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Sicurezza Informatica

Arresti contro LockBit e NetWalker

LockBit e NetWalker sotto attacco legale: sviluppatore arrestato e affiliato condannato. Scopri le operazioni internazionali contro il ransomware.

Due operazioni distinte contro il crimine informatico hanno portato a sviluppi significativi nella lotta contro il ransomware. Le autorità statunitensi hanno incriminato un sospetto sviluppatore di ransomware LockBit, mentre un affiliato del ransomware NetWalker è stato condannato a 20 anni di carcere.

Il caso LockBit: sviluppatore russo-israeliano accusato di crimini informatici

Rostislav Panev, un cittadino russo-israeliano, è stato incriminato per il suo presunto ruolo nello sviluppo del ransomware LockBit, una delle minacce cibernetiche più sofisticate degli ultimi anni. Panev, arrestato in Israele nell’agosto 2024, è accusato di aver creato strumenti chiave per LockBit, inclusi gli encryptor e il software di furto dati StealBit.

Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Panev ha guadagnato circa 230.000 dollari lavorando per LockBit, ricevendo pagamenti mensili in criptovaluta. Durante l’arresto, le autorità israeliane hanno trovato credenziali che davano accesso a repository contenenti il codice sorgente di LockBit e del ransomware Conti, un altro gruppo noto. Questi strumenti permettevano agli affiliati di personalizzare le loro campagne di attacco, compromettendo infrastrutture critiche e aziende globali.

LockBit, attivo dal 2019, è stato oggetto di numerose operazioni di polizia internazionale, inclusa l’operazione Cronos del 2024, che ha portato al recupero di oltre 7.000 chiavi di decrittazione, consentendo alle vittime di recuperare i dati senza pagare il riscatto.

NetWalker: un affiliato romeno condannato per attacchi mirati

Daniel Christian Hulea, cittadino romeno, è stato condannato a 20 anni di carcere negli Stati Uniti per il suo coinvolgimento con il ransomware NetWalker. Arrestato in Romania e estradato negli Stati Uniti, Hulea ha ammesso di aver partecipato a numerosi attacchi informatici, tra cui quelli contro ospedali, università e aziende durante la pandemia COVID-19.

Secondo i documenti del tribunale, Hulea ha raccolto circa 1.595 bitcoin (all’epoca pari a 21,5 milioni di dollari) dai riscatti pagati dalle vittime. Oltre alla condanna, Hulea dovrà restituire 14,9 milioni di dollari e cedere beni, tra cui una proprietà di lusso in Indonesia, acquistata con i proventi degli attacchi.

NetWalker, attivo dal 2019, operava come Ransomware-as-a-Service (RaaS), consentendo agli affiliati di utilizzare il ransomware in cambio di una percentuale sui riscatti. La rete è stata smantellata nel 2021, ma il suo codice è stato successivamente utilizzato in nuove operazioni, dimostrando come i gruppi di ransomware riescano a rigenerarsi rapidamente.

Questi sviluppi sottolineano l’efficacia della cooperazione internazionale nella lotta contro il crimine informatico. Con azioni legali e operazioni di polizia mirate, le autorità stanno riuscendo a colpire non solo gli affiliati, ma anche gli sviluppatori e gli organizzatori di gruppi ransomware come LockBit e NetWalker, riducendo significativamente l’impatto di queste minacce globali.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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