Sommario
L’apprendimento autonomo della manipolazione dinamica è uno degli obiettivi più ambiziosi per i sistemi robotici. La capacità di afferrare, sollevare e ruotare oggetti in aria, mantenendone il controllo anche in assenza di contatto continuo con le dita, rappresenta una sfida aperta per la robotica moderna. Uno studio pionieristico dimostra che questa abilità può essere appresa efficacemente tramite algoritmi di apprendimento per rinforzo, anche in condizioni prive di informazioni visive e tattili, grazie a un’accurata progettazione del curriculum formativo delle mani robotiche.
Sfruttando la simulazione di una mano robotica a tre dita, il lavoro ha evidenziato come il tipo di curriculum impiegato influenzi in maniera decisiva il percorso di apprendimento e le prestazioni finali. Contrariamente a quanto ipotizzato nella letteratura, l’assenza di sensori tattili non impedisce il successo del processo di apprendimento. Al contrario, il curriculum utilizzato incide in modo più rilevante, confermando che la sequenza e la struttura dell’esperienza di addestramento determinano l’efficacia dell’intero sistema.
Curriculum e apprendimento della manipolazione: una visione epigenetica
Lo studio adotta un’interpretazione ispirata alla biologia dello sviluppo, in particolare al concetto di paesaggio di Waddington, per spiegare l’influenza dei curricula sull’apprendimento. Come una cellula staminale che si differenzia in base agli stimoli ricevuti, il sistema robotico segue traiettorie diverse in base al tipo di rinforzo ricevuto durante le fasi iniziali e finali dell’addestramento.
Cinque curricula distinti sono stati testati, differenziandosi per la sequenza con cui premiavano due comportamenti: sollevamento (lift) e rotazione (rotation). Alcuni iniziavano premiando un solo comportamento, altri entrambi, altri ancora modificavano l’obiettivo a metà percorso. I risultati indicano che iniziare l’addestramento premiando subito entrambi i comportamenti (come nel curriculum C3) produce performance finali superiori, rendendo la manipolazione più stabile e bilanciata. Viceversa, partire premiando un solo comportamento e poi estendere l’obiettivo (come nei curricula C1 e C2) porta a risultati meno performanti, soprattutto nel secondo comportamento introdotto.
Effetto del tatto: un paradigma da rivedere
Un dato sorprendente emerso dallo studio riguarda l’influenza marginale dell’informazione tattile. Il sistema ha raggiunto risultati comparabili sia in presenza di sensori tattili tridimensionali (che forniscono un vettore di forza per ogni dito), sia in loro assenza. L’abilità di manipolare oggetti in aria è stata acquisita anche quando le dita non ricevevano alcuna percezione del contatto, utilizzando solamente informazioni cinematiche e dinamiche interne del sistema robotico (posizione, velocità delle articolazioni e della base palmare).
Questo rovescia l’assunto comune secondo cui la manipolazione fine richieda necessariamente input sensoriali diretti. La mano robotica, infatti, ha sfruttato con successo il feedback implicito derivante dal proprio stato per apprendere come agire sul mondo esterno, un approccio che ricorda il comportamento umano in situazioni dove il tatto è assente o limitato (come quando si indossano guanti spessi o si lavora in condizioni di visibilità ridotta).
Proprietà emergenti di un sistema che apprende
Il comportamento del sistema evidenzia alcune caratteristiche proprie dell’apprendimento continuo e della plasticità. In molti casi, l’introduzione di un nuovo obiettivo nella seconda fase dell’addestramento ha generato risposte adattive rapide, dimostrando capacità di trasferimento e assenza di fenomeni di dimenticanza catastrofica. Il sistema ha mantenuto memoria del primo obiettivo, pur sviluppando nuove competenze, e ha saputo adattarsi anche a modifiche della ricompensa senza compromettere le abilità precedentemente acquisite.
Questa elasticità è particolarmente evidente nel curriculum C4, dove l’obiettivo è passato da sollevamento e rotazione a sola rotazione. Il sistema ha ridotto progressivamente il comportamento non più premiato, mantenendo però una base residua di sollevamento utile al mantenimento dell’oggetto in volo, evidenziando una sofisticata capacità di autoregolazione.
