facebook in Europa.
Secondo la sentenza, il principio di minimizzazione dei dati previsto dal GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) impedisce a Facebook di aggregare, analizzare e processare tutti i dati raccolti sia all’interno che all’esterno della piattaforma senza limiti temporali e senza distinzione tra tipologie di dati. Ciò include attività online su altre piattaforme, siti web di terze parti e app.
Un punto cruciale è stato l’eventuale divulgazione pubblica dell’orientamento sessuale di Schrems in occasione di un dibattito pubblico, che, secondo la corte, non autorizza automaticamente Facebook a trattare ulteriori dati sensibili relativi all’orientamento sessuale dell’utente per finalità pubblicitarie personalizzate.