La NATO (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord) e l’Unione Europea (UE) si sono incontrate per rafforzare ulteriormente gli impegni nella difesa cibernetica. Esperti di sicurezza cibernetica della NATO si sono consultati con il Servizio Europeo per l’Azione Esterna per discutere delle minacce online rivolte sia alle infrastrutture militari che civili.
Collaborazione per la difesa cibernetica
David van Weel, Segretario Generale Aggiunto per le Sfide di Sicurezza Emergenti, ha sottolineato l’importanza della collaborazione, affermando: “Il cyberspazio può essere difeso solo in uno spirito collaborativo”. Ha inoltre evidenziato che una maggiore sinergia tra le iniziative cibernetiche della NATO e dell’UE potenzia il benessere e la sicurezza dei cittadini, delle economie, compresa la protezione delle infrastrutture critiche, nonché delle difese cibernetiche.
Deterrenza, difesa e contrasto
Negli ultimi anni, la difesa cibernetica è emersa come una grave minaccia per la NATO, poiché stati e attori ostili hanno potenziato le loro capacità cibernetiche. Una delle principali evoluzioni nella difesa cibernetica della NATO è stata la creazione del Centro di Eccellenza per la Difesa Cibernetica Cooperativa nel 2008. Da allora, sono state fornite ricerche, sviluppo e formazione sia ai membri della NATO che ai non membri per espandere e potenziare le difese cibernetiche a livello globale.
Gli attacchi cibernetici commessi da gruppi sponsorizzati da stati, e persino dagli stessi stati, rappresentano una seria minaccia. Ad esempio, l’attacco ransomware WannaCry del 2017, avviato dalla Corea del Nord, ha colpito oltre 300.000 computer in 150 paesi, causando danni stimati in 4 miliardi di dollari a livello mondiale. La Russia ha mostrato il volto mutevole della guerra cibernetica con i suoi attacchi senza precedenti contro le infrastrutture civili e militari ucraine. La NATO ha formalmente stabilito che “attività cibernetiche maliziose significative potrebbero in certe circostanze essere considerate un attacco armato”, portando il Consiglio dell’Atlantico del Nord a invocare l’articolo 5.