Apprendere senza vedere: una sfida superata
In molte architetture di manipolazione robotica, la visione artificiale rappresenta la principale fonte di informazione ambientale. Tuttavia, in ambienti complessi o non strutturati, la visione può essere inaffidabile, ostacolata da occlusioni, riflessi o condizioni di luce sfavorevoli. Lo studio dimostra che, anche in assenza completa di visione, è possibile addestrare un sistema a gestire compiti di manipolazione dinamica complessi, sfruttando unicamente le informazioni interne sul proprio stato.
La capacità di ottenere feedback indiretti attraverso il cambiamento dello stato del sistema, valutato in termini di ricompensa (altezza raggiunta, numero di rotazioni), consente di apprendere strategie efficaci di manipolazione anche in condizioni sensoriali minime. Questo risultato ha implicazioni cruciali per applicazioni in ambito spaziale, sottomarino o medico, dove le capacità sensoriali sono limitate o distorte.
Il ruolo centrale della progettazione del curriculum
La vera leva che determina il successo dell’apprendimento non risiede nella quantità di informazioni sensoriali disponibili, bensì nella qualità dell’esperienza proposta. I curricula che propongono fin da subito obiettivi complessi (lift + rotation) spingono il sistema a trovare strategie più robuste e versatili, a discapito di una leggera riduzione delle performance in comportamenti individuali. Al contrario, curricula troppo graduali o segmentati rischiano di rallentare la convergenza o di produrre politiche parziali, che faticano ad adattarsi a nuovi obiettivi.
Questo effetto si amplifica quando si considerano oggetti di forma, peso e consistenza diversa. Il sistema ha mostrato un comportamento coerente anche su oggetti non sferici, con superficie morbida o rigida, e con masse differenti. L’approccio curricolare, quindi, non solo favorisce l’apprendimento, ma ne potenzia la capacità di generalizzazione e trasferimento.
Prospettive future per la manipolazione dinamica nella robotica autonoma
I risultati ottenuti nell’ambito della simulazione evidenziano una solida base per l’estensione futura della manipolazione dinamica a scenari reali, inclusi contesti in cui le capacità sensoriali siano assenti o limitate. La capacità di gestire un oggetto sospeso senza affidarsi a visione artificiale o sensori tattili ribadisce l’efficacia del controllo motorio basato esclusivamente sulla cinematica del sistema e sull’apprendimento rinforzato.
Un aspetto cruciale emerso riguarda la generalizzazione delle capacità acquisite: il sistema risponde positivamente alla variazione di peso, forma, consistenza e dimensione degli oggetti. Ciò è reso possibile dalla natura adattiva del modello, addestrato con una struttura curricolare che consente di guidare l’apprendimento attraverso obiettivi progressivi, simulando un processo di sviluppo motorio simile a quello osservato nei sistemi biologici.
Che cos’è il proximal policy optimization e perché viene scelto nella robotica
Il proximal policy optimization, o PPO, rappresenta oggi una delle strategie più consolidate nell’ambito dell’apprendimento per rinforzo grazie alla sua stabilità numerica e alla capacità di bilanciare esplorazione e sfruttamento. La sua struttura actor-critic permette al sistema di apprendere in modo efficiente da interazioni continue con l’ambiente, rendendolo adatto a compiti complessi come la manipolazione dinamica.
PPO si distingue per l’adozione di una regione di fiducia che limita gli aggiornamenti della politica, mantenendo coerenza e prevenendo divergenze. Questo si traduce in politiche più stabili e facilmente trasferibili anche a scenari reali. È inoltre una tecnica meno sensibile all’impostazione dei parametri iniziali rispetto ad altri algoritmi come DDPG o TRPO.
Nel caso specifico della manipolazione robotica, il PPO è stato ulteriormente potenziato attraverso l’introduzione di un learning rate adattivo, sincronizzato con il cambiamento di obiettivi durante le fasi del curriculum. Questo approccio modulare ha accelerato la convergenza dell’addestramento, riducendo drasticamente il numero di episodi necessari per raggiungere prestazioni elevate.
Questa architettura e strategia di apprendimento rendono PPO particolarmente adatto a essere utilizzato in ambienti simulati come MuJoCo, ma pongono anche le basi per un’applicazione efficace in ambienti fisici, soprattutto in quei contesti dove sensori tattili o visione possono essere compromessi o assenti.