Connect with us

Intelligenza Artificiale

Adobe ti fa pagare l’abbonamento e ruba le tue opere con l’AI?

La recente notifica di aggiornamento dei termini di servizio di Adobe ha scatenato indignazione tra i creativi, mettendo in luce problemi di fiducia verso le grandi aziende tecnologiche e i loro strumenti AI.

Published

on

Adobe creative cloud

Recentemente, una notifica di aggiornamento dei termini di servizio di Adobe ha causato indignazione online, poiché molti utenti hanno interpretato l’aggiornamento come una mossa della multinazionale per accedere e utilizzare i loro lavori per addestrare modelli di intelligenza artificiale (AI). Questa situazione ha messo in luce il crescente problema di fiducia che circonda le grandi aziende tecnologiche e i loro strumenti AI.

Reazioni dei Creativi

Il messaggio di Adobe indicava che l’azienda poteva “accedere ai contenuti attraverso metodi automatici e manuali”, citando l’uso di “tecniche come il machine learning” per analizzare i contenuti e migliorare i servizi. Molti creativi hanno interpretato questo linguaggio vago come un segno che Adobe avrebbe potuto utilizzare i loro lavori per addestrare Firefly, il modello di AI generativa dell’azienda, o accedere a progetti sensibili sotto NDA.

Un tweet virale ha esortato i professionisti a cancellare Adobe e eliminare tutte le app e i programmi, affermando che Adobe non poteva essere fidata. Questa reazione ha spinto Adobe a pubblicare un post sul blog per chiarire la situazione, affermando che non utilizzano i contenuti dei clienti per addestrare Firefly e che i modelli di AI sono addestrati su contenuti con licenza e di dominio pubblico.

Confusione e problemi di comunicazione

Il confronto tra i termini di servizio prima e dopo l’aggiornamento di febbraio mostra che in realtà poco è cambiato. Il termine “machine learning” era già presente nei TOS da anni, utilizzato in strumenti come Photoshop’s Content-Aware Fill e Lightroom’s Select Subject. Tuttavia, la notifica recente ha reso il linguaggio più visibile, portando a una comprensione errata delle modifiche.

Scott Belsky, chief product officer di Adobe, ha riconosciuto su X (precedentemente Twitter) che il linguaggio nella notifica era “poco chiaro” e che il team legale stava lavorando per affrontare le preoccupazioni degli utenti. Belsky ha sottolineato che la fiducia e la trasparenza sono cruciali in questo periodo.

Problemi di fiducia e monopolio

Adobe ha sviluppato un problema di immagine nel corso degli anni, specialmente tra i creativi individuali che non sentono più che l’azienda abbia a cuore i loro interessi. Il passaggio da un modello di acquisto una tantum a abbonamenti ricorrenti ha suscitato critiche, così come l’accusa di monopolizzare il settore del software creativo. Questo ha portato i regolatori a costringere Adobe ad abbandonare il tentativo di acquisire Figma l’anno scorso.

Nonostante esistano software alternativi come Affinity, i prodotti Adobe sono considerati lo “standard del settore” e difficili da evitare in ambienti professionali. Inoltre, Adobe ha sviluppato numerosi strumenti e servizi di AI generativa, promuovendoli come mezzi per produrre contenuti rapidamente, un’attrattiva per le aziende ma una minaccia percepita per la sicurezza lavorativa dei creativi.

La recente controversia sui TOS di Adobe è un sintomo di un problema più ampio di fiducia tra l’azienda e i creativi. Per riconquistare la fiducia dei creativi indipendenti, Adobe dovrà trovare un modo efficace per affrontare queste problematiche e dimostrare che è veramente dalla parte dei creativi. Questo richiederà trasparenza e un impegno reale nel proteggere i diritti e la privacy degli utenti.